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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solennità di San Giovanni Battista
Messa della Vigilia e Ordinazioni
23 giugno 2007


1. "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato". Cari fratelli e sorelle, quando il profeta Geremia si sentì rivolta questa parola del Signore, il suo spirito non potè non riempirsi di stupore e di timore: "Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare". Quella parola gli rivelò l’identità del suo essere: gli manifestò il senso pieno della sua esistenza. Geremia come "io" consapevole e libero nacque in quel momento, fu partorito da quella parola. E poiché il proprio io è anche generato dalla risposta della libertà, Geremia fu inevitabilmente "imprigionato dentro alla necessità" di una scelta e di una decisione: "non dire: sono giovane" - non puoi più fuggire dalla risposta - "ma va da coloro cui ti manderò".

Stiamo celebrando i divini misteri nella solennità vigiliare di S. Giovanni Battista. La rivelazione dell’identità di Giovanni venne fatta al padre. È al padre che viene detto: "Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni … per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto". È attraverso il Padre; è nell’esperienza di una paternità sigillata dalla parola di Dio, che Giovanni viene definito nella sua identità propria e nella sua missione unica. Ed è dolce pensare che Zaccaria abbia rivelato al giovane figlio che cosa spiegava la sua esistenza, quali erano le ragioni ultime del suo esserci.

Ma c’è una cosa in comune fra Geremia e Giovanni, su cui vorrei attirare in particolare la vostra attenzione. La potrei dire in sintesi nel modo seguente: è la missione che definisce l’identità di ciascuno dei due; è la missione il contenuto della coscienza che Geremia e Giovanni ebbero di se stessi. "Ti conoscevo" viene detto al profeta "ti ho stabilito profeta delle nazioni". "… Ti darà un figlio" viene detto a Zaccaria "e ricondurrà molti figli di Israele al Signore loro Dio". Non c’è altra via da percorrere per giungere ad un’autocoscienza vera che la missione affidata.

2. Carissimi ordinandi, quanto la parola di Dio dice questa sera alla Chiesa a riguardo del profeta Geremia in ordine al mistero personale del Precursore, illumina in modo splendido questa grande azione liturgica che vi coinvolge in modo unico.

Poco fa ciascuno di voi è stato chiamato per nome ["prima di formati nel grembo materno, ti conoscevo"; "che chiamerai Giovanni"]. Nella voce umana che ha pronunciato il vostro nome, è risuonata la Voce di chi fin dal grembo della donna che vi ha generati, vi ha voluti per la missione.

"Reverendissimo Padre, la Santa Madre Chiesa chiede che questi nostri fratelli siano ordinati diaconi/presbiteri". È attraverso la paternità di chi vi ha generato in Cristo che ora vi è definitivamente rivelata la ragione ultima del vostro esserci: "essere ministri di quelle cose che vi sono state annunciate da coloro che vi hanno annunziato il Vangelo".

Carissimi ordinandi, poi fra poco direte e ripeterete la parola più grande che la persona possa dire: "Sì, lo voglio". È l’atto supremo della vostra libertà; è questo atto che partorisce in senso forte il vostro io. Perché chi genera l’io non è l’intelligenza; non sono le emozioni: è la libertà, è l’esercizio della volontà.

Ma questa grande parola, "lo voglio", è preceduta da un "sì": avete risposto ad una chiamata che vi ha preceduto. E così questa sera siete usciti per sempre da quell’autonomia che conduce l’uomo alla noia della vita, e siete entrati nella verità dell’esistenza che vi assicura la beatitudine. La coscienza che voi avrete da questa sera di voi stessi, dovrà essere piena fino all’orlo della vostra missione. Questa perfetta coincidenza nella vostra coscienza fra la vostra identità e la vostra missione è quanto al vostro essere la verginità; quanto al vostro vivere l’obbedienza.

Come è noto, domenica 3 giugno, nei pressi dei Mosul in Iraq è stato martirizzato Padre Ragheed Ganni. Un suo amico racconta. "Non potrò mai dimenticare il giorno della tua ordinazione all’Urbaniana … con le lacrime agli occhi, mi avevi detto: oggi sono morto per me". Cristo vi dona, cari ordinandi, di morire per voi e vivere solo per Lui e quindi per la sua Chiesa. Ancora una volta il Precursore ci aiuta.

Egli ha definito se stesso "una voce". Che definizione stupenda della propria identità! Che cosa c’è di più fragile, di più inconsistente, di più temporaneo che la voce? Eppure quella voce disse al mondo il Verbo fatto carne: e diminuì il suo suono fino a scomparire. Sia così di ciascuno di voi: pura presenza ed annunzio di Cristo. "Voi lo amate, pur senza averlo visto, e ora senza vederlo credete in lui! Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa".