Esaltazione della Santa Croce
Poggio, 14 settembre 2009
1. La divina Provvidenza ci dona di iniziare la nostra Tre giorni sacerdotale nella luce della Croce di Cristo. Essa dovrà illuminare tutto il nostro cammino di questi giorni.
"Dio … ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". Cari fratelli, questa divina Parola ci conduce alla sorgente di tutta l’opus Redemptionis, dentro cui si radica il nostro ministero pastorale. È l’inspiegabile amore del Padre "per noi uomini e per la nostra salvezza", che sta all’origine di tutto. Che sta all’origine del dono del suo Unigenito; della "messa a disposizione" degli uomini del Figlio Unigenito. È stato donato, senza condizioni e senza limiti: "perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna".
L’apostolo Paolo nella seconda lettura ci rivela i pensieri dell’Unigenito donato ad inviato; il contenuto della disponibilità dell’Unigenito ad essere mandato nel mondo non "per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui".
Egli, l’Unigenito, nel momento di essere donato-inviato, "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio". Siamo introdotti da queste divina parole nell’abisso insondabile dell’obbedienza-disponibilità del Figlio alla rinuncia della sua condizione divina. Ciò che accadde fra il Padre ed il Figlio nella dimora trinitaria, echeggerà nelle parole eucaristiche del Cristo che istituisce l’Eucaristia: "prendete, mangiatene tutti". "Lo spezzò, lo diede" [fregit-dedit]: è la conseguenza di una fedeltà incondizionata alla decisione di "non considerare un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio".
La Madre di Dio, penetrando colla sua fede nella logica del piano divino, ha percepito in tutto il suo splendore che la vera forza di Dio si trova agli antipodi del potere umano: "ha rovesciato i potenti dai troni; ha innalzato gli umili". "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo". La glorificazione di Cristo è la sua crocifissione perché Egli regna solo mediante la testimonianza della verità dell’amore. Ha un solo potere, quello di amare: "quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me".
2. Cari fratelli, il nostro ministero pastorale si inserisce e si radica dentro a questa divina economia. Il nostro esserci ha la sua unica e totale spiegazione in essa. La nostra esistenza bagna le sue radici dentro al fatto che "Dio … ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". La nostra libertà è stata sequestrata dall’obbedienza-disponibilità del Figlio ad essere "spezzato e donato": fregit-dedit.
Dobbiamo guardarci dal registrare questo inserimento della nostra persona e vita nell’economia della salvezza in primo luogo, in categorie etiche: devo imitare la carità, l’umiltà, l’obbedienza del Cristo. Questo è certamente necessario, ma è secondario.
È il cambiamento della nostra persona che ci è stato donato dal sacramento dell’Ordine. O meglio: il sacramento dell’Ordine ha operato come una sorta di dis-locazione della nostra persona da se stessa in Cristo. Tutto il resto è una conseguenza di questo opus operatum del sacramento: posso agire "in persona Christi" perché ne sono oggettivamente il suo sacramento vivente. Non dimentichiamo mai, neppure per un istante, questo evento sacramentale, durante questi giorni. È esso la prospettiva giusta di tutta la nostra riflessione che faremo.
Cari fratelli, abbiamo da poco concluso l’Anno paolino ed iniziato l’Anno sacerdotale. Le due esperienze ci aiutano a capire la Parola letta.
L’esperienza di Paolo. È stato l’incontro con Cristo, la rivelazione che il Padre gli fece del Figlio, il fatto che egli fece capire definitivamente il vero senso della sua vita. Tutta la sua vita è vista ed interpretata alla luce di quell’evento.
L’esperienza di S. Giovanni M. Vianney. Egli ha vissuto e compreso il suo sacerdozio semplicemente come l’opus redemptionis di Cristo, che si realizzava mediante la sua persona di povero prete.
Cari fratelli, durante questi Tre giorni Dio Padre "ci dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati nell’uomo interiore, così che siamo resi capaci di conoscere l’amore di Cristo" per l’uomo. L’amore redentivo, l’opus redemptionis: unica ragione d’essere del nostro sacerdozio.
|