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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


BATTESIMO DEL SIGNORE
Cattedrale, 8 gennaio 2006


1. "In quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato da Giovanni nel Giordano". Così, in maniera essenziale, Marco narra il mistero che oggi celebriamo, e che conclude le celebrazioni natalizie.

È importante, per coglierne il senso, che ci ricordiamo come Giovanni battezzava. Il penitente entrava nella corrente del Giordano. Giovanni versava sul capo del penitente l’acqua, cosicché questi ne era come sommerso. Gesù vive questo rito: "fu battezzato da Giovanni nel Giordano".

Se prestiamo però bene attenzione al racconto evangelico, possiamo costatare che Marco è più interessato a ciò che accade dopo il battesimo: i cieli si aprono; discende lo Spirito Santo; si sente una voce dal cielo. Ed è su questo triplice avvenimento che anche noi dobbiamo porre la nostra attenzione.

Prendiamo subito nota di un particolare: quei tre avvenimenti accadono "uscendo dall’acqua", quando Gesù esce dalla corrente del fiume. Ad una lettura superficiale questo particolare non dice nulla, ma a chi ha dimestichezza con la parola scritta di Dio, come ogni credente deve avere, quelle parole – "uscire dalle acque" – richiamano subito l’avvenimento che ha fondato la comunità di Israele. Fu quando "uscì dalle acque del mar Rosso" che divenne un popolo libero, liberato definitivamente dalla schiavitù egiziana.

Esiste una corrispondenza profonda fra le due "uscite dall’acqua", quella di Israele e quella di Gesù. Quanto era stato prefigurato nella prima Alleanza si realizza pienamente con ed in Gesù. Egli ci fa passare dal "potere delle tenebre e ci trasferisce nel suo regno di luce infinita". Quanto l’evangelista Marco narra con sconcertante semplicità non è altro che l’intero avvenimento della nostra salvezza, come è indicato dall’apertura dei cieli e dalla discesa dello Spirito Santo.

L’apertura dei cieli. La S. Scrittura narra che subito dopo il peccato dell’uomo, "il Signore Iddio lo scacciò dal giardino di Eden… e pose ad oriente del giardino dell’Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita" [Gen 3,23-24]. Attraverso questo linguaggio figurato la parola di Dio vuole insegnarci che a causa del peccato l’uomo si è interdetto l’accesso alla vita vera; si è posto in una condizione di morte non solo fisica; si è precluso il dialogo col suo Creatore. Gesù immergendosi nell’acqua ed uscendo da essa, atto che significa la sua morte e risurrezione, ci ha "aperto il cielo". Egli ci ha riaperto la via alla vita; colla sua morte ci ha donato la vita eterna.

Il segno che con quel gesto Gesù ha cambiato la nostra condizione umana, è che lo Spirito Santo scende sopra di Lui. È il dono dello Spirito Santo che ci trasforma e ci divinizza. Lo Spirito viene ad abitare nella santa umanità del Signore, e da essa si effonde su ogni credente. Su ciascuno il Padre può dire: "tu sei mio figlio", poiché lo Spirito rende ciascuno di noi conformi all’Unigenito nel quale il Padre si compiace.

Come vedete, carissimi, all’inizio dell’anno è tutto l’avvenimento della salvezza che ci viene narrato.

2. Oggi quattro nostri fratelli si candidano pubblicamente al diaconato permanente: al servizio da rendere al Corpo eucaristico di Cristo, ed al suo Corpo mistico che è la Chiesa nelle membra più povere.

Mentre la Chiesa gode di questo dono e ne ringrazia il Signore, ascolta assieme a voi soprattutto, carissimi candidati, la parola profetica perché essa fa capire tutta la drammatica urgenza del vostro servizio.

"Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia?" dice il profeta agli uomini. Il patrimonio dell’uomo, di ogni uomo, è la sua umanità: energia di amore e di conoscenza; è la sua libertà. Tutto questo l’uomo non raramente spende "per ciò che non sazia". Quanti dilapidano quotidianamente il patrimonio della propria umanità!

Voi, carissimi candidati, sarete inviati, così come noi tutti servi del Signore, siamo già stati inviati, per dire ai nostri fratelli in umanità: "o voi tutti assetati, venite all’acqua".

Venite all’acqua del Giordano. Il nostro Giordano è Cristo, poiché in Lui dobbiamo essere battezzati per uscire dalle acque rinnovati. Il nostro paradiso terrestre è Cristo da cui esce un fiume [cfr. Gen 2,10-12] che ci dona l’acqua che ci purifica dai nostri peccati; l’acqua che ci disseta colla sua sapienza; l’acqua che fa crescere pensieri santi nella nostra mente e scelte giuste dalle nostre libertà; l’acqua che nello Spirito scalda il nostro cuore.

Incontriamo Cristo e vedremo il cielo aprirsi su di noi e lo Spirito Santo discendere sulla nostra persona, per renderci figli di Dio.