TERZA VEGLIA DI QUARESIMA
Cattedrale
26 febbraio 2005
La parola di Dio questa sera vuole introdurci più profondamente nel mistero che è la Chiesa. Perché dobbiamo chiamare "mistero" la Chiesa, la comunità cioè che siamo noi? Perché la sua realtà non si riduce ad essere semplicemente una società di uomini. Essa è la comunità di coloro che sono uniti a Cristo e quindi fra loro, mediante la fede, i sacramenti e la carità. Nella Chiesa è presente Cristo stesso.
1. Il santo Vangelo ci rivela da dove ha origine il mistero della Chiesa; da dove nasce questo nuovo modo di con-vivere dentro al groviglio della società e della storia umana.
Nasce dall’incontro fra la povertà dell’uomo e la ricchezza di Dio, la mendicità dell’uomo e l’elemosina divina. "Portavano a Gesù tutti i malati e gli indemoniati": ecco l’immagine plastica della mendicanza umana. Ogni miseria e soprattutto la miseria di non essere più in possesso di se stessi, schiavi di un potere: gli indemoniati. "Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni": ecco l’elemosina divina. L’uomo viene liberato e riportato alla sua regale dignità.
Notate bene quello che dice Gesù: "per questo … sono venuto!". Sono parole che aprono come una feritoia attraverso la quale possiamo gettare uno sguardo pieno di venerazione dentro al mistero dell’identità di Cristo. Egli ha la coscienza di essere un inviato in questo mondo per realizzare una missione, quella precisamente di guarire e liberare l’uomo. Nel Vangelo secondo Giovanni Gesù dice: "non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo" [12,47b].
Ma è su un particolare della pagina evangelica che desidero soprattutto attirare la vostra attenzione. In un certo senso, il villaggio dove Gesù si trova cerca di trattenerlo. "Egli disse loro: andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là": ogni uomo è un mendicante di salvezza e Dio in Cristo non limita la sua elemosina ad alcuni. La sua mano si apre ad ogni uomo: "la morte di Cristo infatti è stata la redenzione del mondo intero", ci ha appena insegnato Cromazio di Aquileia. È escluso ogni particolarismo, ogni privilegio etnico. La salvezza cristiana non è indissolubilmente identificabile con nessuna particolare cultura o civiltà. "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là": oggi ogni popolo è un "villaggio vicino" ad un altro popolo, e il Vangelo della grazia che salva va predicato ovunque. Tutti gli uomini sono uniti nella comunanza della stessa origine e dello stesso bisogno di salvezza.
Ecco, carissimi fratelli e sorelle, questa è la santa Chiesa. È il luogo dove si incontra il desiderio dell’uomo e il desiderio di Dio: di ogni uomo e di tutti gli uomini. S. Agostino mette sulla bocca della Chiesa le seguenti parole: "io parlo tutte le lingue: parlo greco, siro, ebraico; la lingua di ogni popolo poiché sono l’unità di tutte le genti" [in ps. 147,19].
Ovunque la Chiesa è a casa sua e ciascuno nella Chiesa è a casa propria.
2. La veglia di preghiera che stiamo vivendo esprime questa consapevolezza e nello stesso tempo aiuta ad approfondirla.
La comunità di Usokami e la nostra comunità sono unite non da vincoli di solidarietà semplicemente umana. La nostra unione è costituita dal vincolo che è la Chiesa: la stessa Chiesa che è in Iringa, è a Bologna. Questo vincolo è la carità effusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo che anima la Chiesa.
Viviamo ora nella preghiera questa intima comunione; in questi anni abbiamo vissuto e continueremo a viverla nella scambio dei doni.
Nella Chiesa nessuno riceve solamente; nessuno dona solamente. Nella Chiesa accade l’avvenimento di una reciprocità nella condivisione dei beni che riflette la stessa vita trinitaria.
|