OMELIA NATALE 1996 COMACCHIO
Messa dell’alba
“Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore
ci ha fatto conoscere”. Facciamo nostro questo invito che i pastori si
rivolsero vicendevolmente ed andiamo anche noi a Betlemme. Per vedere l’avvenimento
che il Signore ci fa conoscere attraverso la sua Parola e rivivere nella
divina Liturgia. E che cosa videro? “andarono dunque ... mangiatoia”. Tutto
qui? Tutto qui: un bambino appena nato, così povero da essere collocato
in una mangiatoia. Ma che cosa ha in sé di “straordinario” questa
scena di miseria, di povertà, di umiliazione indegna? Lo Spirito
Santo ce lo rivela attraverso le parole dell’apostolo: “si sono manifestati
la bontà...”. Chi sia quel bambino comincia a svelarsi: è
la manifestazione della bontà di Dio e del Suo amore per gli uomini.
Per cui quando tu vai a Betlemme e ti poni davanti al presepio e guardi
quel bambino, devi dire: “ecco la bontà di Dio; ecco il suo amore
per gli uomini”. Ma in che cosa consiste questa bontà e questo amore?
Ascoltate: “egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia
da noi compiute, ma per sua misericordia”. Ecco, fratelli e sorelle, il
nucleo essenziale del mistero che i pastori, e dopo loro ogni fedele, hanno
contemplato e per cui “se ne tornarono, glorificando e lodando Dio”: hanno
contemplato la gratuità dell’amore di Dio! Dio non ci ama perché
meritiamo di essere amati: il suo amore è pura grazia. “Egli ci
ha salvati non in virtù ...” in nessun luogo come in ciò
che videro i pastori, noi possiamo vedere l’assoluta gratuità dell’amore
di Dio.
L’eterno Figlio di Dio, infatti, si è fatto uomo perché
ciascuno di noi fosse partecipe della vita divina. Chi poteva meritare
che il Figlio di Dio assumesse la nostra condizione umana? Chi poteva pretendere
di entrare nel possesso della stessa vita divina? Qui è solo amore:
solo grazia e sola misericordia. Ed allora contempliamo oggi tutti i benefici
che ci vengono da questo amore.
“ A te, una volta prostrato ed escluso dal Paradiso; a te, destinato
a morire ininterrottamente durante un lungo esilio e disperso alla stregua
di polvere e cenere; a te, senza speranza di vivere, è stata data
con l’incarnazione del Verbo, la facoltà di tornare, dal lontano
luogo ove eri, al tuo Creatore; di riconoscere il tuo Padre; di passare
dalla servitù alla libertà; di essere innalzato dalla condizione
di forestiero alla dignità di figlio” (S. Leone Magno, secondo discorso
del Natale del Signore 5)
L’amore di Dio, apparso oggi, svela così anche all’uomo
la sua dignità: egli appartiene al Signore in modo completamente
diverso da come gli appartiene ogni altra creatura.
“I Pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio...”. Come
dobbiamo noi tornare da ciò che abbiamo visto? Come i pastori: glorificando
e lodando Dio. Come glorifichiamo Dio? colla nostra vita. E’ ciò
che abbiamo chiesto: “fa che risplenda nelle nostre opere il mistero della
fede che rifulge nel nostro spirito” . E concluderemo la celebrazione di
questa divina Liturgia colla seguente preghiera: “concedi alla tua Chiesa
di conoscere con la fede le profondità del tuo mistero, e di viverlo
con amore intenso e generoso”.
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