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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Festa di San Biagio
San Biagio di Cento, 3 febbraio 2012


Letture bibliche:
1° 2 Cron 24, 18-22 [pag. 765]
2° Rom 8, 31-39 [pag. 788]
Vangelo Lc 9, 23-26 [pag. 811]

1. "Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando verrà nella sua gloria". La vergogna minacciata dal Cristo nel momento del definitivo giudizio nei confronti di chi ha avuto paura o vergogna di proclamarsi suo discepolo, ci richiama alla serietà incomparabile della professione cristiana. È dalla posizione che l’uomo prende nei confronti di Cristo, che dipende il suo destino eterno; la gloria terrena, fosse anche dovuta al "guadagno del mondo intero", non impedirebbe a chi si vergognasse di Lui la perdita irreparabile della propria persona.

Il martirio cristiano, il martirio di San Biagio, nasce da questa intima certezza: nulla deve essere anteposto alla fedeltà a Cristo, alla sua sequela. La preferenza data a Cristo fino alla morte è generata nel martire dall’avere scoperto la verità cristiana centrale, che cioè in Cristo Gesù è apparsa la definitiva rivelazione dell’amore di Dio verso l’uomo. "Io sono infatti persuaso" dice il martire "che né morte né vita … né alcuna creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore".

Tuttavia oggi il martirio cristiano si guarda con occhi sospettosi. Esso, il martirio cristiano, proprio nella sua essenza di testimonianza data alla verità cristiana fino alla morte, non contraddice forse uno dei fondamenti della nostra civiltà, la tolleranza? Affermare, come fa il martire colla sua morte, di aver trovato una verità non insidiata da nessun dubbio, non è forse una pericolosa presunzione che deve essere abbandonata se si vuole superare la violenta intolleranza cha ha caratterizzato i rapporti fra le persone convinte di conoscere verità assolute? Il martire oggi è scomodo perché nella sua apparente sconfitta e pur essendo egli la vittima della intolleranza, contesta radicalmente la diffusa opinione che per annullare le tensioni basta annullare le differenze. Basta che tutti ci convinciamo che non c’è nulla di assoluto per cui valga la pena di vivere e quindi di morire; che non c’è verità da cercare nella vita, e quindi nessun motivo di combattersi.

Carissimi fedeli, il martire ripropone alla nostra coscienza la domanda fondamentale per ogni uomo: esiste una verità per cui valga veramente la pena di vivere e quindi anche di morire? E se esiste, che posto essa ha nella mia vita?

Il martire ci insegna che il riconoscimento della verità è la condizione più profonda della libertà, di fronte ad ogni potere di turno: "conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" [Gv 8, 32]. È la verità che rende liberi davanti al potere e dà la forza del martirio. È stato così per Cristo, modello e causa di ogni martirio, quando posto di fronte a Pilato disse: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità" [Gv 18, 37]. Che solo la verità renda liberi è dimostrato dal fatto che se non esiste verità, non esiste neppure una vera distinzione fra bene e male. Resta solo la differenza fra ciò che mi è utile e ciò che mi è dannoso: l’uomo diventa schiavo dell’utilitarismo, e di coloro che hanno il potere di decidere quale sia l’utile. La testimonianza che il martire rende alla verità coincide alla fine colla testimonianza al bene intangibile della persona umana; al bene intangibile che è la persona umana. La negazione dell’esistenza della verità [sul bene] trasferirebbe la vita sul piano del gioco. Può bastare a chi discute accademicamente, ma non a chi chiede se c’è un senso nel suo vivere, nel suo soffrire, nel suo morire.

2. Noi oggi celebriamo però non un martire qualsiasi, ma un martire che è vostro patrono. La scelta fatta dai vostri padri di porre la vostra città sotto la protezione di un martire ha profondi significati.

Il ricordo del martire è la fonte di una speranza che genera sapienza, lavoro e vita. Egli infatti ci dice, "grazie alla testimonianza del suo martirio", che la vera grandezza della vicenda umana sta nel possedere ragioni vere e forti per cui vivere; lavorare; appassionarsi all’educazione dei figli; edificare una comunità cittadina adeguata all’uomo: "conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".

Dio solo sa quanto bisogno abbiamo di questa speranza. Difficoltà di ogni genere ci stanno circondando. Abbiamo a volte l’impressione di essere entrati in un tunnel di cui non si vede la fine. Il martire ci ricorda quali sono le vere ragioni della nostra speranza: la fedeltà al Signore e alla sua Legge santa.

San Biagio, suo patrono, ricorda a questa città che la scelta di Cristo e la fede in Lui dalla quale è stata generata, è l’unico motivo pienamente valido dell’azione; è forte passione per ogni iniziativa; è perenne fecondità nell’operare. È la pienezza della vita.