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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Terza Domenica di Avvento (Anno C)
Crespellano, 16 dicembre 2012


1. Cari fratelli e sorelle, quando la liturgia era celebrata in lingua latina, questa terza domenica di Avvento era chiamata domenica "gaudete", cioè domenica "gioite". Ed infatti, la prima lettura inizia colle seguenti parole: "gioisci, figlia di Sion; esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore". E l’apostolo Paolo, nella seconda lettura, ci ha esortato: "fratelli, rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi".

Questi rinnovati inviti possono lasciarci quanto meno perplessi. Sono molte più le ragioni, oggi, per non gioire che per rallegrarci. Oppure siamo tentati di pensare che questi inviti valgano per qualche momento di evasione dalle nostre brutte faccende feriali, ma che non possono costituire un invito permanentemente valido per le nostre preoccupate giornate. Ma, cari amici, è il Signore stesso che ci fa questo invito. Dunque, non possiamo trascurarlo.

La tristezza – il contrario della gioia - nasce dalla paura di un male imminente che non possiamo evitare. La gioia nasce dalla certezza di un bene presente che corrisponde ai nostri desideri. Ed allora dobbiamo chiederci: di quale bene il Signore ci assicura la presenza ed il possesso per invitarci, attraverso il suo profeta ed il suo apostolo, a rimanere nella gioia?

Riascoltiamo il profeta. "Re d’Israele è il Signore in mezzo a te… Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente". La ragione della nostra gioia è la presenza del Signore in mezzo a noi, Lui che è "un salvatore potente". Ed infatti l’apostolo è preciso. Egli non ci dice semplicemente: "rallegratevi, sempre". Ma "rallegratevi nel Signore". Esiste una sola ragione vera di essere nella gioia: la certezza che il Signore è in mezzo a noi. Altrimenti, l’invito sarebbe…una solenne presa in giro.

È questo un punto fondamentale, sul quale desidero trattenermi un poco.

C’è un testo della Sacra Scrittura che può aiutarci molto a comprendere quanto la parola di Dio oggi ci sta dicendo. È un testo che troviamo nella Lettera agli Ebrei.

L’autore rivolgendosi a cristiani che a causa della loro fede erano stati espropriati dei loro beni materiali, dice loro: "avete accettato con gioia di essere spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi" [10,34].

Avete notato? Ricorre il tema della gioia, ma di una gioia sperimentata in una condizione di gravi tribolazioni. Come è possibile? Perché quei nostri fratelli di fede erano consapevoli di possedere un bene, anzi dei beni che sono così duraturi da donare a che li possiede la gioia anche nelle più dure tribolazioni. È istituito come un confronto fra due classi di beni: vi sono beni che possono essere perduti; vi sono beni migliori e duraturi. La ragione per cui il cristiano può perfino trovarsi privato dei primi e nonostante ciò continuare ad essere nella gioia, è perché egli gioisce per il possesso di beni imperituri.

Quali sono questi beni? La presenza di Gesù fra di noi, cioè di Dio stesso che ha voluto condividere la nostra natura e condizione umana. Non siamo più consegnati ad un destino imperscrutabile e invincibile, ai colpi di una fortuna mutevole, ai vari poteri finanziari e non. Ma Dio stesso è venuto a vivere fra noi per essere il nostro salvatore: "non lasciarti cadere le braccia: il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente". È la consapevolezza di questo fatto, e solo questa, che genera nel nostro cuore una gioia che si mantiene anche in ogni tribolazione, e che trasforma dal di dentro la nostra vita.

2. Chi/che cosa ci dona questa consapevolezza? Chi/che cosa ci dona la certezza che la nostra terra non è un deserto privo - per usare le parole del salmo responsoriale - di quelle sorgenti della salvezza da cui attingere acqua con gioia?

È la fede, cari fratelli e sorelle, che ci dona l’esperienza della presenza di Cristo fra noi; e frutto di questa… esperienza è la possibilità reale di "godere nel Signore".

"La fede conferisce alla vita una nuova base, un nuovo fondamento sul quale l’uomo può poggiare e con ciò il fondamento abituale, l’affidabilità del reddito materiale, appunto, si relativizza" [Benedetto XVI, Enc. Spe salvi 8]. Il significato di esso e la sua importanza non sono negati, ma la parola di Dio oggi ci dice: la base incrollabile della tua vita è la fede nella presenza fra noi del Signore; solo questo fatto ci dona la capacità ed il diritto di una gioia vera.

Stiamo celebrando l’Anno della fede. Non lasciamo passare invano questa grande occasione di grazia. Nutrite la vostra fede; difendetela da ciò che oggi la insidia; trasmettetela ai più piccoli. Chi crede non è mai solo.