Relazione all'Assemblea della Azione Cattolica Italiana
Seminario, 27 febbraio 2011
1. Parto dal logo della vostra Assemblea, che indica anche il cammino futuro: Vivere la fede. Amare la vita. L’impegno educativo dell’Azione Cattolica.
[Vivere la fede]. La fede, intesa sia come la dottrina (il contenuto) della fede sia come il nostro assenso alla medesima, è l’impasto di cui è fatta la nostra vita. Da almeno due punti di vista.
È la dottrina della fede, quella dottrina che noi professiamo ogni domenica, che ci introduce nella realtà: di Dio, del mondo, di noi stessi. Senza di essa o adoreremmo un Dio fatto a nostra misura [fu il peccato gravissimo di Israele nel deserto] o diventeremmo gradualmente degli atei a tutti gli effetti, cioè senza speranza. Senza di essa non vivremmo nella realtà, ma come sognando e scambiando l’essere con l’apparire. Senza di essa, resteremmo alla fine noi stessi un enigma a noi stessi.
Perché la dottrina della fede ha questa potenza veritativa smisurata? perché essa è l’accoglienza non mia, non tua, ma della Chiesa, della divina Rivelazione.
Cari amici, mi fermo solo un istante su questo mistero che ha un’importanza fondamentale nella nostra vita cristiana. L’uomo che ascolta la parola di Dio non è come un registratore impersonale della medesima. Ma accogliendola, la plasma per così dire e la configura umanamente.
Il Verbo di Dio, la Parola-persona detta dal Padre, per divenire umanamente udibile e comprensibile, ha dovuto assumere un corpo umano: e ciò è accaduto per il sì di Maria. La parola di Dio è divenuta parola umana senza cessare di essere di Dio nell’utero di Maria.
La dottrina della fede è l’accoglienza della Parola di Dio nell’utero di Maria – della Chiesa: accoglienza che le dona una forma umana.
Da ciò deriva che cercare un ascolto della Parola di Dio fuori dalla dottrina della fede, è come cercare di … diventare più alti cercando di "tirare su" colle nostre mani il nostro corpo.
Poiché oggi la Chiesa ha espresso la sua dottrina di fede nel Catechismo della Chiesa Cattolica, vi chiedo di mettere nella vostra programmazione la lettura-studio abituale del medesimo.
- La fede, intesa come virtù, ci rende capaci di assentire alla dottrina della fede. È mediante questo atto di docile accoglienza che la divina Rivelazione, dimorando per così dire in noi, trasforma la nostra vita: vivere la fede. Lo si può capire bene dalle seguenti considerazioni.
Mediante il suo atto di fede, il credente non si ferma alle formulazioni della dottrina della fede, ma entra in contatto con la realtà espressa da quelle formulazioni. Quando dico non solo colle labbra, ma anche nel cuore: "credo … in un solo Signore Gesù Cristo …", entro in contatto reale colla persona di Gesù. Paolo dice che mediante la fede Cristo abita nel nostro cuore.
Orbene – è sempre Paolo a dircelo – chi è in Cristo è una nuova creatura. È realmente trasformato; è introdotto in una nuova condizione di vita.
La vita di fede dunque è intrinseca alla fede come tale. Detto in altri termini. La proposta cristiana non è solo informativa: mi narra solamente avvenimenti accaduti riguardanti Gesù; è una proposta performativa: realizza in chi crede ciò che dice. La vita cristiana non è altro che la stessa vita umana trasformata dalla fede.
[Amare la vita]. La seconda proposizione del vostro logo è un’immediata conseguenza della prima: vivere la fede esprime il più alto amore per la propria vita. Lo ha detto Gesù: "chi odia la propria vita per causa mia …". Se vivrete una vita di fede, vivrete una vita in pienezza, "a immagine e somiglianza di Dio, cioè una vita fatta di verità e di bontà, contemplazione e di pratica di comandamenti, libera da menzogna e cattiveria" [S. Massimo il Confessore, Opuscoli teologici, PG 91, 12 A].
2. La vostra associazione ha sempre avuto nel suo DNA una forte passione educativa e formativa. E quindi con vera sapienza al di sotto del vostro logo avete aggiunto: "l’impegno educativo dell’AC". L’aggiunta è di sostanziale importanza.
La fede diventa vita, e quindi la vita diventa buona, mediante un faticoso, lungo cammino educativo: non si diventa cristiani in un attimo, in un momento di forte emozione. È un duro lavoro. Solo attraverso questo processo educativo si potrà risparmiare alla Chiesa la sofferenza più grave: una fede debole, affievolita o spenta. La vitalità di ogni comunità cristiana dipende dalla vitalità della fede, dalla capacità della fede dei discepoli di generare un’umanità nuova e nuove relazioni interpersonali.
Consentitemi di essere più preciso. Nella mia Nota pastorale del 2008 scrivevo: "educare significa: introdurre la persona ad una sequela di Gesù appassionata, incondizionata e definitiva, che rende il discepolo capace di vivere la vita intera in Cristo".
Dunque, due sono i momenti del processo educativo: (A) introdurre, guidare la persona all’incontro con Gesù nella Chiesa; (B) capacità di vivere la vita intera in Cristo.
(A) Ho già detto prima molte cose, in merito al fatto che la fede che fa incontrare Cristo. Dunque l’educazione alla fede sia nel prossimo triennio la scelta prioritaria.
Ma devo aggiungere qualcosa di assolutamente più importante. L’incontro perfetto col Cristo accade nella Liturgia. Non è il caso che ora mi dilunghi ulteriormente. Vi chiedo di riflettere seriamente su come pensare e realizzare nell’Associazione una vera educazione liturgica. Non date per scontato nulla in questo campo.
(B) Ma la difficoltà oggi più seria è nell’acquisire la capacità di vivere la vita intera in Cristo. Il Convegno di Verona ha individuato gli ambiti fondamentali in cui la vita è vissuta.
Vedo soprattutto la necessità di una cosa, sulla quale ho lungamente intrattenuto i vostri responsabili l’estate scorsa: la necessità del giudizio di fede. Cioè: non si può vivere la vita intera in Cristo se non siamo capaci di interpretare, valutare la vita alla luce della fede. Come fanno due sposi a vivere in Cristo il loro matrimonio se non comprendono, interpretano, valutano il loro amore alla luce della fede?
Ora questa educazione al giudizio della fede è guidata dal Magistero morale della Chiesa. In particolare il Compendio della Dottrina sociale è uno strumento imprescindibile. Vi chiedo che nel prossimo triennio ci sia un impegno serio nello studio del Compendio.
Ma voglio richiamare la vostra attenzione in particolare su un punto. Sono sempre più convinto che per i nostri giovani l’educazione dell’affettività è un’urgenza improcrastinabile. Vivono spesso un’affettività incapace di creare rapporti durevoli. È un problema enorme. Lo affido all’attenzione dei futuri responsabili, soprattutto del Settore Giovani.
E’ un grande momento quello che stiamo vivendo, degno della più splendida tradizione ecclesiale dell’ACI. Concludo con le stupende parole di S. Paolo, che, mi permetto di dire, sono la sintesi di tutto quanto vi ho detto: "Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l’avete ricevuto, ben radicati e fondati in Lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell’azione di grazia" [Col 2, 4-5].
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