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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Messa solenne per la festa di S. Biagio
Chiesa di S. Biagio di Cento (Fe), 3 febbraio 2009


1. Il testo evangelico appena proclamato dal diacono segue immediatamente il primo annuncio che Gesù fa della sua passione: "Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto … essere messo a morte". In questo modo la parola di Dio ci dice che la passione e morte di Gesù continua nella passione e morte dei martiri.

È vero in grado eminente del martire quanto l’Apostolo dice di se stesso: "completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo" [Col 1,24].

Scopriamo pertanto, cari fratelli e sorelle, che identica è la sorte di Gesù e la sorte del suo discepolo-martire. Proprio ieri abbiamo ascoltato e meditato la profezia di Simeone, pronunciata in occasione della Presentazione al tempio di Gesù: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione" [Lc 2,29]. Poco prima il santo vecchio aveva detto di Gesù: "luce per illuminare le genti". Dunque, la persona di Gesù è al contempo luce che illumina e segno di contraddizione. Come è possibile? Lo spiega profondamente Giovanni nel prologo del Vangelo: "la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta" [1,5]. Nel martirio del discepolo del Signore accade lo scontro supremo, il tentativo supremo delle tenebre di spegnere la luce: della menzogna di contraddire la verità.

2. Cari fratelli e sorelle, viviamo molti secoli dopo il martirio di S. Biagio, ma i tempi nel quali viviamo confermano pienamente la parola evangelica e la profezia di Simeone: Gesù è luce che illumina le genti e nello stesso tempo segno di contraddizione. È difficile, e sarebbe troppo lungo evidenziare tutte le forme nelle quali è confermata la parola evangelica. Mi limito solamente a tre.

La prima è costituita dalle tenebre di una così iniqua distribuzione della ricchezza, da oscurare la luce della carità evangelica e dell’amore privilegiato di Cristo per i poveri. La grande povertà di intere popolazioni prive dei più elementari beni della sussistenza umana e distrutte dalle malattie ha il significato profondo di un’opposizione a Cristo da parte dei potenti, opposizione che esige e genera il martirio della carità.

La seconda è costituita dal tentativo di oscurare nella coscienza dell’uomo la luce delle due evidenze originarie: essere uomini è infinitamente più che essere animali; il matrimonio, base e sorgente di ogni socializzazione umana, è fra un uomo e una donna. Mai come in questa forma di contraddizione a Cristo si è vista all’opera quel potere della menzogna, che esige e genera il martirio della verità.

La terza è costituita da una concezione subdola della libertà pubblica secondo la quale a tutti è concesso di partecipare al dibattito pubblico, meno che ai cristiani come tali. Nel momento in cui entrano nella discussione pubblica, essi devono lasciare fuori le loro convinzioni cristiane. È la sfida più provocatoria che è lanciata alla luce del Vangelo: "senza Dio, senza Cristo si vive meglio!", che esige e genera il martirio della pubblica testimonianza.

3. Martirio della carità, martirio della verità, martirio della pubblica testimonianza: dove troverà il discepolo di Cristo la forza? Riascoltiamo la parola di Dio.

"Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità". Il "martirio" comporta disprezzo, emarginazione. Il nuovo persecutore è il "politicamente corretto"; chi non vi si adegua è censurato in tutti i modi, e non raramente ridicolizzato. Il discepolo di Cristo può abbandonare il plauso della maggioranza, gli onori dei potenti della comunicazione, perché "la sua speranza è piena di immortalità". La comunione con Cristo basta.

"Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede". "La fede conferisce alla vita una nuova base, un nuovo fondamento sul quale l’uomo può poggiare e con ciò il fondamento abituale… si relativizza" [Benedetto XVI, Lett. Enc. Spe salvi 8]. In questo il discepolo ha già vinto il mondo perché lo ha completamente relativizzato, perché se ne è liberato.

Cari fedeli, partiamo da questa celebrazione con tanta gioia nel cuore. La gioia semplice di chi ha ascoltato le parole di Gesù: "abbiate fiducia: io ho vinto il mondo" [Gv 16,33].