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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Commemorazione di tutti i fedeli defunti
Certosa, 2 novembre 2007


1. "Ecco la dimora di Dio con gli uomini!… e tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte".

Miei cari amici, quale contrasto fra ciò che abbiamo ascoltato nella seconda lettura ed il luogo in cui ci troviamo! La S. Scrittura descrive una città, cioè una società umana, edificata da Dio stesso ["scendere dal cielo"] dalla quale viene bandito lutto, lamento, e pianto: in una parola, la morte. Ma noi in questo momento ci troviamo "nella città dei morti", e molti di noi sono feriti dal lutto ed ancora nel lamento e nel pianto.

Come mai, perché la Chiesa fa risuonare quella Parola fra queste tombe? Forse per donarci un momento di evasione? di distrazione spirituale dal pensiero che comunque questo spettacolo che abbiamo sotto gli occhi, è il capolinea definitivo di ciascuno di noi? No davvero, miei cari amici.

È un messaggio di speranza che la Chiesa oggi vuole donarci. E la speranza cristiana non è evasione neppure momentanea dal duro mestiere di vivere.

La speranza cristiana è fondata sulle promesse di Dio; anzi sulla grande promessa che Dio ha fatto in Cristo, risorgendo dai morti. Ciò che Dio ha fatto in Cristo, ha promesso che lo farà in ogni persona che crede in Lui: farà vivere ciascuno di noi della sua stessa vita divina. È una vita eterna; è una vita di comunione nell’amore. Appunto, una città nuova. In essa Dio stesso dimorerà, e "sarà Dio-con-loro".

Questa è la promessa di Dio. Essa è stabile per sempre. Proviene dalla Verità, dall’Amore, dall’Onnipotenza divina. Essa si compirà. Il nostro destino definitivo quindi non è quello che ci appare in questo luogo. È quello indicatoci dalla seconda lettura.

2. "Chi sarà vittorioso erediterà questi beni: io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio".

Perché tuttavia il destino finale nostro sia quella città che è descritta nella prima lettura, è necessario "essere vittoriosi". Che cosa significa essere "vincenti"?

Il mondo in cui viviamo ci risponde subito. È vincente chi nella vita ha successo anche calpestando diritti di altri. È vittorioso chi alla fine è più forte e può anche schiacciare impunemente gli altri. Ma questo modo di vincere nella vita porta con sicurezza alla morte eterna.

È vittorioso invece colui che preferisce piuttosto subire l’ingiustizia che commetterla. È colui che preferisce piuttosto essere crocifisso che mettere in croce gli altri. È colui che per testimoniare fedelmente la sua fede, è disposto ad essere anche emarginato, deriso. Il vittorioso non è colui che guadagna il mondo, la sua gloria, ma colui che è disposto a perdere anche tutto questo per testimoniare la sua fede.

Questi riceverà in eredità Dio stesso: Dio sarà il suo Dio ed egli sarà amato come figlio. Certamente il modo comune di pensare circa questi vincitori non è questo. "Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina; ma essi sono in pace".

Miei cari amici, questo luogo è una grande scuola. Qui noi impariamo la verità ultima su noi stessi. O meglio: impariamo quale è la sfida suprema lanciata alla nostra libertà. Possiamo fare della morte la nostra dimora definitiva, la morte eterna; possiamo decidere di avviarci a quella città nella quale "non ci sarà più morte".

"A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita". L’acqua della vita è il dono che Gesù vuole fare a chi crede in Lui, poiché chi crede in Lui ha la vita eterna.