Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e Giornata Mondiale della Pace
Cattedrale di S. Pietro, 1 gennaio 2014
La celebrazione odierna della divina maternità di Maria è la porta d’ingresso principale nel mistero del Verbo fattosi carne e venuto ad abitare in mezzo a noi, Professando nella fede che Maria ha concepito e partorito nella nostra natura e condizione umana la divina persona del Verbo, mettiamo al sicuro nella nostra mente e nel nostro cuore la certezza che veramente Dio si è fatto uomo, che il Verbo si è fatto carne.
Proseguendo la consuetudine dei suoi predecessori secondo la quale oggi è la Giornata Mondiale della Pace, il papa Francesco ha chiesto a tutta la Chiesa di riflettere oggi sulla "fraternità", come via e fondamento della pace.
1. "Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, … perché ricevessimo l’adozione a figli". Così ci ha detto l’apostolo Paolo nella seconda lettura.
Il fatto che la persona divina del Verbo abbia assunto da Maria la nostra natura e condizione, aveva uno scopo: "perché ricevessimo l’adozione a figli".
Noi sappiamo bene che cosa è l’adozione. E’ un istituto in forza del quale un estraneo entra come figlio a far parte di una famiglia, con tutti i diritti e i doveri del figlio.
Considerate la bontà infinita di Dio-Padre. Egli vuole adottare ciascuno di noi, e farlo entrare nella sua divina famiglia composta dal Figlio unigenito e dallo Spirito Santo. Come realizza questa adozione? Rendendoci partecipi della vita divina del Figlio unigenito; rendendoci conformi a Lui.
Dal momento in cui Maria concepì nella natura il Figlio di Dio, l’umanità contava fra i suoi membri uno che era una persona divina, venuta a condividere la nostra condizione umana per renderci partecipi della sua figliazione divina.
Se noi riflettiamo per un momento su questo fatto, comprendiamo che siamo figli dello stesso Dio-Padre e che quindi fra noi siamo fratelli. Ma non per modo di dire. Siamo fratelli in un senso molto più reale e forte di quanto non lo siano i fratelli consanguinei. Siamo resi partecipi della natura divina del Figlio e della sua divina figliazione. Cristo l’unigenito Dio nato da Maria è divenuto il primogenito di molti fratelli; Colui nel quale l’umanità trova una risposta inattesa al desiderio e al problema della sua unificazione organica.
2. Il Santo Padre nel Messaggio inviato alla Chiesa e al Mondo in occasione della Giornata della Pace, ci invita a riflettere sulle conseguenze sociali, politiche, ed economiche che l'evento di grazia di cui ho parlato, ha nelle comunità nazionali e nella comunità mondiale.
Non è ora, ovviamente, il momento di una presentazione del Messaggio. Mi limito a prendere spunto da esso per due considerazioni.
La prima. Il S. Padre dice: "Chi accetta la vita di Cristo e vive in Lui, riconosce Dio come Padre…vede in Dio il Padre di tutti e, per conseguenza, è sollecitato a vivere una fraternità aperta a tutti…La radice della fraternità è contenuta nella paternità di Dio" [3, 4 e 2]. Il testo è di grande importanza.
Non è possibile pensare, ed ancor meno vivere la fraternità se si esclude la paternità. In base a che cosa potremmo vivere con verità come fratelli? Il rifiuto della paternità di Dio ha come conseguenza l’estraniarsi profondo dell’uomo dall’uomo. La chiusura alla paternità di Dio genera la chiusura dell’uomo all’altro uomo. Non dimentichiamo mai che la prima conseguenza del peccato originale è stato un fratricidio: l’uccisione di Abele da parte di Caino.
La seconda. Il S. Padre parla frequentemente – e lo fa anche nel Messaggio – della "cultura dello scarto". Che cosa significa? Significa che il modo di pensare e le ideologie che lo sostengono, generano comportamenti politici, economici, sociali tali da mettere già in conto che ci saranno "persone scartate". Pensiamo alla condizione dei giovani in ordine all’accesso al lavoro; alla condizione di chi ha perso il lavoro e a causa dell’età troverà molto difficile reinserirsi; l’emarginazione, quando non l’abbandono, delle persone anziane.
Ritenere che tutto questo non può non accadere anziché un male che si cerca in tutti i modi di eliminare, è la "cultura dello scarto".
Ascoltiamo cosa dice il S. Padre. "E’ necessaria una conversione dei cuori che permetta a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello di cui prendersi cura" [7, 5]. E’ questa conversione che vince la "cultura dello scarto".
Concludo. Quando tutta la costruzione dell’Impero Romano stava definitivamente crollando, Benedetto non si impegnò a tenere in vita un morto. Fondò comunità che mostravano un modo nuovo di convivere; e cambiò gradualmente l’Europa.
Ciò di cui abbiamo parlato possono sembrarci fenomeni che dobbiamo subire. Ma se creiamo "isole di fraternità" nella famiglia, nelle comunità religiose, nella società civile, abbiamo già posto la forza spirituale che sconfiggerà la "cultura dello scarto".
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