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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


TRIDUO PASQUALE: VENERDI’ SANTO
Cattedrale 13 aprile 2001

1. "Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, eccetto il peccato". La Chiesa oggi ci invita a contemplare la prova suprema a cui il Verbo ha voluto sottoporsi nella sua umanità, la sua passione e la sua morte. E la ragione per cui ha voluto passare attraverso questa prova è stata per divenire capace di "compatire le nostre infermità", avendone fatto Egli stesso esperienza diretta. Carissimi fratelli e sorelle, in queste parole ispirate è racchiuso l’insondabile mistero della passione e morte di Cristo. Con timore e tremore, tentiamo di averne una qualche intelligenza alla luce della parola di Dio appena letta.

La morte dell’uomo nella visione cristiana non è spiegabile solo come una necessità biologicamente inevitabile: la disintegrazione inevitabile dell’organismo vivente. Essa non è stata voluta da Dio: è stata voluta dall’uomo. E’ l’uomo che ha introdotto la morte dell’uomo, col suo peccato. Esiste un rapporto intrinseco fra la morte e il peccato. Non nel senso che la morte è una sanzione penale inflitta arbitrariamente ad un colpevole; essa è lo sbocco inevitabile del peccato. Essa è una situazione generata dalla decisione peccaminosa dell’uomo; è la spietata messa a nudo di un’esistenza resa mortale dal peccato; è il frutto, insegna S. Paolo, di un seme piantato nel terreno del nostro essere dalle nostre decisioni ingiuste. Questo nesso profondo fra morte e peccato è la porta d’ingresso dentro al mistero della morte di Cristo.

Abbiamo sentito nella prima lettura. "Egli è stato trafitto per i nostri delitti schiacciato per le nostre iniquità… il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti". La morte di Cristo non è una fra le tante morti umane ingiustamente subita da un innocente. Essa è la morte a causa del peccato: del peccato di ogni uomo e di tutti i peccati di ogni uomo: "fece ricadere su di Lui l’iniquità di noi tutti". Ciascuno di noi di fronte alla morte di Cristo non può rimanere indifferente: di quella morte è in senso vero e proprio responsabile.

Ma il rapporto morte-peccato non esaurisce tutto il mistero che oggi veneriamo. Dice la parola di Dio "Cristo nei giorni della sua vita terrena … e fu esaudito per la sua pietà". E la pagina profetica: "vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore". E la narrazione della passione e morte del Signore fatta da Giovanni e che abbiamo appena ascoltato, presenta questo mistero come una glorificazione di Dio e del Cristo.

La morte è stata vissuta da Gesù in un modo unico: come un atto di obbedienza al Padre e come atto di amore verso l’uomo. Egli ha vissuto il suo morire nella decisione libera di farne un dono di sé all’uomo, nell’obbedienza al Padre. La morte è divenuta in Lui la suprema manifestazione dell’amore che si dona. Di conseguenza ogni morte è stata radicalmente cambiata, perché è stata redenta: ha cessato di essere lo sbocco di una vita falsa ed ingiusta, perché viene trasformata in un atto di donazione di Sé. Come ci ha appena detto la parola di Dio, questo avvenimento è stato l’incontro di due libertà. E’ la libertà del Figlio che non esige, ma prega di essere liberato dalla morte con forti lacrime e grida; è la libertà del Padre che lo esaudisce a causa della riverenza di Gesù. E’ stato un atto di libertà umana, quella di Adamo, che ha introdotto la morte dell’uomo; è stato un atto di libertà umana, quella del Verbo incarnato, che l’ha distrutta.

2. "Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua". E’ questa la rivelazione che la morte di Gesù ha distrutto la nostra morte: da Lui crocefisso sgorgano i sacramenti della vita, il Battesimo e l’Eucarestia. Attraverso il Battesimo noi siamo stati rigenerati; nell’Eucarestia riceviamo il cibo che ci procura la vita eterna.

E vivremo subito ora l’esperienza del fatto che per la forza della morte di Cristo possiamo accostarci "con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno". Noi tutti pregheremo il Padre per la Chiesa e per il mondo intero.

Carissimi fratelli e sorelle, di fronte alla Croce di Cristo noi scopriamo oggi che la nostra destinazione finale non è la morte eterna: "noi ti adoriamo, o Cristo, perché colla tua santa morte hai redento il mondo".