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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solenne Concelebrazione in suffragio del Santo Padre Giovanni Paolo II
San Petronio, 4 aprile 2005

 


ALL’INIZIO

Carissimi fratelli e sorelle, onorevoli Autorità di ogni ordine e grado: grande è il momento che ci accingiamo a vivere. Nella fede celebreremo i santi Misteri in suffragio del Santo Padre Giovanni Paolo II, di Colui che è stato per lunghi anni il Pastore della Chiesa, affinché, riscattato dalla morte, sia accolto nella pace di Dio e il suo corpo risusciti nell’ultimo giorno con tutti i Santi.

Nella morte la vita non è tolta ma trasformata ed il nostro non è il Dio dei morti ma dei viventi.

Consapevoli di queste certezze di fede, per essere meno indegni di celebrare i divini Miseri, riconosciamo i nostri peccati.

 

OMELIA NELLA MESSA ESEQUIALE PER GIOVANNI PAOLO II

1. "Esorto gli anziani che sono tra voi .. testimone delle sofferenze di Cristo". Carissimi fratelli e sorelle, l’apostolo Pietro legittima il suo dovere di esortare i responsabili delle comunità cristiane col fatto che egli è stato testimone delle sofferenze di Cristo: ha visto la passione di Cristo per la redenzione dell’uomo. È a causa di questo che egli sente l’urgenza di "pascere il gregge di Dio"; di prendersi cura dell’uomo, la cui liberazione è costata non un prezzo di cose corruttibili, ma il sangue prezioso di Cristo [cfr. 1Pt 1,18-19].

Carissimi fratelli e sorelle, onorevoli Autorità tutte, stiamo celebrando i divini misteri a suffragio del S. Padre Giovanni Paolo II. La parola di Pietro ci introduce nel mistero e nel ministero del suo successore di cui la Chiesa piange la morte. Egli è stato il testimone delle sofferenze di Cristo per l’uomo, ed in questo soffrire ha visto la preziosità di ogni persona umana; ha compreso quanta cura bisogna prendersi dell’uomo, perché non sia resa vana la Croce di Cristo. La Croce di Cristo è vanificata, il suo immane soffrire è reso inutile ogni volta che la dignità dell’uomo è deturpata e degradata. È stato questo il carisma proprio ed irripetibile di Giovanni Paolo II e del suo pontificato: il carisma di un papa affascinato di Cristo in ragione dell’uomo ed affascinato dell’uomo in ragione di Cristo.

Testimone delle sofferenze di Cristo – pascete il gregge di Dio: ha detto Pietro. Il suo successore lo ripete nella sua Enciclica programmatica colle seguenti parole: "La Chiesa non può abbandonare l’uomo, la cui "sorte", cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza e la perdizione, sono in modo così stretto e indissolubile unite a Cristo. E si tratta proprio di ogni uomo su questo pianeta… Ogni uomo, in tutta la sua irripetibile realtà dell’essere e dell’agire, dell’intelletto e della volontà, della coscienza e del cuore" [Redemptor hominis, 14,1; EE 8/43].

Giovanni Paolo II aveva subito commosso il mondo intero quando nella stessa Enciclica programmatica aveva scritto: "L’uomo, nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme comunitario e sociale … quest’uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa" [ibid.]. La Chiesa cioè non può servire nessun altro se non colui per il quale Dio si è fatto uomo, è morto sulla Croce ed è risuscitato, si dona in cibo nell’Eucarestia.

E Giovanni Paolo II percorse anche fisicamente tutte le strade dell’uomo, consapevole come era che non esistevano "estranei" coi quali eventualmente negoziare trattati di coesistenza colla Chiesa. Ogni uomo è vicino, perché la sorte di ogni uomo è legata in modo indissolubile alla morte ed alla risurrezione di Cristo. Nel suo ministero ha privato di senso la distinzione che spesso diveniva divisione, fra "vicino" e "lontano".

"Pascete il gregge di Dio, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio". Giovanni Paolo II ha sorvegliato sull’uomo secondo Dio: fu l’insonne sorvegliante della sorte dell’uomo e della sua dignità guardato "dall’alto della Croce" e "dal basso dell’esperienza" che l’uomo fa di se stesso [cfr. il discorso tenuto a Czestochowa il 15 agosto 1991].

Che cosa ha notato la vigile sentinella? A che cosa ha gridato l’insonne sorvegliante dell’uomo? Da che cosa è insidiata la sorte dell’uomo? La risposta la troviamo nelle grandi Encicliche sull’uomo: Centesimus Annus [1991], Veritatis splendor [1993], Evagelium Vitae [1995], Fides et ratio [1998].

Potremmo rispondere nel modo seguente: la sorte dell’uomo in Occidente è insidiata dall’avere sradicato la libertà dalla verità, poiché la liberazione della libertà dalla verità sull’uomo comporta la distruzione dell’uomo. E quindi l’insonne sorvegliante della dignità dell’uomo non ha ritenuto che questa fosse degradata solo nel totalitarismo comunista, ma anche nella supposta connessione fra democrazia e relativismo etico. È possibile parlare sensatamente di "diritti umani" se non sappiamo chi è l’uomo? Come immunizzarci dalle prevaricazioni contro l’uomo se la definizione stessa di uomo è in questione?

Esiste un perfetta corrispondenza fra le tre grandi encicliche trinitarie e le quattro grandi encicliche antropologiche e contengono l’appello del "sorvegliante": non vanificare la Croce di Cristo, ma colla tua libertà realizza la verità del tuo essere umano, risplendente nel Cristo. È non per caso che il pontificato si chiuse coll’Enciclica sull’Eucarestia.

2. "Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro? Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene".

Carissimi fratelli e sorelle, onorevoli Autorità, nell’omelia per il 25.mo del suo pontificato, Giovanni Paolo II ci rivelò il segreto più intimo del suo ministero dicendo: "Ogni giorno si svolge all’interno del mio cuore lo stesso dialogo tra Gesù e Pietro. Nello spirito, fisso lo sguardo benevolo di Cristo Risorto. Egli, pur consapevole della mia umana fragilità, mi incoraggia a rispondere con fiducia come Pietro: Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo. E poi mi invita ad assumere le responsabilità che Lui stesso mi ha affidato". Atto d’amore, atto di donazione di sé fino alla fine, depositato ora nel cuore della Chiesa ed affidato ad ogni uomo pensoso della sorte dell’uomo: che non ci avvenga di dilapidare questo dono.

 

ALLA FINE, PRIMA DELLA BENEDIZIONE

Carissimi giovani, non posso terminare senza rivolgermi a voi in modo particolare: voi siete stati cura privilegiata del suo ministero pastorale, per voi sono state le ultime parole di Giovanni Paolo II.

All’inizio del nuovo millennio siete andati a migliaia da lui a Roma per essere da lui guidati. Ma al vostro incontro si contrapposero ben presto tre altri scenari: l’attentato di New York; l’attentato di Madrid; ed – il fondo della barbarie! – ciò che è stato fatto ai bambini dell’Ossezia.

È a voi che ora è affidato il futuro della sorte dell’uomo: su quali fondamenta costruire la sua dimora? Lo so quale è la risposta che date nel vostro cuore. Non traditela mai; non tradite mai la fiducia che in voi Giovanni Paolo II ha riposto. Voi siete la nostra speranza, la speranza della "venerabile città di Bologna", come la chiamò il S. Padre. La verità vi farà liberi, capaci di costruire la civiltà dell’amore.