S. MESSA DI NATALE
COMACCHIO 25 dicembre 1995
1. “Si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro e il
suo amore per gli uomini”. Carissimi: aprite il cuore a questa Parola stupenda,
non induritelo, permettere ad Essa di scendervi, fino in fondo. Il Signore
ci ha chiamati tutti, peccatori e giusti, a contemplare “la bontà
di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini”. Ma dove, come
possiamo vedere la sua misericordia “che ci ha salvati non in virtù
di opere di giustizia da noi compiute”? Ci rispondono i pastori: “Andiamo
fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto
conoscere”. Dunque, per vedere “la bontà di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini”, dobbiamo andare fino a Betlemme. Ed infatti
bontà, amore e misericordia di Dio si sono manifestate in quel luogo.
Come si sono manifestati? Ecco in che modo: “trovarono Maria e Giuseppe
e il bambino che giaceva nella mangiatoia”. Dunque: la bontà, l’amore
e la misericordia di Dio è questo “bambino che giaceva nella mangiatoia”.
Oh miei fratelli e sorelle, che mistero insondabile è “questo avvenimento
che il Signore ci ha fatto conoscere”!
Prima di tutto, si tratta di un avvenimento. Non si tratta di
una dottrina da imparare, di nuovi e più esigenti comandamenti da
osservare, di una religione da praticare. Si tratta di un fatto concreto:
un fatto che l’uomo può vedere. Quale fatto? “un bambino che giaceva
in una mangiatoia”. E’ una persona in carne ed ossa. I pastori videro
“la manifestazione della bontà di Dio, salvatore nostro ed il suo
amore per gli uomini”, perché videro, incontrarono questo bambino.
Infatti, come aveva annunciato loro l’Angelo, questo bambino è il
Cristo Signore. E’ Dio fattosi uomo. L’Altissimo si è fatto piccolo,
l’Onnipotente si è fatto debole, l’Immortale si è esposto
alla morte, la Gioia infinita si è rinchiusa in un vagito. In questo
vagito, in questa carne mortale, in questa debolezza, in questa umiltà,
i pastori e tutti gli uomini hanno potuto toccare la misericordia di Dio.
Nei pastori si ripete, ed a ciascuno di noi oggi è data la grazia
di rivivere la stessa esperienza di Maria: trovarsi tra le braccia il corpo
di Dio; vedere, toccare, udire e abbracciare in questo bambino il Figlio
eterno del Padre. Perché è accaduto tutto questo? Ascoltate
le parole di S. Agostino. “Saresti morto per sempre, se Egli non fosse
nato nel tempo. Non avrebbe liberato dal peccato la tua natura, se non
avesse assunto una natura simile alla tua. Una perpetua miseria ti avrebbe
posseduto, se non fosse stata elargita questa misericordia. Non avresti
avuto la vita, se Egli non si fosse incontrato colla tua morte. Saresti
venuto meno, se non ti avesse soccorso. Saresti perito, se non fosse venuto”.
In queste semplici parole: “trovarono il bambino che giaceva in una mangiatoia”
si racchiude tutto il mistero della esperienza cristiana: questo è
il cristianesimo, trovare il Figlio di Dio fattosi uomo.
Ma Egli “giaceva nella mangiatoia”: giace, sta nel posto dove
si pone il nutrimento. Egli, divenuto adulto, dirà di se stesso,
“Io sono il pane disceso dal cielo”. Il pane degli angeli, il cibo che
dà la vita è deposto nel luogo dove mangiano le bestie. Dio
nel Figlio suo fatto uomo, si dona come vita all’uomo peccatore. Si colloca
dentro al bisogno dell’uomo, per essere la pienezza che sazia ogni nostro
desiderio. Tutto questo accadde, infatti, ci insegna l’apostolo, perché
“giustificati dalla sua grazia, divenissimo eredi, secondo la speranza,
della vita eterna”.
2. “I pastori andarono senz’indugio... poi se ne tornarono, glorificando
e lodando Dio”. Fra il momento in cui i pastori si muovono per andare a
vedere la misericordia del Signore, ed il momento in cui tornarono si svolge
tutta la vicenda dell’uomo che, colpito dall’annuncio della Chiesa, vuole
vedere dove si manifesta la bontà di Dio. E’ narrata la vicenda
di ciascuno di noi.
Il primo passo: “andiamo” e “vediamo”. Senza l’ascolto dell’annuncio
della Chiesa, non si può verificare la verità, la realtà
di ciò che la Chiesa annuncia. L’uomo deve muoversi per vedere il
fatto di cui la Chiesa parla. Dunque, prima c’è l’ascolto, poi il
muoversi (il cercare con sincerità), poi il vedere.
Il secondo momento è precisamente questo: “trovarono ... dopo
averlo visto”. E’ il vedere che è proprio della fede. Si tratta
di una scoperta della Realtà - la Realtà di un fatto, il
fatto di Dio fattosi uomo - che non è solo una convinzione della
mente. E’ incontro vissuto con una Persona: è l’esperienza della
Persona di Cristo che cambia tutta la vita. Tutti possiamo vivere questa
esperienza vissuta dai pastori: cioè tutti possiamo credere, poiché
Iddio ci ha creati proprio per farci incontrare Cristo. Bisogna però
superare la resistenza e la schiavitù della menzogna che ritarda
io impedisce la nostra accoglienza della Parola.
Il terzo momento: “se ne tornarono, glorificando e lodando Dio”. Ogni
credente “vede” la misericordia di Dio nel Cristo. Ne è così
ripieno che non può trattenersi dal dirlo agli altri.
CONCLUSIONE
Fratello, sorella: ascolta oggi profondamente ciò che dice la
Chiesa. Non lasciar passare invano questo giorno. “Ecco” - ti dice il profeta
- arriva il tuo salvatore” Apriti a lui; mettiti finalmente in cammino,
lasciando tutto ciò che intralcia il tuo cammino. Potrai vedere
il volto di Dio.
S. MESSA DI NATALE (FERRARA): 1995
1. “Gridano di gioia, poiché vedono con i loro occhi il
ritorno del Signore in Sion”. La ragione profonda per cui nel cuore della
Chiesa oggi c’è canto di gioia e non di mestizia, è che le
è concesso si vedere il ritorno del Signore. E’ che ad ogni uomo
è dato di “vedere la salvezza del nostro Dio”. Ed, infatti, anche
nel S. Vangelo è detto che “noi vedemmo la sua gloria.” Da una parte
si annuncia il ritorno del Signore, la salvezza del nostro Dio e la sua
gloria, dall’altra l’uomo può vedere tutto questo. Fratelli, sorelle:
in questo sta precisamente il mistero che stiamo celebrando. Visto, se
così posso dire, dalla parte di Dio il mistero del Natale è
il mistero del suo ritorno fra i suoi, il mistero della salvezza dell’uomo,
il mistero della sua Gloria. Visto dalla parte dell’uomo, il mistero del
Natale è il mistero dell’uomo che finalmente può vedere la
Gloria di Dio, la Sua salvezza, il Suo ritorno. Cerchiamo di balbettare
qualcosa, con somma venerazione, su queste due dimensioni che costituiscono
il Mistero del Natale.
E’ il mistero del ritorno di Dio fra i suoi. “Venne fra la sua
gente”, dice l’Evangelista. Certamente, Egli che “è irradiazione
della sua (del Padre) Gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto
colla potenza della sua parola”, “era nel mondo” poiché “il mondo
fu fatto per mezzo di Lui”. Tuttavia, dal mondo Egli era assente, poiché
“il mondo non lo riconobbe”. L’assenza di Dio dal mondo, il deserto che
il mondo è divenuto in conseguenza di questa assenza, è il
nostro amaro destino.
Privi ormai di una garanzia cui aggrapparci per non perderci
nel nulla, siamo ormai ridotti ad essere tenebre senza luce. “La luce”
- certo -” splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolto”. Ciò
che ha inaridito la nostra esistenza, ciò che ha reso deserto il
nostro vivere nella estraneità dell’uno all’altro, è stato
di avere rifiutato la luce, “la luce vera, quella che illumina ogni
uomo”. Il Natale è il ritorno del Signore nel nostro deserto.
In questo ritorno consiste la nostra salvezza: “tutti i confini
della terra vedranno la salvezza del nostro Dio”. Come è avvenuto
questo ritorno? come è venuto “ad abitare in mezzo a noi”? Ecco
in che modo: “Il Verbo si fece carne”. Miei fratelli, sorelle: in queste
tre o quattro parole sta racchiuso, sta concentrato tutta la storia di
Dio e dell’uomo. Dio è ritornato fra noi, perché il Verbo
si fece carne. Lasciamoci guidare dalla fede della Chiesa, la sola che
può introdurci nell’abisso racchiuso in queste parole. Il Verbo
di Dio, “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione
di servo e divenendo simile agli uomini”. Ciò “non significa che
Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia
il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è
fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. ... Egli è il Figlio
di Dio che si è fatto uomo, nostro fratello, senza cessare con ciò
di essere Dio, nostro Signore” (Catechismo C.C.). In questo sta la nostra
salvezza: assumendo da noi la nostra miseria e la nostra morte, ci ha donato
- mirabile scambio - la sua ricchezza e la sua eternità. Veramente,
Egli è venuto fra noi perché si è fatto uno di noi.
Ed in questo ci ha salvati: ogni uomo è in Lui liberato.
Nella salvezza di ciascuno di noi, Dio ha finalmente mostrato la Sua
Gloria, ha svelato il suo vero volto. Certo è paradossale, anzi
questo è il paradosso cristiano nel suo nucleo essenziale; che Dio
riveli la sua Grazia nella povertà della nostra condizione umana.
Ma la Gloria di Dio è lo splendore del suo Amore ed il Verbo si
è fatto carne per noi “quale grande amore ci ha donato il Padre”.
La Gloria di Dio è la forza della sua Grazia che ci rende partecipi
della sua stessa Vita, poiché mentre “la legge fu data per
mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di
Gesù Cristo”. Il Verbo infatti si è fatto carne perché
diventassimo partecipi della natura divina, “affinché, fatto uomo,
facesse gli uomini dei” (S. Tommaso). Ecco, fratelli e sorelle, l’evento
del Natale: è il ritorno di Dio fra noi nell’incarnazione del Verbo,
perché l’uomo potesse vedere la Gloria di Dio. “Dio nessuno lo ha
mai visto; proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato”.
2. “E noi vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre”.
Ecco la dimensione umana, diciamo così, del Natale: l’uomo può
vedere il volto di Dio. Che cosa significa tutto questo? E’ la vera natura
dell’esperienza cristiana che ha inizio, che ha potuto aver inizio col
Natale.
Il fatto che l’Incarnazione sia la tua salvezza significa che
il cristianesimo non è principalmente una dottrina da imparare,
un codice da praticare, una religione da osservare: il cristiano nella
sua identità più profonda non è né un filosofo,
né un moralista, né un uomo religioso. Il cristianesimo consiste
nel fatto di un incontro con una persona che è Dio, perché
Dio si è fatto uomo: il cristiano è chi impasta tutta le
sua vita su questo incontro. “E noi vedemmo la sua Gloria” .
Ma il Mistero del Natale ci svela la caratteristica di questo
incontro: è un incontro eccezionale, perché è un incontro
con Dio che si è fatto “carne”, cioè povertà, umiltà,
debolezza. Si è fatto bambino: la presenza di Dio è un bambino.
L’oggetto della fede cristiana è Dio fattosi uomo. “Da questo riconoscerete
lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è
venuto nella carne, è da Dio”. E’ per questo che possiamo vedere
la sua Gloria.
Ecco la più profonda dimensione umana del Mistero del Natale:
tu puoi incontrare Dio, un incontro eccezionale perché Dio si è
fatto carne. Ed il luogo in cui questo incontro può accadere è
la Chiesa.
CONCLUSIONE
“Quale valore deve avere l’uomo davanti agli occhi del Creatore se ha
meritato di avere un tanto nobile e tanto grande Redentore, se Dio ha dato
il suo Figlio, affinché egli, l’uomo, non muoia, ma abbia la vita
eterna. In realtà, quel profondo stupore riguardo al valore ed alla
dignità dell’uomo si chiama Vangelo, cioè Buona Novella.
Si chiama cristianesimo”.
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