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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Santo Natale 2007
Cattedrale di San Pietro, Messa del Giorno


1. "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza". Miei cari fratelli, il "messaggero di lieti annunzi, che annuncia la salvezza" è oggi la Chiesa, che ancora una volta narra al mondo il seguente fatto: "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi".

La seconda lettura ci offre gli sviluppi essenziali di questa narrazione. Il Verbo di cui si parla è "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero"; è "irradiazione della gloria di Dio ed impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola". Questo Verbo "si fece carne". Ha assunto la nostra natura umana per vivere in essa la nostra stessa condizione. La più suggestiva narrazione del fatto che la Chiesa oggi notifica al mondo, è stata scritta da S. Paolo: "Cristo Gesù, pur … essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" [Fil 2,5-7].

"Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme". La Chiesa oggi non si limita a narrare un fatto, ad informare l’uomo di un evento accaduto. Ma essa è certa che il fatto narrato cambia la condizione umana perché è in grado di ricostruire la città degli uomini caduta in rovina. È un fatto che dona consolazione, perché ha la forza di "riscattare Gerusalemme".

Si impone dunque la domanda: perché il fatto narrato oggi dalla Chiesa - "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" - possiede in sé la forza di cambiare la condizione umana? Riascoltiamo il testo evangelico: "la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo". Nel fatto narrato oggi, a causa di ciò che oggi è accaduto, all’uomo è venuta "la grazia", "il dono della verità". Il Verbo fatto carne fa dono all’uomo della verità. È a causa di questo dono che oggi l’uomo riceve consolazione. Le rovine della città degli uomini possono oggi prorompere in canti di gioia, poiché ad essa è venuta la "grazia della verità".

Ma forse l’uomo di oggi è talmente rassegnato e sconsolato che di fronte a questa notizia ripete con Pilato: "e che cosa è la verità?". Egli si accontenta di quella verità, per altro sempre provvisoria, che è il risultato della ricerca scientifica, ritenendo impossibile la conoscenza di una realtà oltre i confini della scienza.

Ma anche a questo uomo la Chiesa oggi notifica che il Verbo incarnato dona all’uomo la verità, e che questo dono cambia la condizione umana. Donde viene alla Chiesa questo coraggio?

Da due certezze: una di ragione e una di fede. Una certezza di ragione: "L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente" [Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptor hominis 10,1; EE 8/28].

Una certezza di fede: "Dio … ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito … Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" [Gv 3,16-17]. Il fatto che la Chiesa oggi narra al mondo - "il Verbo si fece carne e venne ad abitare fra noi" - ha il senso di rivelare all’uomo che Dio lo ama. L’intento di Dio nel mandare il suo Figlio nel mondo è di far conoscere all’uomo che egli è amato da Dio, che Dio si prende cura di lui, fino in fondo. Se Dio non amasse l’uomo, ogni uomo; oppure se non avesse ritenuto conveniente rivelarlo all’uomo, il fatto che la Chiesa oggi racconta al mondo non sarebbe accaduto, il Verbo non si sarebbe fatto carne e non sarebbe venuto fra noi. Il fatto narrato oggi è la più alta dichiarazione d’amore fatta all’uomo.

È questa la verità fatta conoscere all’uomo dal Verbo fattosi carne: l’amore di Dio per l’uomo. Non un nuovo sistema filosofico; non una più pura verità morale; non una più rassicurante dottrina politica. Semplicemente questa verità: Dio ama l’uomo, si prende cura di Lui. E questa verità è mostrata nel Verbo fatto carne: "la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo".

2. Ritorna ancora la domanda: "che cosa cambia nell’uomo che viene a conoscere questa verità?".

Due cambiamenti decisivi. L’uomo vive nel rapporto col Mistero ultimo, con Dio "nella speranza della gloria di Dio" [Rom 5,2]. Diviene consapevole che non è stato gettato nel cosmo e nella vita dal caso o da una oscura necessità. Egli è salvato.

Di conseguenza – è il secondo cambiamento – muta la coscienza che l’uomo ha di se stesso. Quale valore deve possedere l’uomo, ogni uomo se Dio stesso si prende cura di lui! Oggi è nata l’idea di persona: la consapevolezza che "essere qualcuno" è diverso da ed è più che "essere qualcosa". L’uomo oggi scopre la sua dignità. Oggi è stato scoperto il principio di ogni vero umanesimo, ed il criterio di misura di ogni progresso: la suprema dignità di ogni persona umana.

È il Natale che ci mostra la misura della dignità dell’uomo: la misura della dignità dell’uomo è proprio il farsi uomo di Dio. Ma allora l’uomo, la società che vogliono liberarsi da questa misura, servono realmente la causa dell’uomo? O non si privano della testimonianza più grande resa alla dignità dell’uomo e che impegna in modo assoluto ed incondizionato alla sua difesa? Quale idea di uomo trasmetteremmo alle giovani generazioni privandole della consapevolezza di quella misura?

Ci accompagni sempre, cari fratelli e sorelle, la "grazia della verità" conosciuta nel Natale del Signore, perché le nostre rovine siano riedificate e possano prorompere in grida di gioia.