DOMENICA DI PASQUA
Cattedrale di S. Pietro, 16 aprile 2006
1. "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocefisso. È risorto, non è qui". Queste parole rivolte alle donne andate ad imbalsamare il cadavere di Gesù, esprimono tutto il mistero che oggi la Chiesa inizia a celebrare e continuerà a celebrare per cinquanta giorni: Gesù nazareno, il crocefisso, è risorto. In questa semplice proposizione è riassunta in radice tutta la fede cristiana. È cristiano chi ritiene vera questa proposizione.
Per coglierne il significato è bene notare subito di chi si parla. È di uno morto e crocefisso e già sepolto. Le donne lo cercano "entrando nel sepolcro" [cosa possibile, perché i sepolcri erano grotte naturali o scavate nella roccia]. Di questo morto e sepolto – Gesù Nazareno – viene detto: "è risorto", e pertanto non deve più essere cercato dentro un sepolcro. E che cosa significa "è risorto"? Non il ritorno alla vita di prima che comunque sarebbe inesorabilmente terminata prima o poi nella morte definitiva. Significa che il "cadavere Gesù nazareno" viene vivificato da una vita che, pur non perdendo le caratteristiche proprie della vita umana, non potrà più essere distrutta dalla morte. In una parola: l’umanità di Gesù, il suo corpo, è divenuta partecipe dell’incorruttibile vita divina.
Carissimi fedeli, questo è il fatto che la Chiesa oggi narra a tutti coloro che vogliono ascoltare. Vale la pena soffermarci un poco su questo. Annunciando oggi la risurrezione di Gesù nel senso preciso sopra spiegato, la Chiesa non dà forma simbolica ad un desiderio inestinguibile del cuore umano, il desiderio di immortalità. Non intende neppure raccomandare all’uomo di tenere sempre viva nella memoria la "causa di Gesù" come fattore di vera promozione dell’uomo e della civiltà. La Chiesa oggi compie una operazione molto più semplice: narra semplicemente un avvenimento realmente accaduto. Come per la prima volta ha fatto Pietro, la cui narrazione molto elementare abbiamo ascoltato nella prima lettura. "Essi lo uccisero appendendolo ad una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno".
2. "E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli [il Risorto] è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio".
Noi sappiamo bene che non tutti i fatti che accadono hanno la stessa importanza. Il fatto narrato oggi dalla Chiesa è testimoniato come il fatto centrale dell’intera vicenda umana, dal momento che in forza della sua risurrezione, Gesù "è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio", e dal momento che "chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome".
Questo fatto, più concretamente Gesù nazareno risorto, è il giudice della vita di ogni uomo. Egli, che la giudicherà nella sua totalità alla fine, la giudica ogni giorno, ogni ora. In che senso?
Colla risurrezione di Gesù l’esito definitivo, il capolinea del nostro vivere – del nostro gioire e soffrire, del nostro amare e lavorare – non è più scontato, poiché non è inevitabilmente uno solo: il nulla, la morte che alla fine distrugge tutto. È, può essere anche l’essere pieno, la vita nella pienezza di una beatitudine senza fine. La descrizione del poeta secondo la quale "Al gener nostro il fato/ non donò che il morire" [G. Leopardi, A se stesso, vv10-11], da oggi è vera solo in parte: "al gener nostro Dio ha donato oggi la possibilità di vivere nella nostra umanità – più materialmente: nel nostro corpo – una vita eterna". Quali di questi due possibili esiti finali sia il mio, il tuo, dipende dalla posizione che ciascuno assume di fronte a Cristo. È Lui la scriminante dei destini umani: chi crede in Lui ha già la vita eterna in se stesso; chi non crede si autocondanna alla morte eterna. Chi crede in Lui sconfigge in sé il nulla; chi non crede ne è sconfitto. Il fatto narrato oggi dalla Chiesa diventa pertanto mediante la fede un fatto che accade anche in chi crede.
3. Carissimi fedeli, vorrei precisamente concludere fermandomi a descrivere che cosa concretamente accade in chi crede nel fatto della risurrezione del Signore. La preghiera della Chiesa fatta all’inizio ci mette sulla strada: essa chiedeva per chi celebra la Pasqua di "rinascere nella luce del Signore risorto".
Immaginiamo: che cosa accade quando trovandoci in un notte completamente buia, senza luna né stelle, sorge il sole? Nasce la realtà: la realtà di ogni cosa; la realtà delle persone. Siamo introdotti dentro la realtà. Che cosa accade in chi crede nel Signore risorto? "rinasce nella luce" dice la liturgia della Chiesa.
L’uomo guarda la realtà, ogni realtà, con un’intelligenza che ne fa scoprire l’intima verità; con un’affezione che ne fa amare, cioè apprezzare l’intrinseca bontà. È un’immersione dentro alla verità ed alla bontà delle cose, che vince la malattia mortale dell’uomo di oggi: il deprezzamento della realtà cui si nega ogni senso che non sia costruito dall’uomo. Un deprezzamento che estingue ogni desiderio, e toglie in fondo ogni serietà alle nostre scelte.
E quando parlo di realtà, penso all’amore dell’uomo per la donna; penso alla passione di ogni genitore per il bene vero del proprio figlio; penso alla nobiltà del lavoro umano; penso al significato che può avere il nostro soffrire e morire.
"Rinascere nella luce del Signore risorto": è l’avvenimento più grande che possa accadere all’uomo. La Chiesa oggi celebra la sua liturgia perché questo avvenimento possa accadere in ciascuno di noi.
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