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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Commemorazione dei fedeli defunti
Certosa, 2 novembre 2006


1. Ieri, solennità di Tutti i Santi, nella celebrazione dell’Eucarestia abbiamo vissuto la nostra unione coi Santi. Oggi nella stessa celebrazione viviamo una vera comunione con i nostri morti. Per essere aiutati a comprendere e vivere questo mistero, siamo venuti al camposanto, vicino al luogo dove è stato deposto il corpo dei nostri defunti.

Miei cari fratelli, noi credenti viviamo coi morti ed i morti vivono con noi, poiché noi ed essi viviamo in Cristo e con Cristo. Non pensate, miei cari, che queste siano vuote parole o astruserie teologiche: è semplicemente la realtà della Chiesa, che non è limitata alla nostra vita terrena ma comprende anche i fedeli defunti. C’è un grande testo che esprime questa convinzione di fede: "confesso che nella Messa si offre a Dio un vero, proprio sacrificio di propiziazione per i vivi e per i morti" [Concilio di Trento: professione di fede]. Ciò che l’Eucarestia è per noi in questo momento, lo è esattamente in questo momento anche per i nostri morti. È per questo che il Profeta ci ha detto: "Eliminerà la morte per sempre; il Signore asciugherà le lacrime su ogni volto".

2. Noi quindi siamo vicini alla tomba dei nostri morti non come "coloro che non hanno speranza"; non siamo venuti presso la loro tomba per farli solo rivivere nella nostra memoria.

All’inizio dell’Eucarestia abbiamo detto nella preghiera: "quando erano in mezzo a noi essi hanno professato la fede nella risurrezione: tu dona loro la beatitudine senza fine".

Esiste un legame inscindibile fra la fede nella risurrezione del Signore e l’ingresso in una beatitudine senza fine.

La risurrezione del Signore non è stata un semplice ritorno alla vita terrena: fosse stata questo, l’ultima parola l’avrebbe detta alla fine la morte. È stata invece la più grande mutazione accaduta all’umanità di Gesù; l’ingresso del suo corpo in una dimensione assolutamente nuova: nella vita stessa di Dio. Gesù più non muore; la morte non ha più alcun potere su di Lui: in Lui ora "abita corporalmente la pienezza della divinità".

Ma questo fatto, realmente accaduto, non riguarda solo Gesù. È accaduto a Lui ed in Lui, ma non perché rimanesse esclusivamente suo. Egli è risorto perché ciascuno di noi potesse risorgere con Lui: entrare come Lui nel possesso della vita stessa di Dio. La risurrezione di Gesù è come il sole che fa vivere ogni realtà.

La vita di Gesù risorto giunge a noi attraverso la fede ed i santi sacramenti. È per questo che i nostri defunti ricevono la vita e la beatitudine eterna: perché hanno creduto nella risurrezione di Gesù ed hanno ricevuto i sacramenti della fede. In Cristo la morte non toglie loro la vita, ma la trasforma.

3. Ma che cosa sta all’origine di tutta questa grande vicenda? Riascoltiamo l’Apostolo: "lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che stiamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi, eredi di Dio, coeredi di Cristo".

All’origine sta l’indicibile atto d’amore del Padre che ha voluto che noi vivessimo non di una vita peritura, ma divenissimo suoi figli adottivi. Ed in quanto figli abbiamo la stessa eredità di Cristo: "coeredi di Cristo". Abbiamo la vita, la beatitudine stessa di Dio.

La nostra presenza in questo luogo alla fine esprima una certezza: nessuna "creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" [Rom 8, 39]. Neppure la morte.