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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


UFFICIO VIGILIARE II DOMENICA DI AVVENTO (B)
Cattedrale, 3 dicembre 2005

1. Il profeta rimprovera il suo popolo di non "guardare" nel modo giusto la realtà: "voi guardavate in quel giorno alle armi del palazzo della Foresta…; ma voi non avete guardato a chi ha fatto queste cose". È un rimprovero grave, che ancora oggi continua a risuonare.

L’uomo si pone, si assesta dentro alla realtà a seconda del modo con cui la guarda; del modo cioè con cui la comprende, la interpreta. Il profeta questa sera ci avverte che possiamo porci, assestarci dentro alla realtà in modo giusto, vero e buono; oppure in modo ingiusto, falso e cattivo.

Coloro cui si rivolgeva storicamente il profeta si ponevano nella realtà in modo sbagliato. Vivendo in un momento di difficoltà e di incertezza, essi fanno affidamento esclusivamente sulle possibilità umane: fondano la loro sicurezza sulla potenza – oggi diremmo: sulle possibilità tecniche – delle loro opere. Chi si pone così dentro alle situazioni diventa schiavo del provvisorio: "mangiamo e beviamo, perché domani moriremo".

Le parole del profeta sono questa sera rivolte anche a ciascuno di noi. Esse ci costringono alla domanda: come mi pongo dentro alle varie situazioni che la vita mi fa incontrare? verso chi/che cosa volgo lo sguardo? i miei desideri più profondi sono tagliati sulla misura dell’istante presente? La parola profetica in sostanza ci invita a porci dentro alla realtà – a comprenderla, interpretarla, viverla – alla luce della fede nel Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

Carissimi, il tempo dell’Avvento è un itinerario di attesa alla venuta del Signore nella nostra vita. Il Signore viene nella misura in cui la sua presenza è la luce che illumina il nostro sguardo sulla realtà, è criterio dei nostri giudizi.

2. Abbiamo anche ascoltato una pagina di commento al Vangelo che sarà proclamato in questa seconda domenica di Avvento. Il maestro e l’amico della comunità cristiana in queste settimane è Giovanni Battista. Egli è semplicemente definito come "voce di uno che grida nel deserto". Ci è maestra ed amica questa voce perché, come ha fatto il profeta, ci esorta ad aprire la nostra persona alla venuta del Signore. Ma anche perché ci aiuta a prendere coscienza della nostra missione di discepoli del Signore. Ogni discepolo del Signore non è forse chiamato ad essere "voce di uno che grida nel deserto"? ad essere cioè testimone del Signore? Ascoltiamo quanto ci dice un altro Padre della Chiesa: "Dimmi un po’: se il lievito mescolato alla farina non fa lievitare tutta la pasta, è forse lievito? E se il profumo non avvolge del suo soave odore tutti quelli che lo avvicinano, lo chiameremo ancora profumo? Non dire: mi è impossibile trascinare gli altri. Se tu sei cristiano, è impossibile che questo non avvenga. Come è vero che le realtà naturali non possono essere in contraddizione fra di loro, così anche per quello che abbiamo detto: operare il bene è insito nella natura stessa del cristiano. Se tu affermi che un cristiano è nella impossibilità di portare aiuto agli altri, offendi Dio e gli dai del bugiardo. Sarebbe più facile per la luce essere tenebra che per un cristiano non diffondere luce intorno a sé. Non dire: impossibile. È il contrario che è impossibile. Non fare violenza a Dio" (Giovanni Crisostomo, Omelia 20 sugli Atti, PG 60, 163s).

Ecco, fratelli e sorelle: guardiamo al Signore, come ci dice il profeta, e saremo luminosi. E la luce non può non illuminare.