ALLA SCOPERTA DELLA PERSONA UMANA
Conversazione coi maturandi
27 maggio 1998
Nihil homine existit altius nisi solus Deus, in quo
solo perfecta hominis beatitudo consistit
( S. Tommaso d’A.. SCG IV, LIV 3924)
Il compito che mi propongo è quello di SVEGLIARVI; di svegliarvi
da un sonno che non è quello che ci prende, grazie a Dio, verso
sera. Non solo verso sera: ma anche durante certe prediche, certe lezioni;
non da quel tipo di sonno. Mi propongo di svegliarvi da un altro SONNO
che è molto più subdolo e nel confronto del quale sarebbe
bene noi soffrissimo di permanente insonnia.
Quel sonno da cui vi vorrei svegliare non ci consente di VEDERE, di
percepire qualche cosa di molto importante. Non ci permette di percepire,
di vedere che ESSERE QUALCUNO è completamente diverso che ESSERE
QUALCOSA. E non solo è diverso, ma è INFINITAMENTE SUPERIORE
essere QUALCUNO dall’essere QUALCOSA; “infinitamente”, cioè
senza misura.
Il compito che noi ci proponiamo nella riflessione di questa sera è
precisamente quello di rendervi capaci i percepire questa DIVERSITÀ,
questa SUPERIORITÀ INFINITA. Oggi questo compito si presenta difficile:
ecco il sonno di cui vi parlavo prima! Difficile, perché noi viviamo
oggi in un contesto culturale che, si dice, è “massificante”.
Che cosa significa “massificante”? Vuol dire esattamente questo: che
non ci aiuta a capire che ESSERE QUALCUNO è PIÙ che essere
qualcosa ed è DIVERSO che essere qualcosa. E’ il processo del “SI
DICE CHE …, allora anch’io dico. SI PENSA CHE …, allora anch’io penso che;
CI SI COMPORTA COSI’ …, allora anch’io mi comporto così”. E’ terribile
questo potere massificante, per cui uno non percepisce più il suo
ESSERE QUALCUNO.
Ecco, io vorrei che dentro di voi si accenda ad un certo momento, all’improvviso,
una luce abbagliante nella vostra intelligenza, che vi faccia esclamare:
ecco cosa significa essere qualcuno e non qualcosa! Ecco perché
essere qualcuno è infinitamente superiore che essere qualcosa!
Questa luce potrebbe anche non accendersi. In questo caso la colpa
sarebbe mia che non sono riuscito a farmi capire. Questo può capitare.
1. Cominciamo, per così dire, coll’individuare alcune proprietà
che ineriscono alla persona, che la caratterizzano come tale. E lo farò
attraverso alcuni racconti assai semplici, alcuni inventati ed altri realmente
accaduti.
Primo racconto. Una mattina, quando i pubblici bus devono prendere
servizio, un autista non si presenta al lavoro. È ammalato. Il capo-turno
chiama un altro che «sostituisca» il dipendente ammalato, poiché
il servizio deve comunque essere assicurato. Dunque: una persona sostituisce
un’altra, prende il suo posto.
Secondo racconto. Un giorno un fidanzato decide di andare a fare
una passeggiata colla sua fidanzata e quindi si danno appuntamento in un
luogo ed ora precisa. All’ora stabilita, la fidanzata non arriva. Il fidanzato
aspetta un poco. E poi che cosa fa? … la sostituisce con una altra? Dunque:
una persona non sostituisce un’altra, non può prendere il suo posto.
Terzo racconto. Ho conosciuto diversi anni fa una donna sposata
che desiderava tanto avere bambini e non venivano. Finalmente rimase incinta.
Ma al terzo mese di gravidanza perse il bambino. Fu una tragedia. Ma il
suo dolore fu ancora più grande, quando il medico, con le migliori
intenzioni, le disse: “signora, non pianga. Tanto né può
avere altri di bambini”. Quando andai a trovarla, mi disse, “quell’uomo
(il medico) non ha capito niente! i figli non sono come le scarpe che si
possono cambiare”.
Vorrei a questo punto farvi una domanda, anzi una serie, una “cascata”
di domande: una persona può sostituire un'altra? La persona è
«insostituibile»? perché nel primo racconto una persona
sostituisce l’altra e negli altri due no? Vi chiedo una grande attenzione
spirituale, perché stiamo entrando nella conoscenza di una grande
verità.
Cominciamo a rispondere all’ultima domanda. Il comportamento del capo-servizio
non ha suscitato in noi nessun scandalo: la sostituzione della persona
in questo caso è un fatto assolutamente ragionevole. Infatti, riflettendo
attentamente al fatto, noi vediamo che in realtà la persona (al
mattino, quando si deve assicurare il servizio) è voluta, è
aspettata in quanto è capace di svolgere una funzione: è
voluta, è aspettata in ragione ed in vista di qualcosa di utile.
Non è voluta, non è aspettata per se stessa, in se stessa.
Nel secondo racconto, la situazione cambia. Nessuna persona dice alla
persona che ama: “ti amo tanto che qualsiasi altro/a potrebbe prendere
il tuo posto!” ha lo stesso significato che dire: “Questa figura è
un triangolo così perfetto da essere un quadrato!” sarebbe un non-senso.
Come mai per chi ama, la persona umana non può essere sostituita?
perché chi ama, vede e vuole la persona amata in se stessa e per
se stessa e non in ragione ed in vista di qualcosa d’altro. Quando due
si sposano in chiesa, dicono: “io prendo te …”. Ed in questa prospettiva,
quando la persona è considerata in se stessa e per se stessa, è
INSOSTITUIBILE. Pensate attentamente al terzo racconto: ogni figlio è
insostituibile per la madre.
Ora possiamo già rispondere ad un’altra domanda: che cosa
significa «insostituibile»? significa unico. L’insostituibilità
più precisamente è la conseguenza dell’unicità della
singolarità. E’ insostituibile quindi chi non fa «parte di»
nessuna serie: … è fuori serie! Dunque abbiamo individuato tre caratteristiche
della persona, strettamente connesse fra loro: insostituibilità,
unicità, “non far parte di …”. La grande filosofia cristiana esprime
queste tre proprietà con una sola parola: sussistenza. La persona,
essa dice, «esiste in se stessa e per se stessa».
2. Ora andiamo alla scoperta di un’altra proprietà della
persona. E’ una scoperta più difficile da compiere.
Per giungervi, partiamo questa volta da un … piccolo gioco aritmetico
(inventato da Socrate-Platone). Se io chiedo: “il numero 1000 è
un numero grande o piccolo?”, nessuno è in grado di rispondere.
Infatti un numero è grande o piccolo in rapporto ad altri, nel confronto
con altri. L’unico modo di rispondere potrebbe essere quindi il seguente:
“1000 dollari in confronto ad uno sono molti; 1000 dollari in confronto
a 100.000 sono niente”.
Questo semplicissimo gioco aritmetico ci fa capire delle verità
molto profonde. Soprattutto ci fa capire una grande verità riguardante
la persona umana.
Se io prendo in considerazione una persona e mi chiedo: “una
persona sola vale molto o poco?”, a questa domanda posso rispondere: “dipende.
In confronto ad un milione di persone, non vale molto, è precisamente
niente. Se invece si hanno solo due persone, la perdita di una, è
una perdita ingente”? Era precisamente questo il ragionamento del medico
nel terzo racconto: “uno più uno meno, che importanza ha? Ne avrai
altri”. Perché questo modo di ragionare è sbagliato? Perché
considera la persona non come qualcosa (si fa per dire) di unico: una «fuori
serie». Considera la persona come la parte di un tutto.
Ed ora, se mi avete seguito bene, possiamo fare una grande scoperta.
Quando tu prendi in esame una cosa che “fa parte” di una serie, tu puoi
dire che essa (la cosa) vale più o meno: puoi misurare il suo valore.
E quindi il suo valore è limitato, finito: lo puoi misurare! Ma
poiché la persona è unica, è “fuori serie”, il suo
valore non è più misurabile, è incommensurabile, cioè
è INFINITO. Non ammette più un “meno” o un “più”:
non puoi dire: “questa persona vale meno, vale più di quell’altra
persona”. Certamente: una persona può fare un lavoro più
o meno utile, o non fare più (o non ancora) nessun lavoro. Ma questo
fatto non misura il valore della persona.
Fermiamoci un momento a considerare questo valore infinito della
persona. Quando il valore di una realtà è misurabile, essa
può sempre essere messa a confronto con un'altra e scambiata. Quando
cioè una realtà ha un valore misurabile, ha anche un prezzo.
Poiché la persona non ha un valore misurabile, essa non ha prezzo:
ha DIGNITÀ. La dignità è propria di tutto ciò
che non ha prezzo. La persona ha una DIGNITÀ INFINITA.
Ed ora vorrei sottoporvi … ad un interrogazione per verificare
in voi stessi se avete percepito la dignità infinita della persona
Ammettiamo il caso che uno di voi non esista. L’universo sarebbe INFINITAMENTE
PIÙ POVERO senza di lui perché la persona singola è
di una preziosità infinita. Cinque miliardi di persone o cinque
miliardi più una: che differenza fa? Una diversità infinita!
Se dentro di sé qualcuno di voi ha detto no, non è vero,
è esagerato!, questo significa che voi considerate ancora la persona
come parte di un tutto. Se invece voi avete percepito: Ah è vero!
Se tu non ci fossi il mondo sarebbe infinitamente più povero!, allora
avete capito che la persona non è la parte di un tutto, ma E’ IN
SE’ E PER SE’ UN TUTTO.
Una conseguenza da quanto di si è detto.Il fine ultimo di ciascuno
di noi non è il bene dell’universo, semplicemente perché
il bene di tutto l’universo vale meno del bene della persona che ciascuno
di voi è. Quindi dire che ciascuno di noi è al servizio del
bene dell’universo è un grande errore metafisico. Non è vero!
IL FINE ULTIMO DELLA PERSONA NON E’ FUORI DI ESSA.
Fermiamoci un momento. Ora possiamo fare un confronto fra «essere
QUALCOSA» ed «essere QUALCUNO»: lo facciamo in modo sinottico.
ESSERE QUALCOSA
essere sostituibile
essere molteplice
essere parte di un tutto
avere un valore limitato
avere un prezzo
..........
..........
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ESSERE QUALCUNO
essere insostituibile
essere unico
essere un tutto in sé e per sé
avere un valore infinito
possedere una dignità
...........
...........
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3. Sono così arrivato al terzo punto: è la verità
più bella che si possa scoprire circa la persona. E fortunatamente,
è la più facile da scoprire.
Ho terminato il punto precedente con un’affermazione assai forte:
“il fine ultimo della persona non è fuori di essa”. Qualcuno potrebbe
dire: “ma questo non rende impossibile ogni rapporto con le altre persone?”
ora dobbiamo scoprire quale rapporto esiste fra le persone. Ovviamente,
a noi interessa quel rapporto nel quale la persona non diventi “qualcosa”
ma rimanga sempre “qualcuno”. Facciamo ancora un piccolo sforzo di riflessione
e domandiamoci: quale è il rapporto inter-personale vero? Non è
così difficile ora rispondere.
- Non può essere un rapporto nel quale uno faccia uso
dell’altro. Che cosa significa “fare uso”? significa considerare e trattare
l’altro come un mezzo di cui mi servo per raggiungere lo scopo che mi prefiggo.
E’ la negazione della dignità propria dell’altro: è la de-gradazione
di «qualcuno» a «qualcosa», una degradazione infinita.
E qui vorrei che faceste molta attenzione a ciò che ora
vi dico. Due o più persone possono anche mettersi d’accordo ad usare
l’uno dell’altro. Cioè: non necessariamente il rapporto d’uso
è uni-direzionale. Può essere anche bi-direzionale, cioè
contrattuale. I due o più si accordano nel permette l’uso l’uno
dell’altro, nella convinzione che ciascuno ha e nella speranza che ciascuno
nutre che così ha per sé il massimo vantaggio.
Ciò che è d’importanza fondamentale è che
anche se contrattata, la rinuncia alla propria dignità di persona
è sempre il più grande male che possiamo fare a noi stessi.
Anche se questa rinuncia sempre ripagata in termine di piacere o di denaro
o di potere: fate in modo di non essere costretti mai ad abbassare la testa,
quando al mattino vi guardate allo specchio.
- Può essere un rapporto nel quale ciascuno riconosca
ciascuno nella dignità di persona. Riflettiamo un momento
sul senso di quest’affermazione. Riconoscere ciascuno nella sua dignità.
Essere cioè giusti. E’ la giustizia intesa non come il rispetto
delle regole contrattualmente, convenzionalmente pattuite, ma come la volontà
di dare ad ogni persona quell’onore che le è dovuto in quanto persona.
E’ il concetto di diritti fondamentali della persona.
- Ma questo rapporto giusto non esaurisce l’intera capacità
della persona di comunicare con le altre persone. In un certo senso, la
giustizia lascia ancora le persone estranee l’una all’altra. E’ possibile
una relazione interpersonale nella quale l’uno è per l’altro, l’uno
è dell’altro senza cessare di essere pienamente se stessi? Farci
questa domanda è lo stesso che interrogarci se è possibile
fra le persone l’AMORE. So che nel cuore avete già risposto: ed
il cuore non vi inganna.
L’amore è la donazione totale di se stesso all’altro,
donazione che costituisce un’appartenenza di sé all’altro per cui
il tuo bene è il bene dell’altro. E’ una relazione di COMUNIONE:
in essa ogni persona realizza se stessa come persona. Alla fine, la diversità
essenziale fra «essere qualcosa» ed «essere qualcuno»
è questa: essere qualcuno significa un essere in cui è inscritta
la capacità di amare; essere qualcosa significa un essere in cui
non è inscritta la capacità di amare.
Voglio concludere con un testo mirabile di S. Bernardo:
“Ogni vero amore è senza calcolo e, ciononostante, ha ugualmente
la sua ricompensa; esso, addirittura, può ricevere la sua ricompensa
solo se è senza calcolo … Colui che nell’amore ricerca come ricompensa
solo la gioia dell’amore, riceve la gioia dell’amore. Colui invece che
ricerca nell’amore qualcosa di diverso dall’amore, perde l’amore e, al
tempo stesso, la gioia dell’amore”.
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