TERZA DOMENICA DI AVVENTO (A)
Sant’Antonio La Dozza
12 dicembre 2004
1. "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?". La domanda che Giovanni fa a Cristo attraverso i suoi discepoli è, deve essere anche la nostra domanda. È infatti una domanda che nasce nel cuore di ogni persona che non voglia rinunciare alla sua grandezza.
"Dobbiamo attendere", dice Giovanni. Dobbiamo, sottolineo. Ma è proprio vero che l’attesa è una dimensione essenziale della nostra persona, una sua esigenza? Certamente noi abbiamo tante attese, piccole e grandi. Se una persona cara è assente da molto tempo, noi siamo in attesa del suo ritorno. Se abbiamo fatto esami clinici seri, siamo in attesa dei risultati. Se siamo oppressi da preoccupazioni, noi attendiamo, cioè speriamo che le cose si mettano per il meglio. Questi pochi esempi ci fanno capire che ogni volta che noi sentiamo il bisogno di qualcosa, noi lo attendiamo, lo desideriamo, lo speriamo.
Ma proviamo ora, carissimi fedeli, a farci una domanda: i nostri desideri, le nostre attese, le nostre speranze riguardano beni come la salute, la sicurezza del lavoro, un sufficiente benessere? Oppure c’è nel nostro cuore il desiderio, l’attesa di "qualcosa d’altro" più importante della salute, del lavoro, del benessere? per che cosa noi siamo fatti, ultimamente? Non c’è dubbio che ciascuno di noi vuole vivere, ma non in qualsiasi modo, ma dignitosamente e sensatamente. Vuole non solo vivere, ma essere felice di vivere.
Proviamo ora a riascoltare la domanda di Giovanni: "sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?" Ora il senso pieno della domanda è chiaro: "sei tu colui che è capace di farmi vivere dignitosamente e sensatamente; di donarmi la vera gioia di vivere, oppure devo attendere tutto questo da una altro?" È la domanda più provocatoria che possiamo rivolgere a Cristo. È la domanda sul senso stesso della sua opera.
Che cosa risponde a Gesù? Nel modo più semplice possibile: "andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete…". Non vi dimostro chi sono; vi mostro ciò che sto facendo. "I ciechi ricuperano la vista": la parola di Gesù, la sua morte e risurrezione sciolgono l’enigma della vita; illuminano il buio che è nella nostra mente, perché non sappiamo da dove veniamo e dove andiamo.
"Gli storpi camminano": Egli è colui che dona all’uomo la capacità di camminare, cioè di essere veramente liberi di fare il bene.
Ricordatevi quello che ci ha detto il profeta nella prima lettura. Il "deserto", la "terra arida", la "steppa arida" rifioriscono alla venuta del Signore. Il deserto che è attorno a noi ed in noi; la terra bruciata che abbiamo fatto attorno a noi: siamo divenuti estranei gli uni agli altri; tante case, ma nessuna vera dimora. "Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti … Non temete; ecco il nostro Dio … Egli viene a salvarvi".
2. Carissimi ragazzi, fra pochi istanti riceverete la S. Cresima. In ciascuno di voi la parola dettaci dal profeta si adempirà in modo eminente. Sarete irrobustiti; sarete resi saldi. Irrobustiti da chi? dalla forza dello Spirito Santo che vi sarà ora donato. Saldi in che cosa? nella vostra fede e professione cristiana. Allora vi dico col profeta: "Non temete; ecco il vostro Dio" oggi vi dona la sua fortezza, perché iniziate a vivere la vostra fede con coerenza.
Dovete solo essere fedeli al cammino che oggi iniziate. Non abbandonate la comunità parrocchiale che vi guiderà attraverso la catechesi. Non mancate alla celebrazione festiva dell’Eucarestia. Ascoltate la promessa che oggi il Signore fa in modo particolare a voi e si adempirà se sarete fedeli: "felicità perenne splenderà sul [vostro] capo; gioia e felicità [vi] seguiranno", per sempre.
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