QUARTA STAZIONE QUARESIMALE
6 marzo 1996
Non lasciamo cadere nessuna parola di questa straordinaria pagina
del Vangelo che è stata appena proclamata: essa infatti ci istruisce
su ciò che stiamo ora vivendo e celebrando (1) e su come il Mistero
celebrato deve plasmare la nostra vita e trasformarla (2).
1. Quale Mistero stiamo celebrando? “il Figlio dell’uomo sarà
consegnato ...” poiché Egli “non è venuto per essere servito,
ma per servire e dare la propria vita per molti”. Stiamo celebrando il
mistero della passione, morte e risurrezione del Signore. L’Eucarestia,
infatti, la S. Messa ri-presenta il sacrifico della croce: è lo
stesso sacrificio della croce nei santi segni del pane e del vino. Ed oggi
la parola del Signore ci svela l’intima natura di questo sacrifico. E’
il dono della sua vita che Egli ha liberamente compiuto. E’ il dono della
sua vita che è un riscatto: mediante questo dono noi siamo liberati
dalla nostra schiavitù. La schiavitù è quella profonda
mancanza di libertà che ciascuno di noi sente nel suo cuore: schiavi
del nostro egoismo, schiavi di ciò che possediamo, schiavi di un
esercizio spesso ingiusto della nostra sessualità, schiavi della
nostra vanità. E’ un riscatto per molti: esso non esclude nessuno.
Ognuno di noi è stato riscattato. Ecco che cosa stiamo celebrando:
il mistero della nostra liberazione.
2. Questo Mistero è celebrato perché la nostra esistenza
ne sia trasformata. Fra poco, immediatamente prima della grande preghiera
eucaristica, noi diremo: “volgi con bontà lo sguardo, Signore, alle
offerte che ti presentiamo e per questo santo scambio di doni liberaci
dal dominio del peccato”. Dal dominio di quale peccato? Riascoltiamo attentamente
il Vangelo.
Se esaminiamo attentamente noi stessi, vediamo che tre sono le
tentazioni fondamentali a cui possiamo andare soggetti: la tentazione dell’avidità
del possesso (ricchezze), del dominio delle persone (potere e vanagloria),
dell’autosufficienza di fronte a Dio (ritenerci giusti e non bisognosi
della sua misericordia). Ma guardando le cose più in profondità,
ci rendiamo conto che tutte e tre queste tendenze perverse hanno una sola
radice; la paura di perderci, che genera precisamente il desiderio di cercare
una sicurezza.
Ora potete capire quel che chiede la madre dei figli di Zebedeo:
i primi due posti. E’ la seconda fondamentale tentazione. E’ la tendenza
che ci porta sempre e comunque ad occupare i primi posti; è l’auto-affermazione,
primo e ultimo frutto dell’egoismo; è il peccato originale, che
sta all’inizio ed è la causa di ogni peccato. La conseguenza è
che anche i rapporti umani vengono scardinati: cessano di essere di “reciprocità”
nella identica dignità e diventano conflitto di opposti interessi.
“Gli altri dieci, avendoli sentiti, si arrabbiarono contro i due fratelli”.
Ecco il risultato: la società umana si trasforma in una lotta nella
quale il più debole è inesorabilmente soccombente.
Fratelli, come si può uscire da questa situazione? Celebrando
nella vita ciò che stiamo celebrando nella preghiera.
Gesù in questa pagina ci rivela il mistero della vera
grandezza: è quello del Figlio dell’uomo che è venuto a servire
e non ad essere servito. E quindi può spiegare la vera gerarchia
all’interno della comunità dei suoi discepoli: “colui che vorrà
essere il primo fra voi, si farà vostro schiavo”. Contro ogni ambizione
stoltissima di carriera e di arrivismo nella Chiesa, Gesù dichiara
che al primo posto si trova chi sta all’ultimo, perché Lui si è
fatto il servo di tutti.
Essere “più che”, ecco il nostro inganno: voler ingrandire
il proprio io sugli altri. E un “più” che va tolto, per non essere
se non per gli altri.
CONCLUSIONE
Se diciamo che la proposta evangelica è impossibile per
l’uomo, diciamo la verità. Ma Cristo ha dato la sua vita per liberarci
da questa incapacità: l’incapacità di realizzare noi stessi
nel dono di noi stessi.
|