Solennità di S. Petronio, Patrono della città e diocesi di Bologna
Basilica di S. Petronio, 4 ottobre 2007
1. "Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri". Miei cari fratelli e sorelle, questa parola di Dio ci introduce nella profondità dell’avvenimento che stiamo iniziando e vivendo.
Ci troviamo a celebrare i divini Misteri nella basilica più cara al popolo bolognese, gioia dei nostri occhi e onore della nostra città, per venerare il nostro Patrono; e per iniziare le solenni celebrazioni conclusive del Congresso Eucaristico Diocesano.
Il nostro non è il fortuito incontro di estranei, ma l’espressione di un’unità che fa di noi tutti un solo corpo, e di ciascuno un membro di ogni altro. Il vero miracolo accaduto e che, nonostante tutto, continua ad accadere anche nella nostra città è che "noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo".
Petronio viene da sempre raffigurato tenendo nella sua mano la nostra città. Egli ne è stato il costruttore poiché l’ha edificata "in Cristo", memore della parola evangelica appena ascoltata: "e non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro. Cristo". La memoria del patrono è memoria delle nostre origini, per avere il coraggio e la forza di progettare il futuro. E la vostra presenza ogni anno più numerosa dice che non volete rassegnarvi alla decadenza della nostra città; che non volete lasciarla ai vostri figli meno grande di come l’avete ricevuta.
Il santo patrono, fedele alla parola evangelica appena udita, orienta la nostra attenzione a Cristo, eucaristicamente sempre presente in mezzo a noi. Questa celebrazione apre il Solenne Triduo del Congresso Eucaristico Diocesano, che celebriamo consapevoli e certi che chi incontra Cristo, chi è in Cristo diventa una nuova creatura.
Miei cari fedeli, questo messaggio del Congresso - "chi è in Cristo è una nuova creatura" - ci introduce nel "cuore" del dramma della nostra città. Quante volte nella sua ormai più che millenaria storia ha dovuto rinnovarsi per non morire, e in un certo senso risorgere per non congedarsi dalla storia! Questo che viviamo è uno di questi momenti.
C’è ancora nel cuore di ogni bolognese la volontà di non rassegnarsi a che la sua città imbocchi il viale del tramonto? C’è ancora nel cuore di ogni bolognese un amore così appassionato alla sua città da non permettere che essa, per secoli maestra di umanità, si congedi dalla storia? C’è ancora nel cuore dei padri il desiderio di trasmettere ai figli in un processo veramente educativo l’identità di un popolo, senza lasciarsi insidiare da un concetto, da un’esperienza, corrotti, di tolleranza che permette tutto ed il contrario di tutto?
La vostra presenza in questo tempio, il nostro ritrovarci durante questo Triduo attorno alla sorgente di ogni novità, dice già con grande, eloquente chiarezza la vostra risposta a quelle domande presenti in ogni bolognese pensoso del destino della propria città. Dice che non volete rassegnarvi alla decadenza spirituale e civile della nostra città.
2. La memoria del Patrono è anche intercessione perché, come abbiamo sentito nel Salmo, ci sia "dato coraggio" e ci sia "indicato il sentiero della vita". Umile successore di S. Petronio, credo sia mio grave dovere non sottrarmi al compito di dirvi in un’occasione tanto solenne come questa anche qualche parola di esortazione. Anche l’apostolo Paolo mi invita a farlo: "abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno … chi [ha] l’insegnamento, [attenda] all’insegnamento: chi l’esortazione, all’esortazione".
Miei cari fedeli, nessuna volontà di ripresa può essere efficace se non recuperiamo una coscienza vigile e viva di appartenere ad una comunità; di possedere una identità. È questa coscienza che genera la percezione limpida e la cura indefessa del bene comune. Se si oscura la coscienza di appartenere ad una comunità, esisterà solo la cura del proprio interesse individuale o di categoria. È questa la radice principale della disgregazione della società "in tante monadi isolate … che non fanno che puntare l’una contro l’altra le armi dei loro diritti soggettivi", quando non dei loro interessi privati.
L’appartenenza ad una comunità, ad una identità civile non si riduce all’iscrizione del proprio nome nei registri dell’anagrafe del municipio di Bologna. Essa deve sostanziarsi di condivisione dei beni umani fondamentali. Ad un duplice livello. A livello cognitivo: su ciò che riteniamo essere decisamente importante per una buona vita umana ci dobbiamo trovare tutti in accordo. A livello volitivo: nessuno deve volere ciò che è più importante per sé a spese di ciò che è decisamente più importante per tutti. "Ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri", ci ha appena detto l’Apostolo.
Da dove nasce questa condivisione? Chi/ che cosa ne assicura la permanenza? Domande grandi e difficili. Lo spazio e la natura dell’omelia liturgica non consentono risposte articolate ed argomentate. Mi siano consentiti, per concludere, solo alcuni telegrafici accenni ad una risposta.
L’appartenenza ed il conseguente senso del bene comune è il risultato di due eventi spirituali che si richiamano vicendevolmente: la tradizione e l’educazione.
Sradicarsi dalla nostra tradizione progettando una sorta di "patto di convivenza" da sottoscrivere dimenticando o mettendo fra parentesi tutto ciò che definisce la nostra vita e la nostra persona così come la vita e la storia della nostra città, significa metterci su una strada che porta alla totale disgregazione. Ecco perché – lo dico sine ira et sine studio – ciò che nei mesi scorsi è accaduto nella nostra città riguardo ad uno dei tratti distintivi della sua identità, la devozione alla B.V. di S. Luca, deve fare riflettere seriamente ogni bolognese.
Ma la tradizione resta fonte inesauribile di vita solo mediante quel rapporto fra le generazioni che è l’educazione. Solo se la tradizione è custodita nell’atto educativo, mantiene intatta la sua forza, perché diventa capace di rispondere alle nuove sfide. Ciò di cui la nostra città ha soprattutto bisogno è di speranza. Essa è divenuta "fragile". Ma la speranza nel cuore del singolo e nel cuore di un popolo si riduce e perfino si inaridisce, se il singolo e la città ha la sensazione come di dover ripartire dal nulla. Nel nulla si può solo cadere; ma dal nulla non si ha nessun appoggio per ripartire. Più che mai oggi sono vere le parole di un grande poeta moderno: "Ciò che hai ereditato dai padri, acquistalo per possederlo" [Goethe]. Ancora una volta dico a me stesso e a voi tutti adulti: ponete al primo posto delle vostre preoccupazioni la condizione e l’educazione delle giovani generazioni.
Miei cari fratelli e sorelle, con questa celebrazione vespertina iniziamo il Sacro triduo eucaristico del Congresso. Il nostro Patrono ci ottenga che siano giorni di preghiera, di riflessione, di condivisione: perché Bologna riacquisti tutto quel coraggio di vivere, quella passione di costruire qualcosa di grande, che lungo i secoli l’ha resa maestra in umanità.
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