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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Una testimone del soprannaturale
Recensione del volume di padre Cornelio Fabro «Gemma Galgani. Testimone del soprannaturale», 1988


Ricevendo recentemente un qualificato gruppo di professori di teologia e filosofia, riuniti a Roma per celebrare il ventesimo anniversario dell’Enciclica Humanae Vitae, il Santo Padre disse, in un discorso ad alto livello dottrinale, che uno dei rischi maggiori che oggi sta correndo la teologia (morale) è di evacuare la Croce di Cristo. L’affermazione di una coscienza morale creatrice, la riduzione della decisione morale all’impegno di accrescere il più possibile i beni (pre-morali) di questo mondo, portano diritto all’estromissione del “caso serio” dall’esistenza. Il caso serio della Croce di Cristo, atto supremo d’amore offerto alla libertà dell’uomo, perché egli compia la scelta radicale di fronte al Cristo, in una suprema tensione, posto come è su due abissi: perdersi nella sequela di Cristo e così ritrovarsi oppure rifiutare la sequela di Cristo e così perdersi.

Gemma Galgani ha concentrato nella sua brevissima esistenza questa teo-drammaticità dell’esistenza, in una singolare partecipazione spirituale, psicologica e fisica dell’evento della Croce. Ella diventa, così, una testimone del soprannaturale in un mondo che si costruisce sempre più sulla negazione dello stesso. E si pone, vertice fra i vertici, nella grande mistica cattolica della Chiesa nel ventesimo secolo, una mistica che sembra caratterizzarsi col (nel) segno dello “scandalo della croce”: S. Teresa di Lisieux, Padre Pio, Adrienne von Speyr, per non citare che i più noti.

Padre Fabro, che da anni andava studiando Gemma (ma, probabilmente, non è di “studio” che si tratta solamente né principalmente), ce ne offre ora l’itinerarium mentis in Deum o, meglio, l’itinerarium Crucis (C. Fabro, Gemma Galgani. Testimone del soprannaturale. Ed. CIPI, Piazza Ss. Giovanni e Paolo 13, Roma 1988, pp. 481).

Chi conosce questo grande maestro del pensiero dalle sue opere filosofiche, divenute ormai dei classici, potrà forse rimanere meravigliato dell’attenzione, dello studio, della profonda ed ammirata contemplazione, durati per anni, con cui P. Fabro si è impegnato per penetrare nel mistero di Gemma. Lo studioso di san Tommaso, di Kierkegaard, di Hegel, l’implacabile diagnostico della malattia mortale della cultura moderna (il principio di immanenza) ci ha dato, con questo libro, quel genere di agiografia di cui oggi la comunità cristiana ha particolarmente bisogno. È la biografia scritta ponendosi al di dentro dell’esperienza cristiana di questa povera ragazza, coinvolta nel mistero redentivo della Croce in maniera sconvolgente. E di questo coinvolgimento l’autore ha saputo cogliere i momenti essenziali, in un confronto serrato colla cultura moderna (si vedano, per es. le pagine 127- 142). I Santi, infatti, dotati come Gemma di carismi straordinari, sono donati alla Chiesa e al mondo appunto perché “non sia evacuata la Croce di Cristo”.

È difficile presentare anche sinteticamente, nello spazio di una recensione, l’avventura spirituale di Gemma descritta in questo libro. Solo qualche cenno.

“La grazia più grande che mi ha fatto Gesù” scrive Gemma “è la coscienza del peccato: una coscienza così unica — nella sua intensità ed estensione — da mettere a dura prova ogni tentativo di concettualizzarla sia filosoficamente sia teologicamente (si vedano le pagg. 146 e ss.). È questa coscienza del peccato che rende Gemma partecipe/contemporanea alla passione di Cristo (cfr. pag. 53 ss.) e, reciprocamente questa partecipazione/contemporaneità genera in lei una visione così profonda della infinita malizia del male morale. Questa“dialettica“ (è questa la vera dialettica! le altre sono il lusso/perditempo dei professori) colloca Gemma nel centro della storia, il punto dove si incrociano le tre libertà che ne tessono la trama: la libertà di Dio, la libertà dell’uomo, la libertà di Satana (cfr. pag. 189 ss.). Ciò che Agostino aveva descritto nel De Civitate Dei (specialmente dal XIV libro in poi) può solo darci una pallida idea del vissuto mistico della vergine di Lucca. E lo scontro accade precisamente dentro il suo spirito: è vissuto interamente da Gemma per la Chiesa.

Sono sempre più convinto che la crisi in cui versa oggi la teologia morale abbia la sua ragione non ultima nel fatto che essa ha eliminato dalle sue “fontes cognoscendi” l’esperienza dei grandi mistici. Non so quale sarà la... fortuna di questo libro del padre Fabro: probabilmente non molta. Ha rischiato di passare inosservato nell’industria della vanità culturale. Anche questo è un segno del bisogno che abbiamo di testimoni del soprannaturale, perché non sia evacuata la Croce di Cristo.

Un comune amico mi confidò, pochi giorni dopo la sua morte, che Urs von Balthasar si stupiva del fatto che Gemma Galgani, ritenuta dal compianto grande teologo una delle più grandi mistiche di ogni tempo, fosse così poco studiata e meditata, soprattutto in Italia. Padre Fabro ha ora colmato questa lacuna, aprendo la strada per ulteriori studi, suggerendo egli stesso molteplici vie di approfondimenti possibili. «L’uomo, lungo le piste della civiltà, ha bussato spesso alle porte di siffatto mondo della vita e della morte: il Cristianesimo ha aperto l’unica porta giusta, che è, però, vegliata e contesa dai nemici di Dio e di Cristo. Gemma, con pochi altri mistici privilegiati, ha dato testimonianza con l’esperienza diretta della realtà di siffatto mondo, quello appunto soprannaturale“ (pag.457).

Ecco perché la sua è una testimonianza particolarmente attuale: smarrito il senso del soprannaturale, all’uomo non resta che la chiusura ermetica dentro la disperazione del finito e la vanificazione del suo destino vero.

Una testimone, appunto, del soprannaturale.