Solenne Te Deum di fine anno
Basilica di San Petronio, 31 dicembre 2013
1. Cari fratelli e sorelle, è a tutti noto che gli antichi usavano per misurare il tempo la clessidra, la quale è rimasta poi comunque nel nostro immaginario.
Ci sono due modi di guardare la clessidra. Guardare i granellini di sabbia che lentamente, ma ininterrottamente, scendono fino vuotare la parte superiore. Oppure guardare la parte inferiore che va gradualmente riempendosi, fino alla pienezza.
L’apostolo Paolo questa sera ci invita a "guardare la clessidra" nella parte inferiore: "quando venne la pienezza del tempo" egli ci ha detto "Dio mandò il suo Figlio nato da donna".
La "pienezza del tempo". Il tempo non è trascorso invano. Esso trascorreva verso una meta; aveva in sé una direzione che lo muoveva verso un "punto", raggiunto il quale raggiunse il suo termine: il parto di Maria.
Questo non significa che il tempo cessa di scorrere, dopo che il Verbo-Dio prese corpo da Maria. È mutato il senso del suo trascorrere e per ogni singola persona e per la vicenda umana.
Lo scorrere del tempo è in primo luogo la pazienza di Dio nei nostri confronti, poiché Egli vuole che ci convertiamo al Vangelo del suo Figlio sempre più profondamente. Il senso dello scorrere del tempo è che ciascuno di noi entri sempre più profondamente nell’Amore redentivo di Cristo; nell’Atto della sua donazione sulla croce, e troviamo la nostra salvezza. Stat crux, dum volvitur orbis: la croce sta ferma, mentre il tempo scorre.
Il tempo è quindi prezioso, poiché in ogni istante decidiamo il nostro destino eterno. E pertanto la vita – la vita di nessuno – non è mai banale, se non siamo noi a renderla tale.
I calendari antichi erano basati sull’avvento al trono di un sovrano: calcolavano gli anni a partire dal momento della sua intronizzazione. Erano calendari "personalizzati" nel senso che la storia della comunità era messa in relazione con la figura di un "padre-fondatore". E’ ben noto a tutti che Roma calcolava il tempo ab Urbe condita. Dall’atto in cui la città era stata fondata.
Il nostro calendario calcola gli anni a partire dal parto di Maria, vero fatto
ri-fondativo della nostra umanità. Fino a qualche tempo fa i documenti pubblici indicavano la data colle seguenti parole: "Nell’Anno del Signore…" oppure "Dal parto della Vergine…". Chi crede si colloca nel tempo del Signore Gesù, e pertanto la nostra esistenza viene qualificata dal rapporto con la sua Persona [cfr. Bovati, I giorni di Dio, in Rivista del Clero italiano, Ottobre 2013, pag. 652-653].
Non perdiamo dunque il tempo, cari amici. Non solo nel senso ragionevole del termine. Ma nella visione della fede. Su ogni istante della nostra giornata, è perennemente detta la Parola di Dio: "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" [1Cor 6,2]. Ed anche: "Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori" [Sal 95,7].
2. Ho parlato finora del vero significato che ha lo scorrere del tempo per la singola persona. Ma ciò che ho detto, è vero anche di ogni comunità-società umana; è vero anche della nostra città. Il tempo è dato alla comunità umana; è dato alla nostra città perché essa sia gradualmente plasmata dalla forza redentiva dell’Amore di Dio verso l’uomo, che ha trovato il suo inizio nel parto della Vergine.
L’ingresso di Dio dentro la genealogia umana ha cambiato anche il nostro modo di convivere. Nella città degli uomini non ci sono più "estranei": ogni uomo è fratello di ogni uomo. Quando questo legame di fraternità si spezza, la città si disgrega. E la disgregazione accade quando anche non sono più tutelati, difesi e promossi tre beni fondamentali per l’uomo: la famiglia, la casa, il lavoro. Beni umani fondamentali, perché se una persona ne è priva, è ferita nella su stessa umanità e dignità.
Cari amici: quale è la condizione della nostra città in ordine a quei tre beni umani? La crescita esponenziale degli sfratti ha raggiunto livelli che possono mettere a rischio la pace sociale; la condizione in cui versano i giovani in ordine all’accesso al lavoro, espressa in questi giorni da una statistica spaventosa, e quella non meno drammatica delle persone che hanno perso il lavoro in età nella quale è assai difficile ritrovarlo; la famiglia non sempre riconosciuta nella sua insostituibile funzione sociale: sono i segnali che obbligano tutti noi che abbiamo responsabilità pubbliche, a fare un serio esame di coscienza.
Alla fine dell’anno abbiamo l’abitudine di "fare il bilancio". Ma la voce più importante del bilancio è la seguente: la presenza della potenza redentiva di Cristo nella nostra vita e nella nostra città, sia essa riconosciuta o non. È presente dentro ai nostri giorni tribolati il sublime miracolo di una misericordia eterna che dona all’uomo la capacità di costruire città fraterne. E se ci apriamo a questa presenza, il bilancio sarà sempre fortemente in attivo: siatene certi.
"A partu Virginis": da quel momento non siamo più affidati solo alla nostra libertà, ma ad un Amore che non sostituisce il nostro impegno, ma lo promuove, lo benedice, lo consacra. Affidati ad un Amore che ci libera dall’insidia della caparbia disperazione di chi confida solo in se stesso.
È per questa certezza che ora diciamo: "noi ti lodiamo, o Dio; ti proclamiamo Signore; Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno". Così sia.
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