B. ZEFIRINO AGOSTINI
Cattedrale, 8 novembre 1998
1. “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa
molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla”. La parola
del Signore ci rivela la profondità del legame che unisce Cristo
ai suoi discepoli. Attraverso l’allegoria della vite e dei tralci siamo
condotti dentro al mistero della nostra «dimora» in Cristo
e della «dimora» di Cristo in noi. Una reciproca dimora in
forza della quale è la vita stessa di Cristo che rifluisce nella
persona del credente. Non è più solamente una questione
di «dipendenza» dell’inferiore nei confronti del superiore,
del servo nei confronti del padrone. E’ un’esperienza di amicizia nella
quale vige la logica della reciprocità: “rimanete in me ed io in
voi”.
Questa relazione reciproca si manifesta nel «fare frutti»;
il discepolo esprime la sua inserzione in Cristo nella fecondità
delle sue opere: “chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto”. Quale
frutto? Quel frutto che la vite-Gesù porta: l’amore, il dono di
Se stesso, rivelazione dell’amore del Padre verso l’uomo. Essere uniti
al Cristo come il tralcio alla vite significa essere inseriti nel suo amore:
dimorare nel suo amore. E’ l’amore che trova la sua sorgente nella comunione
del Padre e del Figlio. I frutti che glorificano il Padre, i comandamenti
che il discepolo deve osservare per rimanere in Cristo sono l’amore fraterno.
Il frutto che Dio vuole è l’amore : null’altro. “Al di sopra di
tutto poi” ci insegna S.Paolo “vi sia la carità, che è il
vincolo della perfezione”.
2. La pagina del Vangelo ci viene oggi spiegata, mostrata nella vita
del b. Zefirino: i frutti del suo rimanere in Cristo sono stati le opere
dell’amore nell’esercizio pastorale come parroco e nel suo carisma di fondatore.
Nell’esercizio pastorale. Parroco di una parrocchia vasta per territorio
e per numero di fedeli, egli espresse la sua unione a Cristo, alimentata
in un’intensa esperienza di preghiera, nella cura della catechesi, nell’assistenza
agli ammalati, nella attenzione concretissima ai poveri.
Nel carisma di fondatore. E’ singolare come il b. Zefirino sia davvero
«rimasto in Cristo» nel produrre questo frutto preziosissimo
per la Chiesa: la congregazione delle Orsoline Figlie di Maria Immacolata.
Il b. si lasciò veramente, semplicemente condurre dallo Spirito
Santo: fu fondatore non per una scelta programmata, ma mosso dallo Spirito
mediante una serie di circostanze.
E vorrei sottolineare due aspetti del suo carisma fondazionale. Egli
si pose nell’intuizione di Angela Merici: un’intuizione della permanente
fecondità. E’ la sintesi della contemplazione coll’azione, nel mondo.
Il b. Zefirino poi capì che la donna era chiamata ad una particolare
missione nella Chiesa e nel mondo, vedendo in lei in primo luogo quel carisma
dell’educazione, che è cura della dignità di ogni persona,
che è attenzione alla sua umanità.
I Santi ci sono donati perché riscopriamo sempre più il
Vangelo: ci ottenga il nuovo beato “di vivere con cuore libero e sincero”
la nostra vita in Cristo.
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