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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Triduo Pasquale 2002
VENERDI’ SANTO IN "PASSIONE DOMINI"
Cattedrale Ferrara: 29 marzo 2002

1. "Maltrattato si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca". La narrazione della passione del Signore fattaci da Giovanni sottolinea in modo singolare la libertà con cui Egli va incontro alla morte. Questa non è il risultato casuale di inspiegabili coincidenze contingenti, né semplicemente il risultato di decisioni prese da altri: Gesù il Cristo ha voluto liberamente essere consegnato alla morte. "Appena disse: sono io, indietreggiarono e caddero a terra". Egli decise e solamente dalla sua libertà dipende quando gli uomini possono mettere su di lui le mani. "Gli disse allora Pilato: "non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?" Rispose Gesù: "tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto"". Egli decide e solamente dalla sua libertà dipende quando l’uomo può condannarlo a morte.

Di fronte al mistero di questa scelta fatta da Gesù di donare Se stesso nella morte, viene da chiedersi, e la Chiesa non ha mai cessato di chiederselo durante questi duemila anni: perché questa decisione di "consegnare se stesso alla morte"? Carissimi fratelli e sorelle, anche noi questa sera vogliamo ancora una volta farci questa domanda, cercando umilmente la risposta nella Parola di Dio.

La prima risposta ci sconvolge e ci commuove fino alle radici del nostro essere. Se avete fatto attenzione, la seconda lettura qualifica la sofferenza e la morte di Cristo come obbedienza. E S. Paolo scrive che Egli "apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce" [Fil. 2,7-8]. Obbediente al Padre. La morte di Gesù, il Verbo incarnato, è stata una decisione presa dalla stessa Trinità Santa: dal Padre, da cui ha origine ogni realtà ed ogni dono perfetto; dal Figlio, che acconsentì ad essere inviato nella nostra natura mortale per subite la morte; dallo Spirito Santo, che mosse la libertà umana del Cristo ad offrire Se stesso sulla croce [cfr. Eb 9,14]. Allora la salvezza dell’uomo, la salvezza di ciascuno di noi ha le sue più profonde radici in questa decisione eterna del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; la morte di Cristo rivela il supremo interesse delle Tre persone divine per l’uomo.

Davanti alla Croce di Cristo nessuno di noi può sentirsi abbandonato, consegnato ad un destino o ad una casualità inspiegabili: ciascuno di noi entra nell’esistenza e vi resta sostenuto e fondato da questo amore che le Tre persone divine hanno per ciascuno di noi. Che la nostra vita abbia un senso indistruttibile è una certezza che trova nella Croce il suo incrollabile fondamento. "Se Dio è per noi" esclama S. Paolo "chi sarà contro di noi? Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui?" [Rom 8,32].

Ma il nostro umile domandare non si acquieta. Di fronte alla Croce, esso ancora domanda: fra i tanti modi che la Trinità Santa aveva a disposizione per rivelarci il suo amore, perché ha scelto questa modalità, la più dolorosa ed umiliante, la morte sulla croce del Figlio unigenito? Ancora una volta, la Parola di Dio ci mostra in che direzione dobbiamo cercare la risposta. "Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso privato in ogni cosa come noi escluso il peccato". L’uomo di cui la Trinità Santa si prende cura non si trova più nel suo stato originario di giustizia: è decaduto dalla sua originaria santità e dignità. Non è con un atto di onnipotenza che viene tolto da questo stato, dall’esterno. Ma è con un atto di completa condivisione della condizione umana, condivisione la cui intera misura si estende dalla Incarnazione fino alla morte sulla Croce, che Dio salva l’uomo. Non con un atto di onnipotenza che resti estrinseco all’uomo stesso, ma condividendo intimamente tutta la sua condizione. Diciamo la parola: con un atto di amore che assume il volto della misericordia.

E’ con un atto di libertà umana che la divina persona del Verbo salva l’uomo. "La redenzione del mondo … è, nella sua più profonda radice, la pienezza della giustizia in un cuore umano: nel cuore del figlio primogenito, perché essa possa diventare giustizia dei cuori di molti uomini". [Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptor hominis 9,1; EE8/26]. La modalità scelta dalla Trinità per salvare l’uomo, dimostra quindi quale stima Essa ha dell’uomo, quale rispetto per la sua persona. E’ questa la dimensione umana del mistero della Croce; in essa l’uomo quindi ritrova e riscopre la grandezza, la dignità ed il valore proprio della sua umanità. Pertanto l’uomo che vuole comprendere se stesso fino in fondo deve avvicinarsi al mistero della Croce; deve appropriarsi del mistero della Croce, se vuole ritrovare se stesso.

2. Carissimi fedeli, ieri sera abbiamo celebrato l’istituzione dell’Eucarestia. L’Eucarestia non è "altra cosa" della Croce: è precisamente il sacramento del sacrificio di Cristo sulla Croce.

Ciò che la Parola di Dio ci ha svelato circa il mistero della Croce, lo sperimentiamo nella realtà ogni volta che celebriamo l’Eucarestia.