Domenica Trentatreesima per annum (C)
Ganzanigo, 17 novembre 2013
Cari fedeli, la pagina del Vangelo oggi non è di facile comprensione. Preghiamo il Signore perché la mia parola vi sia di aiuto, ed il vostro cuore sia docile alla voce dello Spirito Santo. Egli ci guida attraverso le S. Scritture.
1. L’inizio della pagina è semplice. Gesù si trova coi suoi discepoli nel tempio, i quali esprimono tutta la loro meraviglia per la bellezza della costruzione. Ma Gesù dice: "verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta". Dunque Gesù prevede che il Tempio sarà distrutto. Cosa che effettivamente accadde. Nell’anno 70, l’esercito romano guidato da Tito raderà al suolo il Tempio, lasciando in piedi solo un muro, che sarà chiamato il "muro del pianto". Esiste tuttora.
E fino a questo punto, il testo è chiaro. Ma Gesù, facendo propria una lunga tradizione profetica che troviamo in Isaia, Geremia, Ezechiele ed altri profeti, vede nella distruzione del Tempio il segno, il simbolo di un altro evento, il Giudizio di Dio, che porrà fine alla storia umana.
La vicenda umana, la storia umana non è destinata a durare per sempre. Essa è come una linea che tende verso un punto, una strada verso una meta finale. La meta finale, il momento che porrà termine a tutta la vicenda umana è il Giudizio del Signore: è il giorno in cui il Signore giudicherà tutte le genti.
La prima lettura, attraverso una grande metafora, ci dona una qualche comprensione del Giudizio del Signore. "Ecco" comincia la descrizione "sta per venire il giorno rovente come un forno". Dunque, immaginiamoci un giorno con una temperatura così rovente che nessuno può resistere.
Ma questo "sole rovente" ha due effetti contrastanti. Il primo: "tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno venendo li incendierà in modo da non lasciare loro né radice né germoglio". Il secondo: "per voi, invece, cultori del mio nome sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia".
Cari fratelli e sorelle, è una descrizione del Giudizio del Signore straordinaria. Nella vicenda umana si incrociano ingiustizia e giustizia; in essa convivono oppressori ed oppressi, prepotenti ed umiliati. La morte non sarà una spugna che cancella tutto, trattando tutti allo stesso modo. Alla fine ci sarà un giudizio definitivo ed inappellabile che metterà in ordine tutto; che non permetterà che l’oppressore sieda alla stessa tavola dell’oppresso. L’avete sentito dal profeta: "tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia". Pensate, che cambiamento di condizione! Chi si gloriava della sua potenza, coloro per i quali giustizia è il loro potere, saranno ridotti a paglia. Mentre per i giusti il Giudizio di Dio sarà la luce benefica dell’Amore del Signore. L’ingiustizia non sarà l’ultima parola della storia.
Il Giudizio di Dio quindi è giustizia e misericordia. Se fosse solo misericordia, Dio non darebbe risposta alla nostra ragionevole domanda di giustizia. Se fosse solo giustizia, Dio sarebbe solo da temere.
2. Ritorniamo ora alla pagina evangelica. "Maestro" chiedono i discepoli "quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?". Sempre gli uomini si sono chiesti: "ma quando finirà il mondo?" Gesù però non risponde a questa domanda, ma al riguardo ci dice qualcosa di più importante.
Il tempo che ora stiamo vivendo è il tempo della testimonianza evangelica in mezzo a difficoltà e persecuzioni; è il tempo del coraggio e della pazienza mentre viviamo "con sobrietà, giustizia e pietà, in attesa della venuta del Signore nostro Gesù Cristo".
Noi – ci insegna il Signore – dobbiamo ora vivere rivolti verso il Giorno del Signore, ma dentro alla quotidiana resistenza al male e fondati sulla speranza della vita eterna con Gesù. Il senso del nostro essere nel tempo è l’eternità, e per poter vivere nel tempo rivolti verso l’eternità che è il suo senso, occorre la perseveranza: "Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime", dice il Signore. Non si rende giustizia né all’uomo né a Dio se si chiude la propria vita dentro una vita quotidiana che ha solo come prospettiva la morte.
|