Solennità di Pentecoste
Cattedrale, 12 giugno 2011
1. La pagina degli Atti che abbiamo ascoltato narra il ricostituirsi dell’unità della famiglia umana come opera dello Spirito Santo. Il segno, il simbolo della compiuta unificazione è il seguente: "costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? e com’è che li sentiamo ciascuno parlare nella nostra lingua nativa?". Ciascuno parla la propria lingua: è rispettato ed affermato nella propria identità; tutti comprendono tutti: la propria identità non distrugge l’unità ricostruita.
Come deve essere intesa questa pagina? come una sorta di "indicazione di un ideale" a cui l’uomo deve tendere, la narrazione di un sogno che rivela un bisogno dell’uomo oppure come un fatto realmente accaduto e dunque possibile? Lasciamo per il momento inevasa questa domanda, e riascoltiamo l’Apostolo.
"Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo".
L’affermazione è davvero singolare. Cristo è Gesù di Nazareth nato da Maria, vissuto duemila anni orsono in Palestina. Ma questi stesso è il Figlio del Dio vivente, il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti gli uomini.
É questa singolarità unica di Cristo che conferisce a Lui un significato assoluto ed universale. Egli è al contempo una precisa persona in carne ed ossa ed è anche inscindibilmente unito – fino a formare un solo corpo – con tutti coloro che nella fede e nei sacramenti, aderiscono a Lui. Egli è uno nei molti ed è molti nella sua unicità singolare: pur essendo uno ha molte membra e tutti noi, sue membra, siamo con Lui in un solo corpo. Ascoltiamo ancora l’Apostolo: "in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito".
Ritorniamo ora alla domanda rimasta senza risposta. Il fatto narrato nella prima lettura non è dunque l’indicazione di un ideale o la metafora/mito di un desiderio di ogni uomo. È l’inizio della realizzazione del disegno di Dio sull’umanità: ricapitolare tutte le cose in Cristo, che abbatte i muri di ogni separazione [cfr. Ef 1, 10 e 2, 14]. Un inizio, un principio che è operante anche oggi nella tribolata vicenda umana. Il fatto nella Liturgia non è solo ricordato, ma è rivissuto nella sua potenza redentrice.
2. La celebrazione liturgica tuttavia non è evasione dalla nostra condizione presente. Non possiamo quindi non chiederci: ma se questa riunificazione della famiglia umana è già in atto, come possiamo spiegarci l’impossibilità che tutti avvertiamo di creare un’unità che rispetti la propria identità? o non vediamo piuttosto ogni giorno che l’affermazione della propria identità diventa paura ed esclusione dell’altro, del diverso, dello straniero? Cari amici, qui tocchiamo il cuore del dramma della modernità, del dramma dei nostri giorni.
Lungo i secoli che stanno alle nostre spalle si è consumato un processo di delegittimazione della fede cristiana ad essere creatrice di civiltà e di unità. Potremmo dire: un processo di negazione della verità della prima lettura; di negazione della solennità di Pentecoste come evento che continua ad accadere nella storia.
Naturalmente l’uomo ha bisogno di vivere nell’unione con l’altro. E così sono state elaborate figure di unificazione sostitutive dell’evento della Pentecoste: la Natura, la Ragione, la Scienza, lo Stato, il Mercato. La storia del secolo che sta alle nostre spalle ha dimostrato a quali conseguenze tragiche hanno potuto portare alcune di quelle sostituzioni: i campi di concentramento nazisti e il gulag comunisti.
Il risultato di oggi è sotto i nostri occhi. È un uomo che incredulo di fronte al mistero della Pentecoste, si è trovato in una paurosa solitudine, nella quale resta solo, nel deserto di un individualismo vissuto con una libertà concepita come puro arbitrio. Una disperata, anche se non raramente gaia, solitudine.
Dunque, cari amici, nella storia contemporanea si è come sviluppato un conflitto, o meglio una sfida contro il mistero che celebriamo in questa solennità, una sfida contro l’universalismo cristiano.
Ma dentro a questa contraddizione, la Chiesa – come vedete – continua a celebrare la Pentecoste. Ad immettere cioè dentro la storia, anche oggi, la forza unificante dello Spirito di Gesù, ed è questa che alla fine certamente "riunirà i linguaggi della famiglia umana, nella professione dell’unica fede". Anche noi in questo momento in questa Santa Liturgia facciamo opera di unità, poiché rendiamo presente ed operante nella storia umana l’evento della Pentecoste.
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