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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Commemorazione di tutti i fedeli defunti
San Girolamo, 2 novembre 2008


1. "Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto". Cari fratelli e sorelle, quali reazioni suscita nel cuore di ciascuno di noi questa promessa, in questo luogo in cui sembra che non la morte sia stata eliminata, ma che la morte abbia il potere di eliminare noi? Può essere che queste parole, questa promessa, ci lasci del tutto increduli: è una promessa falsa e vuota. Può essere che ci renda dubbiosi: come è possibile che si compia questa promessa, se proprio in questo luogo la morte sembra celebrare il suo trionfo? Può essere che essa venga pienamente accolta come una promessa vera, come una promessa certa, e che ci faccia esclamare non solo colle labbra: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato: rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza".

Quali sono le "ragioni di chi spera"? la certezza di chi ritiene vera la promessa divina è una certezza ragionevole?

Cari fratelli e sorelle, la speranza cristiana non è un personale protendersi verso una vita ultraterrena di cui non si possegga nessun – per così dire – anticipato possesso. Riascoltiamo attentamente la parola di Dio.

"Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo". Chi ha perduto una persona amata, comprenderà ciò che sto per dire.

Ciò che turba e ci sconvolge nella morte di una persona amata, è che l’amore non può non desiderare che essa viva per sempre. L’amore non sopporta la morte, perché chi ama dice alla persona amata: "come è bene che tu esista!". Ma l’amore dell’uomo non è onnipotente, e deve amaramente ammettere la sua sconfitta di fronte alla morte.

Orbene, che cosa ci dice il Signore Iddio attraverso l’apostolo Paolo? Che Egli ci ama: che ci ama uno ad uno, dal momento che ci ha adottato come figli. Ed il figlio ha diritto ad ereditare la ricchezza del padre: la persona umana è erede della vita divina, della vita incorruttibile di Dio.

Se Dio ci conosce e ci ama e noi amiamo e conosciamo Lui, allora l’amore di Dio che è onnipotente, impedirà che la morte abbia l’ultima parola. L’inesorabile potere della morte non è più un potere definitivo, poiché Dio mi ama.

Avrete notato che il profeta lega la promessa di Dio ad un fatto narrato nel modo seguente: "In quel giorno, il Signore degli eserciti preparerà su questo monte un banchetto di grasse vivande per tutti i popoli". Dunque la promessa che la morte sarà eliminata è condizionata alla partecipazione ad un banchetto.

È questo un tema che troviamo già nelle prime pagine della Bibbia. I nostri progenitori vengono ingannati dal Satana colla promessa di un cibo che li avrebbe resi immortali [cfr. Gen 3, ]. La ricerca di un cibo che dia la vita per sempre, è un mito presente in molti popoli.

Qui si parte certamente da un dato di fatto: è il cibo che fa vivere. Dunque l’uomo "sogna" un cibo che faccia vivere per sempre. La risposta cristiana è la risposta a questo desiderio.

Il banchetto di cui parla il profeta prefigura il banchetto eucaristico. Il Padre ci dona il pane dal cielo, quello vero. E chi mangia di questo pane vivrà in eterno. E il pane che fa vivere per sempre è Cristo stesso che mediante l’Eucaristia ci fa partecipi della sua vita incorruttibile, propria di Lui Signore risorto.

La promessa dunque del profeta si compie in modo mirabile. Cristo è colui che conosce la via della morte. Ed Egli accompagna ogni suo discepolo nel momento in cui attraversa la morte, e lo conduce alla vita eterna. Come ha scritto un grande cristiano del secolo scorso: "Consideri che in un certo modo la Paura è pur sempre la figlia di Dio riscattata la notte del Venerdì santo. Non è bella a vedersi – no! – irrisa da alcuni, maledetta da altri, da tutti ripudiata … E tuttavia non creda: è al capezzale di ogni agonia, intercede per l’uomo". [G. Bernanos, Esergo a Dialoghi delle carmelitane, in Romanzi, Mondatori, Milano 1998, pag. 1169].

2. Cari fratelli e sorelle, nella luce della speranza cristiana comprendiamo il senso profondo del nostro trovarci vicino alla tomba dei nostri cari, a pregare per loro.

Essi sono solo visibilmente assenti. Ma essi sono viventi in Cristo, ed in Cristo attraverso soprattutto la celebrazione dell’Eucaristia, siamo in misteriosa ma reale comunione con loro. E come essi possono aiutare noi, così noi possiamo aiutare loro, e pregare perché "liberi da ogni colpa, partecipino alla gloria del Signore risorto".