VENERDÌ IV SETTIMANA QUARESIMA
Pieve di Cento, 31 marzo 2006
1. "Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora". Carissimi fratelli e sorelle, queste semplici parole che concludono la pagina evangelica proclamata dal diacono, nascondono un profondo mistero. La Croce di Cristo, la morte di Cristo, al di là dei suoi esecutori, rientra nel piano di Dio. Non è stato un incidente che Cristo non ha potuto evitare, ma una scelta libera, acconsentendo alla decisione del Padre: nessuno riesce a mettergli le mani addosso fino a quando non sia giunta "la sua ora".
Carissimi fedeli, lungo i secoli nei venerdì di Quaresima i vostri padri sono venuti in questa Chiesa, sono venuti a venerare il Crocefisso. La loro e la vostra fede, a diversità dei giudei di cui parla il Vangelo, vi ha fatto conoscere "di dove è Gesù" che voi contemplate sulla Croce. Vi fa conoscere che quel Crocefisso, che Gesù viene da Dio e che è stato mandato a noi dal Padre come nostro salvatore. Nella visione propria della fede voi comprendete in pienezza il mistero della Croce: essa è la rivelazione perfetta dell’amore di Dio verso l’uomo. Nella morte di Cristo sulla Croce si svela pienamente quanta cura Dio ha dell’uomo, di ciascuno di noi; quanto Gli stia a cuore la dignità della nostra persona. Attraverso il costato aperto del Signore crocefisso è dato all’uomo di guardare dentro al Mistero di Dio ed intravedervi il suo amore per l’uomo.
Carissimi fedeli, quando Gesù aveva parlato del pastore che va alla ricerca della pecorella perduta; della donna che non si dà pace fino a quando non trova la moneta smarrita, intendeva già rivelarci il modo di agire di Dio verso l’uomo. Questo modo di agire trova la sua espressione più alta nella morte di Cristo sulla Croce.
2. Ma noi questa sera non volgiamo il nostro sguardo di fede a Cristo crocefisso per ricordare semplicemente un fatto passato. Gesù ha voluto che il suo atto di amore, il dono che ha fatto di Se stesso sulla croce, fosse perennemente presente in ogni luogo e ad ogni generazione umana. La presenza perenne del sacrificio della Croce è il sacramento dell’Eucarestia.
Quando noi celebriamo l’Eucarestia, come ora stiamo facendo, noi diventiamo presenti all’atto di amore di Cristo; la forza della celebrazione ci introduce nell’oblazione di Cristo e – come diremo nella preghiera finale – "segna per noi il passaggio dall’antica alla nuova alleanza". Noi diventiamo partecipi realmente di quanto accaduto sulla Croce.
Che cosa significa questa partecipazione? Che senso ha per la nostra vita di ogni giorno? Nella preghiera con cui abbiamo aperto la nostra celebrazione, abbiamo chiesto al Padre il dono di "accogliere con gioia i frutti della redenzione" e di saperli manifestare nel rinnovamento della vita. In queste settimane la nostra campagna fiorisce e rinnova la sua vita: che cosa fiorisce nella vita di chi celebrando l’Eucarestia ha rivissuto in sé il mistero della croce? Fiorisce la capacità di amare, la capacità di costruire veri rapporti di comunione con gli altri.
La comunione con Cristo che accade nella celebrazione dell’Eucarestia, mi fa uscire da me stesso e quindi ci fa incontrare profondamente gli uni con gli altri. Quanto è accaduto sulla Croce si rinnova nella società umana mediante i discepoli del Signore che vivono ciò che hanno celebrato.
Carissimi fedeli, come potete comprendere, i vostri padri non vi hanno lasciato in eredità solo una tradizione religiosa da custodire fedelmente. Essi vi hanno indicato, con questa tradizione, la via da seguire, la strada da percorrere. È a partire dallo sguardo pieno di fede che voi da secoli posate sul Crocefisso, che trovate la strada del vostro vivere perché imparate la scienza dell’amore.
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