FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA
Bologna, 28 dicembre 2008
1. Cari fedeli, un unico messaggio attraversa le tre letture appena proclamate: la venuta nel mondo di una nuova persona umana è un evento che impegna l’agire di Dio stesso. La persona umana non viene all’esistenza per caso o per necessità naturale: il suo esserci è frutto di un’azione di Dio.
Questa profonda verità circa l’uomo ci è comunicata attraverso la narrazione della nascita di Isacco e della presentazione al tempio del bambino Gesù.
"Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato", dice la Scrittura. E l’autore della lettera agli Ebrei ci aiuta a capire il senso profondo di quelle parole: "Per fede anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne fedele colui che glielo aveva promesso". La naturale impossibilità di Sara di concepire un figlio diventa il segno che la persona umana, ogni persona umana, viene da Dio stesso.
Maria e Giuseppe nella narrazione evangelica "portarono il bambino a Gerusalemme per offrilo al Signore". Egli appartiene al Signore.
Quando il Salmo dice: "dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo" [Sal 127 (126), 3], esprime una profonda verità circa l’uomo. Esprime la convinzione che esiste uno stretto legame tra il momento iniziale dell’esistenza e l’agire di Dio creatore. Ed ogni madre si riconosce nelle parole di una madre di sette fratelli, di cui parla il libro dei Maccabei: "non so come siate apparsi nel mio grembo; non io vi ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi" [2Mac 7,22]. Dio che ha voluto l’uomo fin dal principio, lo vuole in ogni concepimento.
2. Cari fratelli e sorelle, illuminati dallo splendore di questa divina verità, non possiamo ignorare inquietanti interrogativi che tanti uomini e donne oggi si pongono: ma è proprio vero che il figlio è sempre un dono? Un dono per i propri genitori e per la società? Il numero spaventoso di aborti sembra dimostrare che molti rispondono negativamente a queste domande.
Eppure, cari fedeli, resta vera una convinzione ovvia nella sua semplicità ed ovvietà: "il bene comune dell’intera società dimora nell’uomo" [Giovanni Paolo II, Lett. ap. Gratissimum sane 11,5; EV]. Ogni bambino, giungendo alla esistenza, fa dono di se stesso ai genitori e all’intera società, poiché ciascuno è una preziosa risorsa per ogni altro. La mancanza di bambini è sempre il segno che una civiltà ha imboccato la via del tramonto.
Ma c’è anche un’altra dimensione dell’esperienza umana che viene singolarmente illuminata dalla verità divina che oggi la parola di Dio ci insegna.
Cari fratelli e sorelle, se il figlio è un dono, egli può essere solo atteso come qualcuno e non come qualcosa che è dovuto, un diritto. Comprendiamo la profonda verità dell’insegnamento della Chiesa, che possiamo riassumere nel modo seguente: solo l’unione coniugale è degna di porre le condizioni del concepimento di una persona umana.
Il desiderio di un figlio non può giustificarne la "produzione" in laboratorio: si producono le cose, non le persone, così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificarne la soppressione.
La dignità personale propria del figlio respinge da sé ogni riduzione del medesimo a semplice "oggetto di desiderio".
"Ricordate le meraviglie che ha compiute, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca", abbiamo detto col salmo responsoriale. La meraviglia più grande è l’uomo, è ogni uomo: in ciascuna vita umana che viene concepita Dio celebra il suo amore creativo.
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