LA VERGINITÀ CONSACRATA
CASA CINI, 2 FEBBRAIO 1996
E’ strana l’attitudine generalmente condivisa oggi verso la verginità
cristiana. O la si ignora completamente e se ne tace abitualmente, come
un fatto di scarso significato oppure, quando qualcuno ne parla seriamente,
viene contestato con tale forza da far pensare che sia una scelta quanto
meno da sconsigliare seriamente. Fatto insignificante oppure scelta dannosa?
In realtà, il fatto che ci siano persone che scelgono
la verginità cristiana costituisce la contestazione più radicale
al modo con cui oggi si vede la sessualità umana, con cui oggi si
vede la persona umana. In una parola: la verginità cristiana dimostra
la falsità dell’antropologia sessuale contemporanea, per cui, essa
o è censurata o è contestata. Del resto, questo è
sempre stato il destino della verginità cristiana: nella sua assoluta
novità non poter essere omologata a nessuna visione parziale dell’uomo.
Essa è ciò che in linguaggio cristiano si chiama una “profezia”
(non detta, ma vissuta) ed i profeti non sono mai omologati: sono troppo
scomodi. Ma procediamo con ordine, cominciando a rispondere alla prima
domanda: perché e in che senso la verginità cristiana dimostra
la falsità dell’antropologia sessuale? E questo sarà il primo
punto della mia riflessione. Poi cercheremo di capire in che cosa consiste,
nel suo nucleo essenziale, la verginità cristiana. E questo sarà
il secondo punto.
1. VERGINITÀ E ANTROPOLOGIA SESSUALE
Per il momento, parlando di verginità limitiamoci a considerarne
il suo aspetto più appariscente: la continenza o astinenza sessuale.
Non è l’aspetto essenziale della verginità cristiana, anche
se la continenza perfetta e perpetua è una esigenza imprescindibile
della verginità cristiana medesima. Ma nella risposta alla prima
domanda, possiamo opportunamente limitarci a questo.
Per continenza o astinenza perfetta e perpetua si intende la
decisione libera presa dalla vergine, di astenersi perfettamente cioè
completamente e perpetuamente cioè per tutta la vita da qualsiasi
esercizio della propria sessualità, a causa di Cristo. Vorrei prima
di proseguire, richiamare la vostra attenzione sui punti essenziali della
definizione che ho dato di continenza verginale. Ho detto che si tratta
di una “decisione libera”: non c’è continenza senza libertà.
Libertà significa e capacità di esercitare la propria sessualità
e scelta autonoma di non esercitare la propria sessualità: continenza
verginale non è di chi, direbbe Gesù, è “eunuco fin
dalla nascita”, né di chi non è padrone di se stesso. Trattasi
di una decisione che è radicale. Radicale, perché si astiene
da qualsiasi esercizio della propria sessualità e non per un certo
periodo della sua vita, ma per sempre. Ma l’elemento caratteristico della
continenza verginale è un altro. Ho detto “a causa di Cristo”. Nel
secondo punto della mia riflessione, cercherò di far emergere i
contenuti profondi nascosti in queste parole. Per ora, basta dire che la
continenza verginale non è motivata da un giudizio negativo. Si
decide l’astinenza perfetta e perpetua non perché si pensa che esercitare
la propria sessualità sia comunque un male. Al contrario. La verginità
cristiana sa che l’esercizio della sessualità coniugale è
la celebrazione di un sacramento. Ella sceglie la continenza perfetta e
perpetua. Se manca un solo elemento di questa definizione, non abbiamo
la continenza propria della verginità cristiana.
E ora possiamo cominciare a rispondere alla prima domanda, cominciando
col delineare gli elementi essenziali di quella visione della persona e
della sessualità umana in cui siamo immersi e sommersi. Il presupposto
da cui parte l’odierna antropologia sessuale è che la sessualità
umana, meglio l’esercizio della sessualità umana non è una
cosa seria: non è un “caso serio” della vita. Non è una cosa
seria, perché in essa non è in causa la persona come tale.
E’ un gioco dal quale ciascuno può ritirarsi quando vuole, e del
quale i partecipanti stabiliscono le regole che vogliono. L’importante
è che queste regole siano stabilite prima del gioco, in modo che
nessuno sia ingannato. Ora che cosa caratterizza il gioco nei confronti
di qualsiasi altra attività umana? due cose. Primo: il gioco
non ha altro scopo che se stesso; si gioca, appunto, per divertirsi. Secondo:
il gioco è una attività che avviene alla periferia della
nostra persona, non al centro; la persona come tale non vi è coinvolta,
tanto è vero che sempre a chi prende sul serio il gioco si fa notare
di non prendersela troppo ... poiché è un gioco. Provate
a pensare alla nostra cultura sessuale contemporanea. Sono sicuro che vedrete
che in essa l’esercizio della sessualità è considerato un
gioco.
Questo profondo disprezzo della sessualità umana nasce
da una crisi molto profonda accaduta nella nostra coscienza moderna: la
separazione del corpo dalla persona. Il corpo non è la persona;
la nostra persona non è il nostro corpo: essa possiede il suo corpo.
E di ciò di cui si è in possesso, si può far uso:
l’uso del corpo proprio ed altrui è così intimamente giustificato.
Farne uso in vista di che cosa? in vista del piacere che esso può
causare con la sola preoccupazione di evitare i danni. Abbiamo così
individuato un altro elemento essenziale dell’attuale cultura sessuale:
il principio edonista. Vorrei che faceste particolare attenzione a questa
formulazione. Non ho detto semplicemente “il principio del piacere”. Ho
voluto dire che nella visione contemporanea della sessualità umana,
il criterio fondamentale che deve regolare l’esercizio della sessualità
è il piacere inteso come soddisfazione di pulsioni psico-fisiche.
L’elevazione del piacere a criterio etico (si fa per dire) della
sessualità ha comportato due conseguenze che sono sotto gli occhi
di tutti. La prima è ciò che viene comunemente indicato col
termine permissivismo. Con esso non si indica il fatto, che esiste dal
tempo di Adamo ed Eva, che l’uomo violi la legge morale o che questa
violazione sia più grande oggi di ieri: e chi lo può sapere?
Con esso si indica una ideologia secondo la quale l’esercizio della sessualità
è in linea di principio non regolato da nessuna regola che non si
imponga per ragioni semplicemente sanitarie. La domanda non è: “che
cosa è bene-male; lecito-illecito?”. La domanda è: “che cosa
è dannoso?”. La seconda conseguenza è la mercificazione della
sessualità. Con essa si intende quel fenomeno per cui la sessualità
umana diventa uno dei beni di consumo da offrire sul mercato. Si pensi,
per fare solo un esempio, al mercato della pornografia.
Alla fine, siamo ora in grado di capire come alla radice di questa
cultura sessuale si trovi la riduzione della sessualità ad un fatto
puramente psico-fisico, senza alcuna dimensione spirituale. Se a questa
riduzione si aggiunge, come è accaduto, una progressiva perdita
della consapevolezza della propria dignità personale come soggetto
libero, si ha come risultato che alla sessualità come impulso psico-fisico
non si può resistere. Se non si può, non si deve, pena la
caduta in nevrosi o vere e proprie psicosi.
Possiamo ora concludere dicendo che secondo la cultura in cui
siamo immersi e sommersi la visione della sessualità è una
visione ludica, edonista, fisicista.
Esistono due contestazioni a questa visione, il fatto dell’amore
coniugale ed il fatto della verginità. Ma la contestazione verginale
è di una radicalità sconvolgente. Perché? E’ ciò
che ora cercherò di mostrarvi, tenendo sempre presente che parliamo
della verginità come continenza perfetta e perpetua.
La verginità in primo luogo è un evento di libertà
nei confronti e dentro una riduzione della persona umana ad un impersonale
fascio di forze impersonali. Sono sempre più convinto che uno dei
mali più grandi di oggi sia precisamente una riduzione, come una
sorta di contrazione della persona umana alla sola dimensione psico-fisica.
La sessualità viene contratta a sola impulso psico-fisico al quale
non è possibile resistere. La scelta della verginità mostra
la trascendenza della persona nei confronti della immediatezza, della pulsione
dell’istinto. Ma è necessario cogliere il contenuto di questa trascendenza,
il contenuto di questa scelta di libertà. Essa non nasce da un giudizio
di disprezzo della sessualità umana e pertanto la scelta libera
della verginità non appartiene a nessun meccanismo di rimozione
né di demolizione di una parte, di una dimensione della persona:
una sorta di “castrazione” spirituale o soppressione della propria femminilità-mascolinità.
La scelta della verginità è una scelta di libertà
perché consiste in una integrazione della sessualità medesima
nella persona, in un progetto esistenziale della persona. Non è
la persona ad essere governata dalle sue pulsioni, ma è la persona
che giunge ad un vero possesso di se stessa. Possedendo se stessa è
capace di donare se stesso. Nella sessualità integrata rifulge lo
splendore della persona stessa che si dona.
Contestando la visione fisicista della sessualità perché
dimostra la trascendenza della persona nei confronti dell’istinto sessuale,
la verginità cristiana contesta radicalmente che il significato
ultimo della sessualità umana sia il raggiungimento del piacere.
La vergine infatti sceglie un modo di vivere la sua sessualità dal
quale la dimensione edonistica è completamente assente. La continenza
propria della verginità cristiana è assenza totale
e perpetua del piacere sessuale, dimostrando precisamente in questo modo
che la sessualità non è in funzione del piacere, ma del dono
di sé. Si scontrano veramente due concezioni della sessualità
perché si scontrano due concezioni di libertà e di persona.
La sessualità è solo, o almeno è fondamentalmente
il linguaggio dell’uso che l’uno fa reciprocamente dell’altro? è
il linguaggio del possesso? ed è tale perché in sostanza
essere liberi significa essere capaci di affermare se stessi anche contro
gli altri? Questa è in sostanza la concezione dell’edonismo contemporaneo.
La verginità attesta che la sessualità è il linguaggio
del dono e che essere liberi significa amare, poiché la persona
realizza se stessa nel dono di se stessa. E come lo attesta? in maniera
immediata mostrando che la pienezza del proprio essere uomo-donna
è possibile anche nella totale e perpetua assenza del piacere sessuale.
Ma, in fondo, la verginità è un evento della libertà,
è rifiuto del principio edonista poiché non accetta quel
disprezzo che la cultura contemporanea ha della sessualità umana.
Essa non accetta che la sessualità sia considerata un gioco, poiché
sa che nella sessualità è in causa la persona stessa. La
verginità è l’esaltazione del valore della sessualità
umana contro la sua riduzione a passatempo nella vita della persona.
2. A CAUSA DI CRISTO
La riflessone condotta potrebbe anche non risultare convincente.
Ed infatti siamo rimasti ancora alla “superficie” della verginità:
la superficie è la continenza perfetta e perpetua. Ma ciò
che sta dentro è qualcosa di straordinariamente profondo. E’ questo
“qualcosa” che spiega anche la continenza propria della verginità
e quindi la vera forza profetica di essa. Che cosa?
Vorrei partire dall’esperienza dell’amore coniugale, che è,
diciamo, più facile a capirsi. In una visione integrale dell’uomo,
l’esperienza dell’amore coniugale è l’esperienza di una reciproca
appartenenza. Non una qualsiasi appartenenza, ma un’appartenenza che è
totale e quindi definitiva. Riflettiamo un momento su questa totalità.
Essa è dono di se stesso nell’intera realtà del se stesso:
la persona che è spirito, psiche e corpo. Il corpo, infatti, con
la sua sessualità e la sua mascolinità e femminilità,
racchiude in sé la capacità di esprimere l’amore, quell’amore
appunto nel quale la persona diventa dono e, mediante questo dono, attua
il senso stesso del suo essere ed esistere. Questa vocazione della persona
trova la sua espressione eminente nell’amore coniugale in cui l’uomo e
la donna diventano una sola carne per diventare una sola persona.
La totalità propria dell’amore coniugale lo rende amore
esclusivo ed escludente: uno con una. Per quale ragione? la corporeità,
la fisicità propria dell’amore coniugale, il fatto cioè che
il linguaggio proprio dell’amore coniugale sia il linguaggio del corpo,
fa sì che l’uno possa appartenere ad una sola e viceversa. Se così
non fosse, infatti, non sarebbe mai escluso il rischio che l’uomo faccia
“uso” delle molte donne: non sia un incontro di persona a persona. Del
resto la cosa trova una conferma di carattere spirituale molto profonda.
L’amore è universale: l’amore coniugale non lo può essere.
Fra i milioni di donne, una è diversa: è unica; fra i milioni
di uomini, uno è diverso: è unico. Dunque, l’amore coniugale
è totale ed esclusivo.
Ed ora poniamoci una domanda: è possibile un amore totale
e non esclusivo? E’ possibile donarsi tutto a ciascuno? Si noti bene: dono
di se stessi (non di ciò che si ha). Ancora ragionando per ipotesi,
si dovrebbe dire subito che un tale amore - se esiste - deve escludere
la dimensione del linguaggio sessuale-genitale, per le ragioni che ho già
detto. In realtà, è questo l’amore stesso di Dio. La domanda
fatta allora diventa incredibile: è possibile ad un uomo e a una
donna amare come ama Dio? La risposta è ovvia: non è possibile.
L’unica forma umana di amore perfetto è l’amore coniugale. ma la
novità assoluta del cristianesimo consiste in un fatto: Dio si è
fatto uomo ed ha amato umanamente. Cioè: l’amore di Dio in Cristo
ha preso corpo in un vero e proprio amore umano. In lui è diventato
possibile per l’uomo e la donna donarsi tutto a ciascuno, cioè essere
vergini. La definizione di verginità è questa: ciascuna persona
è così grande da meritare tutto me stesso (il “cuore indiviso”).
L’amore coniugale è totale ed esclusivo; l’amore verginale è
totale ed universale. Ora si capisce che la continenza non è la
verginità. Essa è la conseguenza necessaria della scelta
di amare ciascuna persona nel dono totale di sé.
Se ora ci poniamo a questo livello, ora comprendiamo perché
la verginità cristiana è di sommo disturbo per la cultura
sessuale contemporanea.
La verginità è una scelta sommamente libera perché
è la scelta che la persona fa di donare se stessa. Ora la misura
della nostra libertà è la misura della nostra capacità
di donarsi: tanto si è liberi quanto ci si dona. La verginità
è libertà proprio nel modo di vivere la propria sessualità.
La vergine “sente” la sessualità come richieste di una soddisfazione.
L’amore coniugale integra questa richiesta nell’amore ed èquindi
un atta di libertà che trascende l’impulso. La verginità
opera una scelta ancora più libera poichè sa rinunciare.
La propria femminilità - mascolinità è vissuta come
forza di donazione e non come egoismo e piacere. La verginità è
la più alta realizzazione della persona. Possiamo ora capire alcune
dimensioni che accompagnano sempre l’esperienza verginale.
La vergine vive una esperienza di comunione col Cristo, che è
unica, nella Chiesa: è il tema molto presente nella tradizione cristiana,
della verginità come sposalizio col Cristo. E’ in questa mistica
unione che la vergine diviene capace del dono.
Nella storia della Chiesa, tutte le grandi opere di carità
nascono dalla verginità: è un fatto questo che non ha praticamente
eccezioni.
Fin dagli inizi, il ministero pastorale è stato dato solo
a chi aveva ricevuto il dono della verginità: la carità propria
del pastore può nascere solo nel terreno della verginità.
Esiste una sintonia profonda fra verginità e ministero pastorale.
CONCLUSIONE
Vorrei concludere con una pagina di Paul K. Feyerabend, E’ il
filosofo che ha cercato di distruggere ogni certezza, che ha difeso il
relativismo più radicale:
“Questi potrebbero essere i miei ultimi giorni. Li centelliniamo a
uno a uno. La paralisi che è insorta di recente è causata
da un versamento ematico nel cervello. Vorrei che dopo la mia dipartita
resti qualcosa di me - non saggi, non dichiarazioni filosofiche definitive
- ma amore. Spero che sia questo che rimarrà e su di esso non pesi
troppo il modo in cui me ne andrò, che vorrei lieve, come in un
coma, senza una lotta contro la morte che lasci dietro di sé un
brutto ricordo. Qualunque cosa accada, la nostra piccola famiglia può
vivere per sempre, Grazina, io e il nostro amore. Ecco ciò che vorrei,
che a sopravvivere non fosse niente di intellettuale, solo amore”.
Alla fine, la verginità sta li a dire molto semplicemente: comunque,
anche se tutto finisce, chi ama resta in eterno.
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