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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Santo Natale 2007
Cattedrale di San Pietro, Messa di Mezzanotte


1. "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in una terra tenebrosa una luce rifulse".

Nella parola di Dio appena proclamata è ricorrente il tema della luce, dalla parola profetica or ora ricordata alla pagina evangelica ove si narra che "la gloria del Signore … avvolse di luce" i pastori.

Presso tutti i popoli la luce è il simbolo di grandi avvenimenti umani, che riguardano sia il singolo e sia la società. Per notificare la nascita di una persona, per esempio, diciamo che "è venuta alla luce"; chiamiamo il più importante momento della storia moderna "illuminismo". La nascita del Figlio di Dio nella nostra natura e condizione umana – annuncia la Chiesa questa notte – è la vera luce che illumina l’uomo. Anzi: la vera luce che illumina ogni uomo è il Figlio di Dio fattosi carne umana.

L’uomo, ciascuno di noi in realtà non si accontenta di vivere, ma desidera vivere una vita sensata. Nessuno di noi vuole ridurre la propria vita ad un vano vagabondaggio, proprio di chi non sa da dove viene e verso quale meta finale è diretto. Quando un uomo diventa cieco non è più in grado di camminare: brancola nel buio. Quando un uomo non conosce la verità circa se stesso, è imprigionato dentro al non-senso.

Ma qualcuno potrebbe pensare: "questa non è la condizione dell’uomo di oggi. La scienza ha svelato i più intimi segreti della costituzione della persona umana. La luce dell’uomo è la scienza". Non c’è dubbio. I benefici che l’uomo ha ricevuto dall’impresa scientifica sono numerosi e grandi. Ma la scienza non è in grado, non sarà mai in grado di rispondere alla domanda sul senso della vita. La scienza è in grado oggi di prolungare la durata della vita, ma non di dirci se e per quale ragione vale la pena vivere più a lungo. Ha il potere di farla durare più a lungo, non di renderla più vera. Ed alla fine, come ha scritto il poeta, "la vita debb’esser viva, cioè vera vita; o la morte la supera incomparabilmente di pregio" [G. Leopardi, Operette morali, La Biblioteca di Repubblica, Roma 2005, 441].

Miei cari fratelli e sorelle, se la Chiesa questa notte notifica all’uomo che "su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse", notifica che è donata all’uomo non la possibilità di vivere, ma di vivere una vera vita, una buona vita.

2. "Carissimo, è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini". Con queste parole l’apostolo Paolo ci dice quale luce in questa notte ha avvolto l’uomo; perché il Figlio di Dio fattosi uomo è luce che illumina ogni uomo.

Egli è l’apparizione della grazia di Dio. In Lui "la grazia di Dio" diviene luminosamente visibile, palpabile, incontrabile. "Grazia di Dio" significa la buona disposizione del cuore di Dio verso l’uomo; che Egli ha cura, si interessa del destino dell’uomo. Ebbene, queste intime disposizioni divine in questa notte ci danno a conoscere in Gesù, il bambino – Dio neonato a Betlemme. La moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio, diceva: "pace in terra agli uomini che Egli [Dio] ama".

In Gesù, Dio fattosi uomo, ciò che Dio "prova" nei confronti dell’uomo diventa chiaro, e diventa un fatto che accade realmente in mezzo a noi. Attraverso la presenza di Gesù, Dio è entrato nella storia umana, anche qui ed ora, come colui che ama l’uomo ed intende fargli vivere una vera vita. La "grazia apparsa apportatrice di salvezza" è Gesù stesso.

3. Che cosa cambia nella nostra vita di ogni giorno in conseguenza di questo evento? Riascoltiamo l’apostolo: "… ci insegna a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza". Che cosa cambia? La vita cessa di essere priva di una speranza ultima – le speranze penultime l’uomo è in grado di assicurarsele normalmente da solo – perché diventa attesa non di una inevitabile morte eterna, ma di una vita eterna donata dalla grazia di Dio apparsa questa notte. Ad iniziare da questa notte, l’uomo può cessare di vivere in questo mondo senza speranza, perché se vuole, può vivere in compagnia con Dio stesso [cfr. Ef 2,12]. E vivendola in tale compagnia, la vita può essere vissuta "con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo".

Che il desiderio di una vita piena di senso anche nelle tribolazioni che l’accompagnano, non sia un desiderio vacuo, noi abbiamo il diritto di pensarlo e sperarlo a causa di ciò che è accaduto questa notte: "è apparsa la grazia di Dio". Come è dimostrato dalla vita quotidiana di tanti credenti umili e nascosti, quando ogni giorno si impegnano a vivere "con sobrietà, giustizia e pietà": in famiglia, nel posto di lavoro, a scuola, nei diversi ambiti della società.

Le speranze penultime o comunque tagliate solo sulla misura delle forze umane hanno ricevuto una tragica smentita dal campo di concentramento nazista e dal gulag sovietico: sono state rese mute. Proviamo ad andare a Betlemme coi pastori: anche noi saremmo avvolti dalla certezza che Dio ci ama.