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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solennità del Natale del Signore
Santa Messa del giorno
Cattedrale di S. Pietro, 25 dicembre 2013


Cari fratelli e sorelle, il diacono ha or ora proclamato la meditazione più profonda e commovente sul mistero del Natale. Cerchiamo col cuore e l’intelletto di godere di qualche raggio di questa pagina sublime.

 

1. "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare fra noi". Cari amici, provate ad accostare nella vostra mente queste due parole,: Verbo-carne. La prima denota la persona "che era in principio presso Dio" ed "era Dio": Colui per mezzo del quale tutto è stato fatto. La seconda - "carne" - denota la nostra natura e condizione umana: una condizione di fragilità, di destinazione alla morte. Ecco il fatto che oggi la Chiesa celebra: "il Verbo si fece Carne". La persona divina del Vervo viene concepita da una donna nella nostra natura e condizione umana. Perché questo abbassamento? perché ha voluto umiliarsi fino al punto da divenire come uno di noi? Perché ha voluto venire ad abitare in mezzo a noi? La Chiesa, cari fratelli e sorelle, non ha mai cessato, credendo e adorando questo mistero, di porsi questa domanda.

Ascoltate la risposta del grande vescovo Ambrogio: "io non avevo ciò che era suo ed Egli non aveva ciò che era mio. Egli ha assunto ciò che è mio per farmi partecipe di ciò che è suo" [Il mistero dell’Incarnazione 4.23; BA 16, pag. 389].

E’ dunque avvenuto oggi uno "scambio mirabile". L’uomo ha dato al Verbo-Dio ciò che possedeva di proprio: la sua carne, le sue debolezze, la sua morte. E il Verbo-Dio ha dato all’uomo ciò che possedeva di proprio: la sua luce di verità, la sua felicità, la sua vita immortale. Che cosa mosse Dio a fare questo scambio con l’uomo? Un altro grande Padre della Chiesa ha risposto a questa domanda nel modo seguente: "per il suo sovrabbondante amore si è fatto ciò che siamo noi, per fare di noi ciò che è lui stesso" [Ireneo, Contro le eresie V, prefazione].

Questo è il mistero che oggi professiamo nella fede, adoriamo nell’umiltà, celebriamo nella gioia.

 

2. Vorrei ora, cari fratelli e sorelle, aiutarvi a percepire come il Mistero del Verbo-carne abbia cambiato, e debba cambiare la considerazione, la coscienza, l’esperienza che ciascuno ha di se stesso e della sua condizione umana.

- Adorando e celebrando questo Mistero, l’uomo – ciascuno di noi – non si sente più solo e come abbandonato alle forze impersonali della buona o cattiva fortuna, o di un destino senza volto. L’uomo – ciascuno di noi – si sente, si deve sentire amato fino al punto che Dio stesso ha voluto farci compagnia nel cammino della nostra vita: ha voluto percorrerlo con noi. "Non temete" – Egli dice a ciascuno di noi – "io sono con te".

Possiamo allora dire che oggi Dio al contempo ha mostrato il suo "sovrabbondante amore" e l’uomo ha preso coscienza della sua dignità di persona. E’ oggi che è nata la consapevolezza che l’uomo non è semplicemente una parte della natura, un piccolo frammento di un universo le cui forze possono schiacciarlo ogni momento.

- Adorando e celebrando questo mistero, l’uomo – ciascuno di noi – è guarito dalla più terribile delle sue malattie spirituali: la tristezza del cuore. In che cosa consiste questa malattia? Nel ritenere che il desiderio naturale che abbiamo di una felicità intera non parziale, duratura non passeggera, sia un desiderio vacuo. Da ciò consapevolmente o inconsapevolmente concludiamo che siamo "fatti male": la natura ci ha messo nel cuore un desiderio la cui realizzazione è impossibile. Questa è la tristezza del cuore, che spegne la speranza ed in certi momenti ci fa tediare ed annoiare perfino della vita. Un grande diagnostico della nostra condizione ha scritto: "Verrà il tempo in cui l’uomo non scaglierà più il dardo del suo desiderio al di là dell’uomo, e la corda del suo arco avrà disimparato a vibrare" [F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Proemio, 5; Bompiani ed, Milano 2010, pag. 235].

Oggi abbiamo la più grande ragione per sperare: il Verbo-Dio è venuto per introdurci nella sua stessa beatitudine. "A quanto lo accolgono ha dato il potere di diventare figli di Dio". Lasciamo che l’amore che Dio ha per noi vinca lo scoraggiamento che può occuparci in questi giorni difficili.

S. Agostino scrive: "per risollevare la nostra speranza…che c’era di più necessario che mostrarci quanto Dio ci apprezzi e quanto ci ami?". [La Trinità, XIII, cap. 10; NBA IV, pag. 529].

 

Ecco, cari fratelli e sorelle, usciamo allora da questa celebrazione più saldi nella nostra fede: "il Vervo si è fatto carne ed è venuto ad abitare fra noi". Più forti nella nostra speranza: nulla è più forte dell’amore che Dio oggi ci ha mostrato.