Solennità di S. Petronio
Basilica di S. Petronio, 4 Ottobre 2009
1 . "Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri".
Cari fratelli e sorelle, questa parola dell’Apostolo è rivolta questa sera non solo alla comunità dei credenti, ma a tutta la nostra città, simbolicamente presente per intero in questa basilica, onore, prestigio e delizia di ogni bolognese.
Essa, la parola dell’Apostolo, ci richiama a quel "patto di cittadinanza" che è principio e fondamento di ogni città vera: "siamo membra gli uni degli altri". È infatti la coscienza di una reciproca appartenenza, della condivisione di un medesimo destino e della responsabilità del bene comune, che lungo i secoli ha disegnato il vero volto di questa città. È la medesima coscienza che ora deve rigenerare i suoi tessuti connettivi.
L’umile successore di S. Petronio, completamente alieno – lo dico davanti a Dio – da ogni altra intenzione e disegno che non sia il vero bene comune di questa città, ripete in questa occasione tanto solenne le parole dell’Apostolo: "ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri". Che cosa significano queste parole, in questo momento, per la nostra città? Un invito a rifondare il patto di cittadinanza.
Gentili Autorità, cari fratelli e sorelle, cari amici, ciò che tiene unita una comunità non è, non deve essere, solo la convergenza dei privati interessi. Non è, non deve essere, neppure solo il reticolato di reciproci diritti e doveri. Ma il più profondo tessuto connettivo è costituito da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione. [Cf. Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate 6,2].
Ciò che ognuno porta all’altro, la prima ricchezza che ciascuno mette a disposizione di ogni altro è semplicemente la sua propria natura umana. Chi dice infatti "natura umana" dice desiderio e bisogno di verità e di libertà, di bontà e di giustizia, di bellezza e di lavoro. La prima ricchezza di Bologna è ogni persona umana che vi dimora.
"Rifondare il patto di cittadinanza" significa in primo luogo consentire a ciascuno di essere ciò che in realtà è: un dono per l’altro. A ciascuno: dal bambino all’anziano.
Al patto di cittadinanza dunque non pre–esiste il niente: non entriamo nella comunità cittadina come materia informe che viene poi plasmata e configurata dai rapporti e dalle istituzioni. Al patto di cittadinanza preesiste l’essere "ciascuno per la sua parte membra gli uni degli altri". Preesiste quella prossimità dell’uno all’altro che si radica nella comune appartenenza alla stessa umanità; anzi – diciamo la parola più grande – preesiste la fraternità, la sola capace di affermare la diversità nell’uguale dignità: "e voi siete tutti fratelli", ci ha detto il Signore nel Vangelo.
"Rifondare il patto di cittadinanza" significa introdurre sempre più profondamente nella nostra città l’esperienza della fraternità, e quindi la logica del dono come sua espressione coerente [Cf. doc. cit. 19 e 36].
A questo punto non posso non porre alcuni gravi interrogativi: siamo ancora capaci di parlare la lingua comune della nostra umanità e della vera fraternità? Siamo ancora capaci di ascoltare l’invocazione della persona umana già concepita che chiede di nascere e non essere soppressa, dello straniero che domanda di non essere considerato un potenziale nemico o comunque un estraneo in umanità, della persona che chiede di aver accesso al lavoro, dell’ammalato terminale che domanda di essere rispettato nel suo diritto alla cura della sua persona? Esiste una comune lingua umana, regolata da una comune "grammatica umana" costituita dalle originarie esigenze della natura umana.
"Rifondare il patto di cittadinanza" significa reimparare a parlare questa lingua nel rispetto della sua grammatica: la lingua e la grammatica della fraternità.
2. Gentili Autorità, cari fratelli e sorelle, cari amici, lungo la sua storia plurisecolare Bologna ha avuto bisogno altre volte di interrogarsi sulle ragioni del suo esserci, sulle ragioni della sua convivenza civile: di "rifondare il patto di cittadinanza". Ed è sempre stata in grado di farlo. Sono sicuro che anche ora lo farà.
A questa rifondazione è chiamata la Chiesa, la comunità dei credenti come tale. Se si eccettuano i residui di un obsoleto laicismo – "non ti curar di loro, ma guarda e passa", viene da ripetere col poeta – non c’è oggi persona retta che non veda l’imprescindibile contributo della Chiesa. Essa, la Chiesa di Dio in Bologna, non ha soluzioni tecniche da offrire a chi ci amministra: non è suo compito. Il suo contributo è la caritas in veritate. Ha una missione di verità da compiere; dire la verità sull’uomo, perché solo con questa profezia della verità e della carità, la nostra città sarà impedita di cadere in una visione scettica della convivenza sociale [Cf. doc. cit. 9,2].
A questa rifondazione è chiamata la Municipalità. Mentre facciamo i migliori auguri a lei, Signor Sindaco, alla Giunta ed al Consiglio Comunale neo–eletti ed all’inizio ancora del mandato popolare, assicuriamo la nostra quotidiana preghiera. La forma pubblica della nostra città è affidata in primo luogo a voi. A voi è affidato il compito che la nostra città sia veramente la casa in cui è possibile parlare la comune lingua umana; in cui le istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente la vita associata della nostra città, difendano e promuovano la prossimità e la fraternità.
A questa rifondazione sono chiamati tutti coloro che a diverso titolo sono impegnati nell’ambito economico. I recenti gravi fatti hanno insegnato a tutti che o la logica mercantile è finalizzata al bene comune o essa crea il deserto in tutti i sensi. È alle organizzazioni sindacali e alla classe imprenditoriale che mi rivolgo. È la "causa dell’uomo" la causa che avete in comune. Più precisamente: dell’uomo che lavora, del lavoro umano. Sia esso la vostra comune e principale preoccupazione.
A questa rifondazione dona il contributo decisivo la famiglia. È in essa che l’uomo impara la comune lingua umana e la grammatica che la regola: è in essa che vive l’esperienza di fraternità che è amore condiviso. La qualità di vita della nostra città dipenderà ultimamente dalle condizioni delle nostre famiglie. Chi in un modo o nell’altro non riconosce questa inconfondibile soggettività della famiglia, ha già insidiato il patto di cittadinanza nelle sue clausole fondamentali.
A questa rifondazione sono chiamati a contribuire chi ha responsabilità educative. E’ dentro al rapporto educativo che la tradizione diventa proposta di vita; presenza ragionevolmente e liberamente accolta; nel cuore delle giovani generazioni desiderio appassionato di una vita vera e buona.
O amata città di Bologna! Sii degna della tua grandezza e vocazione: prendi forza e coraggio, radicata nella tua grande tradizione umana e cristiana. Alzati, e cammina!
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