Omelia della s. Messa per i “graduati”
Washington, maggio 1995
1. “Benedetto sia Dio Padre del Signore Nostro…”
Lo Spirito Santo ci introduca profondamente nella grande liturgia di lode che la Chiesa compie ogni volta che celebra la divina Eucaristia. La ragione ultima della lode, la sorgente più profonda della nostra gratitudine è il fatto che il Padre “ci ha benedetti…”. Sentiamoci in questo momento oggetto di questa benedizione, di questa predestinazione, di questa elezione: ciascuno di noi, singolarmente considerato, è benedetto, predestinato, eletto dal Padre. L’amore del Padre, infatti, non è generale: Dio non ama l’umanità. Egli ama le persone umane, ogni persona umana. Ciascuno di noi è stato voluto per se stesso. Questa certezza di essere stati benedetti, predestinati ed eletti dal Padre, è il fondamento della nostra speranza. La nostra esistenza ha un senso, poiché ciascuno di noi è amato da Dio.
Oggi c’è una particolare ragione per rendere grazie al Padre: il dono che Egli ci ha fatto di compiere un Anno Accademico e, per alcuni di voi, di ricevere i gradi accademici. La predestinazione ed elezione del Padre si concretizza nei doni che Egli ci fa durante la nostra vita. Predestinati ad essere in Cristo, Egli ci fa vivere nella Chiesa e dalla Chiesa siamo guidati a conoscere sempre più “il beneplacito del volere” del Padre, il disegno di salvezza. Il nostro Istituto si inserisce in questa missione della Chiesa: far conoscere il beneplacito del Padre (la Sua bene-volenza) circa la persona umana, circa la dignità dell’amore umano, la santità del matrimonio e della famiglia.
Chi riceve oggi i gradi accademici, vorrei che oggi lasciasse l’Istituto con questa certezza nella mente e nel cuore: la certezza che ogni e singola persona possiede una preziosità infinita, poiché è stata benedetta, predestinata ed eletta in Cristo.
Ma la lode e la gratitudine al Signore deve essere unita anche alla gratitudine verso le persone umane che hanno reso possibile questa esperienza accademica. In primo luogo, voglio ringraziare Sua Eminenza il Cardinale. Egli è vicino fin dall’inizio con i suoi consigli e soprattutto con il suo affetto. Voglio ringraziare Carl Anderson; la sua completa dedicazione all’Istituto è ammirabile. Solo il Signore può ricompensare degnamente un tale servizio. Ringrazio tutti i professori: essi sono stati non solo maestri di scienza, ma testimoni di una Verità che ci libera. Ed anche grazie alle persone che lavorano nell’Istituto. Ma come voi sapete, la Sezione Americana esiste e può continuare a esistere per la generosità dei Cavalieri di Colombo e in primo luogo del Supremo Cavaliere, il Sig. Virgil Deschamps. Vorrei in questo momento tanto solenne ringraziare Virgil e tutti i Cavalieri per la loro generosità.
2. “Benedetta tu fra le donne…”
La lode della Chiesa oggi celebra l’amore del Padre, facendo memoria in primo luogo di chi per primo è stato predestinato, ed eletto in Cristo, la Madre di Cristo. Anzi, come insegna il Concilio Vaticano II, è stato un unico decreto di predestinazione quello con il quale il Padre ha voluto l’incarnazione del Verbo e ha scelto Maria perché fosse santa e immacolata al cospetto della Trinità. La luce della divina predestinazione ed elezione rifulge in modo unico e incomparabile nella persona di Maria e noi vogliamo semplicemente in questo momento contemplare la sua bellezza, lo splendore della gloria che rifulge in Lei e ripetere con Elisabetta: “benedetta tu fra le donne…”.
Ma la parola di Dio ci svela anche il modo con cui Maria ha vissuto la sua predestinazione ed elezione: “beato colui che ha creduto…”. Essa ha creduto: non dubitò mai dell’amore del Padre, nella consapevolezza profondissima della sua nullità. Questo è il punto centrale della nostra esperienza cristiana: vivere sempre nella certezza della nostra miseria e a causa di essa credere alla misericordia del Padre. La consapevolezza della nostra miseria senza la fede genera disperazione; la fede senza la consapevolezza della nostra miseria genera empietà. Maria ha vissuto in grado sommo questo incontro nella sua persona, della propria miseria colla misericordia di Dio e non dubitò mai “nell’adempimento delle parole del Signore”. Portiamo sempre dentro di noi due pericoli: il pericolo della disperazione e il pericolo dell’orgoglio, perché siamo sempre tentati di vedere solo noi stessi. Nel momento in cui l’uomo non vede più se stesso in Cristo, o vede una miseria non redenta e allora dispera, o vede una grandezza non donata ed allora diventa orgoglioso.
3. “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”
Maria ci rende certi che questa parola di Dio è già realizzata. Essa è la nuova creatura creata in Cristo. Essa già rivela a ciascuno di noi ciò che ciascuno di noi è chiamato a essere. Nella Chiesa, la nuova Gerusalemme, questa novità e possibile. La vostra esperienza nell’Istituto vuole darvi questa esperienza: la nostra predestinazione, elezione in Cristo è la nostra verità.
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