Solennità di San Giovanni Battista
San Giovanni in Persiceto, 24 giugno 2012
Cari fratelli e sorelle, la Chiesa ha sempre avuto una particolare venerazione per S. Giovanni Battista. È l’unico santo di cui, come fa per la Madre di Dio, celebra e il giorno della nascita e il giorno della morte.
Non solo, ma tutti i quattro vangeli hanno conservato la catechesi che Giovanni faceva al popolo, chiedendo in questo modo alla Chiesa di non perderne la memoria e di riascoltarla di generazione in generazione.
Perché tanta importanza viene attribuita a questa persona? Perché la coscienza della Chiesa deve sempre mantenerne viva la presenza?
1. È singolare il modo con cui Giovanni declina le sue generalità. Egli non dice: "io sono …"; dice: "io non sono". Declina le sue generalità in negativo. O meglio: in relazione ad un Altro. Egli cioè vede se stesso non in se stesso, ma in rapporto a Cristo.
Del resto, come abbiamo sentito nel santo Vangelo, fin dalla sua nascita ci fu la questione come chiamarlo. Il nome della persona indica nella S. Scrittura l’identità e la missione della persona medesima. I parenti del bambino volevano seguire la consuetudine. Ma il nome gli era già stato dato da Dio medesimo, in ordine alla missione: "preparare al Signore un popolo ben disposto". Ancora una volta abbiamo lo stesso insegnamento: Giovanni è completamente in vista di un Altro; è semplicemente come "un segnale stradale", il cui unico compito è di indicare la direzione verso cui andare.
I grandi teologi del Medioevo avevano una capacità grande di leggere il libro della natura. E fanno la seguente considerazione. Quando nasce Giovanni, il giorno comincia a farsi breve, fino al giorno in cui nasce Gesù, quando il giorno comincia ad allungarsi. Quanto è insegnato nel libro della Scrittura è ripetuto nel libro della natura. Giovanni diminuisce quanto più cresce il Sole di giustizia, Cristo Signore. Egli "è venuto semplicemente per rendere testimonianza alla luce" [Gv 1, 7].
Ora possiamo capire perché la Chiesa ha una così profonda venerazione per Giovanni Battista. Egli è come lo specchio nel quale la Chiesa vede se stessa. Essa infatti non esiste per se stessa, ma per essere la via sulla quale l’uomo può incontrare Gesù.
" La Chiesa ha per unica missione di rendere presente Gesù Cristo in mezzo agli uomini. Essa deve annunciarlo, mostrarlo, darlo a tutti. Il resto … non è che un di più" [H. de Lubac, Meditazione sulla Chiesa, Jaca book, Milano 1979, 148].
I Padri della nostra fede paragonavano la Chiesa alla luna. Come sapete, la luna non brilla e non illumina di luce propria. Essa lo fa, perché riflette la luce del sole. Così è la Chiesa. Nella notte del mondo, essa esiste per riflettere la luce di Gesù. Certamente non tutto nella Chiesa riflette la luce di Gesù; ma tutta la luce di Gesù traspare attraverso la Chiesa.
Ciò che è vero della Chiesa è vero di ciascuno di noi come discepoli del Signore. Il nostro essere cristiani non è principalmente in rapporto ad una dottrina che accettiamo, o in rapporto ad un codice morale che osserviamo. Il nostro essere cristiano è l’essere in relazione con Cristo: una relazione costituita dalla fede.
2. Cari amici, queste parole hanno quest’anno una risonanza drammatica nella nostra coscienza. La festa del vostro patrono è velata quest’anno dalla tristezza.
Come vivere questa tribolazione senza lasciarci prendere dallo scoraggiamento, o perfino dalla disperazione?
Tutto il nostro essere, tutta la nostra vita – vi dicevo – è in relazione con Cristo. Nel Salmo dopo la prima lettura, abbiamo detto: "Ti sono note tutte le mie vie". Il Signore conosce i giorni pieni di tristezza che stiamo vivendo.
"Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel grembo di mia madre": non siamo venuti al mondo per caso, e non siamo foglie secche in preda a forze oscure della natura.
Chi crede non è mai solo. Giovanni non ha fatto altro: dire che in mezzo a noi c’è Dio salvatore. E là dove c’è Dio salvatore, c’è sempre la possibilità di un futuro. Mi piace terminare con un testo poetico di K. Wojtyla.
«Nessun uomo trova spianati i sentieri.
Veniamo al mondo
simili ad un cespuglio che può ardere come il roveto di Mosè
oppure inaridirsi.
Sempre vanno riaperti i sentieri perché non tornino a chiudersi
sempre vanno riaperti finché non siano diritti
nella semplicità e maturità di ogni istante".
[K. Wojtyla, Sorella, Opere letterarie, 153]
|