INAUGURAZIONE ANNO ACCADEMICO
Parma, 24 novembre 1999
1. "Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui, … e tutte sussistono in Lui". Carissimi fratelli e sorelle, la parola di Dio questa sera ci invita ad una singolare penetrazione della realtà: alla sua intelligenza radicale. Questa è possibile quando, vincendo quella "pigrizia della ragione" che sta oggi devastando le nostre persone, abbiamo una chiave interpretativa unica di tutto ciò che esiste. Infatti: "L’uomo, per natura, cerca la verità. Questa ricerca non è destinata solo alla conquista di verità parziali, fattuali o scientifiche; egli non cerca soltanto il vero bene per ognuna delle sue decisioni. La sua ricerca tende verso una verità ulteriore che sia in grado di spiegare il senso della vita" [Giovanni Paolo II, Enc. Fides et ratio, 33.1]. L’apostolo ci svela che tutte le realtà che esistono hanno la loro coesione in Cristo, dal momento che ogni realtà è stata originariamente pensata in Lui. Nel prologo al suo Vangelo, l’evangelista Giovanni ci ha appena detto: "tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste". Ma che cosa significa esattamente questa grande affermazione della fede cristiana, secondo la quale è Cristo la chiave interpretativa unica di tutta la realtà? che senso ha ricordarci questa visione cristiana del reale, aprendo un anno accademico universitario?
L’evangelista Giovanni, lo avete appena sentito, ha chiamato Gesù Cristo "Verbo-Logos". Attraverso questa denominazione, il Vangelo vuole in primo luogo insegnarci che la realtà che ci circonda è dotata di una sua intrinseca intelligibilità. Essa è vera, nel senso che chiede di essere conosciuta dalla nostra ragione e di essere stimata-amata dalla nostra libertà.
Non si parla solamente della realtà che circonda l’uomo: si parla anche e soprattutto della persona umana. Il Verbo, che era "in principio presso Dio", che "era Dio" e senza il quale "niente è stato fatto di tutto ciò che esiste", è anche legge eterna, fonte di ogni legge, che regola l’agire umano. La parola di Dio allora questa sera ci invita ad una profonda ragionevolezza del vivere, ad un esercizio della nostra libertà radicato nella verità, alla costruzione di un’esistenza non vana ma dotata di pienezza significativa. "La grazia e la verità [cioè: la grazia della verità] vennero per mezzo di Gesù Cristo", ci ha detto l’evangelista. E’ nell’incontro con Cristo che la persona umana raggiunge quella pienezza di auto-realizzazione che costituisce il suo desiderio più profondo.
Ma la parola evangelica non tace sulla tragedia dell’uomo di oggi (e di sempre): "la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accettata". La vera malattia mortale dell’uomo consiste in questo rifiuto della verità contenuta nel Verbo del Padre, nell’allontanamento dall’intima verità dell’essere, che è il riflesso del Verbo che si è fatto carne per farcene dono. Quale è la forma che oggi questo rifiuto, questo allontanamento ha assunto? La forma di un "collasso spirituale": la tensione della ragione e della volontà è caduta a picco. La ragione ha subito un collasso di tensione, perché rinuncia a cercare una risposta ultima e definitiva alle domande sul significato della vita. La volontà ha subito un collasso di tensione, perché si è tolta ogni capacità di tendere ad un bene che non sia utile e/o piacevole. Il desiderio illimitato di Verità, di Bontà, di Bellezza, in una parola di Vita, che dimora nel cuore di ciascuno di noi, è il "segnale stradale" che ci indica la direzione della ricerca del Mistero da cui dipendo ad a cui appartengo. Ma abbiamo come tagliato la misura di questo desiderio, abbiamo come divorziato dalla realtà e ci siamo ritrovati privati del diritto di sperare. "La grazia e la verità ci vennero per mezzo di Gesù Cristo".
2. Carissimi fratelli e sorelle, stiamo celebrando i divini misteri e stiamo meditando la parola di Dio per aprire un nuovo anno accademico. Ciò che stiamo celebrando, ciò che stiamo meditando è particolarmente illuminante al riguardo. Più precisamente a riguardo della missione-compito che l’Università è chiamata a svolgere nella costruzione di una vera cultura umana.
Alla luce della parola di Dio oggi meditata, risulta che nell’ambito della vita umana, l’Università ha il compito di consentire alla "universitas docentium et studentium" di perseguire totalmente la ricerca della verità, di indagare con uno sguardo di 360 gradi la verità tutt’intera. Forse è dal modo con cui si pensa il rapporto Università-verità che dipende in larga misura il futuro di questa istituzione, nella convinzione che essa non può accontentarsi di preparare solamente tecnici competenti nelle varie discipline. "Se l’Università ha un senso culturale, esso è allora quello di essere un luogo dove si ricerca la verità, la verità nella sua purezza, non per altri fini, bensì per se stessa. Per questa ragione: perché essa è la verità" [R. Guardini, cit. da A. Scola, Ospitare il reale. Per una "idea" di Università, Roma 1999, pag. 42].
A questo modo di concepire la funzione dell’Università oggi si oppongono molti fatti ed è dall’esito di questo contrasto che prenderà volto l’Università futura. Nella luce del Mistero che stiamo celebrando, consentitemi di richiamare l’attenzione su almeno due di essi.
All’affermazione dell’Università come luogo di ricerca della verità si oppone la necessità che l’Università si integri dentro al mondo della produzione, intesa nel suo senso più ampio. Esiste un rischio assai grave insito in questa opposizione qualora rendesse l’Università incapace di una sintesi fra le due esigenze: il rischio di cessare di essere luogo in cui si generano persone veramente, interamente libere.
All’affermazione dell’Università come luogo di ricerca della verità si oppone oggi soprattutto l’affermazione di una "debolezza costituzionale" della ragione che dovrebbe perfino impedire all’uomo di parlare di verità. L’accettazione di questa opzione intellettuale, perché in fondo si tratta di questo, porterebbe di fatto a negare qualsiasi tipo di fondamento all’istituzione universitaria. Infatti l’impossibilità di conoscere la verità e la conseguente polverizzazione del sapere contraddicono l’essenza stessa dell’Università. Questo fondamentale principio e fondamento della nostra cultura, la ragione come capacità di conoscere la realtà, deve oggi essere riproposto con forza perché l’Università non venga meno al suo basilare compito educativo dei giovani.
Carissimi fratelli e sorelle, meditando sulla Parola di Dio e sulla condizione dell’Università oggi, siamo stati condotti a vedere in questa come uno dei "luoghi privilegiati" in cui viene vissuto il nesso ragione-libertà-realtà, nesso costitutivo dell’esistenza umana. Ecco perché l’Università è stata inventata dalla Chiesa. Perché la Chiesa in Cristo è stata costituita custode della consistenza della realtà: "tutte [le cose] sussistono in Lui".
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