Fecondazione, procreazione, generazione
Relazione al Convegno del Servizio di Accoglienza alla Vita
Ferrara, Sala Boldini - 6 febbraio 1999
La mia riflessione riguarderà esclusivamente il secondo
dei tre termini enumerati nel tema generale di questo seminario di studio.
Concretamente vorrei richiamare la vostra attenzione su alcune verità
fondamentali riguardanti la procreazione umana.
1. L’atto procreativo è la decisione libera di porre le condizioni
del concepimento di una persona umana. Esso dunque chiama direttamente
ed immediatamente in causa la riflessione etica come tale. Questa infatti
ha come suo proprio oggetto precisamente la decisione libera della persona,
o meglio, la persona nel suo decidersi liberamente a compiere un’azione
determinata. L’etica non è una scienza delle regole; è la
risposta ragionevole alla domanda su che cosa è bene per la persona
umana.
Premesso questo, ritorniamo alla decisione libera di porre le
condizioni del concepimento umano, cominciando col chiederci quali sono
le persone coinvolte in questa decisione.
Esse sono evidentemente i due coniugi: e questo è ovvio
e per il momento non richiede ulteriore considerazione. La decisione di
procreare coinvolge anche la possibile nuova persona che può venire
all’esistenza. Si noti bene che i termini «possibile» e «può»
non connotano astratte possibilità , ma una condizione tale per
cui tutto ciò che è necessario e sufficiente perché
venga al mondo una nuova persona, è stato posto in essere dai due
coniugi. Dunque: la decisione di procreare pone obiettivamente i due coniugi
in una relazione reale con una persona, quella del concepito.
Ma non è tutto: nella decisione procreativa “entra in
gioco” anche un altro. Ed ora dobbiamo esporre una delle verità
fondamentali dell’antropologia, quello della creazione dell’anima umana
di ogni singolo individuo da parte di Dio. Non posso fare al riguardo una
esposizione completa: devo limitarmi all’esposizione dei punti essenziali.
Partiamo da una domanda fondamentale: quando ha origine (inizia
ad esserci) una persona umana? La prima risposta è la seguente:
quando ha origine, inizia ad esserci un nuovo individuo umano. Notate bene
le due parole usate: «nuovo» ed «individuo». Nuovo
significa che c’è “qualcosa” di cui è certa l’identità
umana e la sua differenziazione rispetto all’organismo dei genitori: qualcosa
di nuovo nel mondo umano è venuto all’esistenza! Qualcosa o qualcuno?
Bisogna spiegare meglio l’altra parola «individuo». Il «qualcosa
di nuovo» che si trova nel grembo materno ha una caratteristica
di straordinaria importanza: lo chiamiamo, con nome difficile ma che poi
spiegheremo subito, «auto-poietico» ed «auto-referenziale».
Questa caratterizzazione significa questo. “Lo zigote e l’embrione non
sono…mai, a nessun stadio del loro sviluppo, il prodotto passivo dell’esecuzione
di un programma biologico indipendente da parte dell’organismo ospitante
come un tumore in accrescimento disordinato e senza progetto lo è
rispetto agli organi in cui cresce e si sviluppa, bensì è
un prodotto che attivamente si progetta e si produce, per accrescersi prima
e differenziarsi poi, in interazione coll’ambiente materno…” (G.Basti,
Filosofia dell’uomo, ESD, Bologna 1995, pag. 358). Cioè: lo zigote
– embrione non è un «progetto – programma» eseguito
da altri (madre), ma è un «progetto – programma» che
costruisce se stesso, muove se stesso da se stesso e non è mosso
da altri. E’ cioè INDIVIDUO UMANO, essere indiviso in sé
e distinto da ogni altro (secondo la definizione classica di individuo).
Allora, in sintesi: ha origine una persona umana quando ha origine un individuo
umano; ha origine un individuo umano nel momento della fecondazione, poiché
è certo che il corredo genetico di 46 cromosomi garantisce la sua
identità umana e la sua differenziazione individuale. Dunque, teniamo
ben ferma questa convinzione: al momento della fecondazione si ha un individuo
umano, nel preciso significato detto prima come «essere indiviso
in sé, distinto da ogni altro, sé-movente secondo un suo
proprio programma interno».
Da ciò deriva allora una conseguenza importantissima:
là dove esiste un individuo umano, lì esiste qualcuno che
è penetrato, alla radice e totalmente, da un principio vitale che
lo informa, ne guida e dirige lo sviluppo e lo abilita a compiere le sue
operazioni. Questo principio è ciò che chiamiamo anima. Aristotele
usa due stupende immagini per spiegarci che cosa è l’anima. E’ come
un ingegnere che si prepara degli organi e se li costruisce perché
possano compiere le loro operazioni e funzioni. Ma è anche un architetto
che coordina i vari organi secondo un’armonica composizione così
che risulti un tutto ordinato: questo tutto è il corpo. E’ per questo
che chiamiamo l’anima «forma del corpo». Non nel senso di figura
esteriore, ma “principio intrinseco, dinamico, formatore, plasmatore della
materia” (cfr. P.M. Emonet – M. Lorenzini, Conoscere l’anima umana. Elementi
di antropologia filosofica, ESD, Bologna 1997, pag. 63).
Ogni essere vivente ha un’anima: anche l’individuo umano. Ma
l’anima umana è capace di far compiere all’individuo umano delle
azioni che trascendono il mondo sensibile (come pensare, decidere liberamente,
donarsi nell’amore). E siamo così arrivati al punto centrale, in
grado di rispondere alla domanda: chi mi fa essere?
Comincio ad essere quando ha cominciato ad essere la mia individualità:
il mio essere individuo. Il mio «essere individuo» ha cominciato
quando sono stato concepito. Sono completamente venuto all’esistenza dalla
congiunzione dei due gameti? Non è possibile, poiché
l’individuo umano è animato da un principio che non può derivare
dalla materia, dal momento che «è – più che – materia».
Ed allora: “come si spiega che «io» in quel preciso istante
ho cominciato ad essere, dato che la fecondazione biologica non può
spiegarlo completamente?”. E’ stato Dio che mi pone nell’essere: che mi
ha pensato e mi ha voluto, cioè mi ha creato. Il mio esserci
dipende da Lui: solamente da Lui.
Ora siamo in grado di capire il significato profondo del termine
PRO-CREAZIONE. Esso connota il fatto che al sorgere di una nuova persona
umana co-operano Dio e i due sposi: questi pongono le condizioni perché
si costituisca un nuovo individuo umano, così che se Dio vuole,
possa creare una nuova persona umana. E’ questo un fatto che dona agli
sposi una dignità unica: cooperatori dell’amore creativo di Dio.
Concludo questo primo punto della mia riflessione con la seguente
affermazione: la decisione di procreare pone in essere una relazione inter-personale
nella quale entrano i due coniugi, la nuova persona, Dio creatore.
2. La domanda etica riguardante la procreazione è la seguente:
quando la decisione di procreare è buona? La risposta sintetica
allora è la seguente: quando ciascuno dei tre soggetti personali
correlati nella procreazione sono rispettati nella loro dignità
propria. Rispettare una persona nella propria dignità ha in etica
un significato molto preciso: agire in modo adeguato alla verità
del suo essere personale.
A questo punto dovrei analiticamente riflettere su ciascuno dei
tre soggetti correlati per capire che cosa esige positivamente il riconoscimento
della loro propria dignità e negativamente quando questa dignità
non è più riconosciuta. Non è possibile farlo: non
stiamo proponendo un caso di etica della procreazione. Mi limito solo ad
una riflessione che mi preme particolarmente, di carattere ancora generale.
Se ciò che fa essere la nuova persona umana è l’atto
creativo di Dio, la nuova persona umana è solo dipendente nel suo
essere-vivere da Dio stesso: non è proprietà di nessuno.
Nessuno ha diritto ad «avere» un figlio. Essa allora è
donata da Dio: ogni persona umana è un dono. E’ un dono in primo
luogo fatto ai genitori; è un dono fatto ai suoi fratelli/sorelle;
è un dono fatto alla società intera (cfr. le pagine profonde
di Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie «Gratissimum sane»
[1994], n.11).
E il dono è accolto; è custodito con perenne gratitudine;
è amato e quindi promosso nella sua umanità.
Quando si oscura questa consapevolezza morale della creazione
di ogni persona umana da parte di Dio? Sia quando l’eventuale concepimento
è considerato un «male» da evitare nell’esercizio della
sessualità coniugale, ricorrendo alla contraccezione e/o all’aborto;
sia quando si afferma «il diritto ad avere il figlio» come
necessario al raggiungimento della propria felicità individuale,
ricorrendo ad ogni forma di procreazione artificiale. In questo contesto
tutti e tre i soggetti personali correlati nella e colla decisione procreativa
sono deturpati nella loro dignità. “Il criterio proprio della dignità
personale – quello del rispetto, della gratuità e del servizio –
viene sostituito dal criterio dell’efficienza, della funzionalità
e dell’utilità: l’altro è apprezzato non per quello che «è»,
ma per quello che «ha, fa e rende»” (Lett. Enc. Evangelium
vitae 23, cpv.5). Questo per quanto riguarda le persone create. La gloria
di Dio è ancora più offuscata, non essendo più riconosciuto
come Creatore.
“L’uomo sboccia dalla sua anima, che è il centro del suo
essere” (E.Stein, cit. in P.M. Emonet – M. Lorenzini, op. cit. pag. 59).
E’ il calore dell’amore creativo di Dio che fa sbocciare ogni uomo, nel
terreno dell’amore coniugale: l’unico amore chiamato ad essere nel mondo
il luogo dove Dio fa risplendere la sua Gloria di Creatore.
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