S. MESSA DI RINGRAZIAMENTO
31 dicembre 1998
1. “Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò
il suo figlio nato da donna”. Queste parole di S. Paolo hanno questa sera
una risonanza di particolare intensità e mistero: entriamo nell’anno
che concluderà un intero millenio. La «pienezza del tempo»
sembra questa sera riferirsi al compiersi di un’età del mondo, un
intero millenio, e perciò stesso ci interroga più drammaticamente
sulla fine del tempo, sul «fino a quando» durerà questo
trascorrere di secoli e millenni, sul «verso dove» sta andando
questo passare di secoli e milenni. Ed è vero: da sempre l’uomo
si è interrogato sul senso che ha lo scorrere del tempo, poiché
è la sua vita stessa che scorre nel tempo, che è un trascorrere
di giorni, mesi ed anni.
La parola dell’apostolo ci fa una rivelazione straordinaria al
riguardo, vera «chiave interpretativa» di tutto lo scorrere
del tempo. Egli ci insegna che non ogni «istante del tempo»
ha lo stesso valore; che c’è stato un istante “non fuori del tempo,
ma nel tempo, in ciò che noi chiamiamo storia” che ha dato significato
a tutto il tempo; che «questo istante» è coinciso colla
venuta in questo mondo del Figlio di Dio. “Il Verbo si è fatto carne
e venne ad abitare in mezzo a noi”. Ecco, quel «momento» in
cui Maria disse a se stessa: “ciò che l’angelo mi ha annunciato,
si è adempiuto: ho concepito!”, è la «pienezza del
tempo». Che cosa significa che nel momento in cui “Dio mandò
il suo figlio nato da donna, venne la pienezza del tempo”?
Significa in primo luogo che il tempo non è solo la misura
fisica di un movimento, del movimento della terra attorno al sole. Il tempo
indica soprattutto la progressiva costruzione della propria storia personale,
la quale a sua volta si inserisce nella storia degli altri coi quali conviviamo,
in cerchi concentri sempre più ampi, fino ad includere l’intera
storia dell’umanità. E’ questo il tempo che questa sera noi «sentiamo»
dentro di noi. Ed è di questo tempo che parla l’apostolo.
Esso, e questo è il vero significato di «pienezza
del tempo», non è privo di senso, ma è governato dalla
provvidenza divina verso una meta finale: questa meta finale verso cui
il tempo si muove è Gesù Cristo. Quando questi è concepito,
in quel momento, il tempo ha raggiunto la meta a cui era orientato: ha
raggiunto la sua pienezza. In Gesù Cristo infatti il Padre ha donato
pienamente la sua vita divina, eterna, all’uomo e quindi l’uomo ha potuto
trovare dentro al tempo in Gesù Cristo una strada verso l’eternità.
Egli pertanto costituisce il «tornante decisivo» di tutto il
tempo. Il tempo ha inizio quando il Padre onnipotente ha dato origine all’universo
per effondere il suo amore su tutte le creature (cfr. Pre-ghiera Eucaristica
IV – Prefazio).
Questa effusione di libero amore divino tocca il suo vertice insuperabile
nel momento in cui una Persona divina, quella del Verbo, unisce a sé
una natura creata, quella umana. Non è infatti pensabile un’unione
di Dio colla creatura più grande di questa: in quest’unione la creazione,
da parte di Dio, raggiunge la su pienezza. E nello stesso tempo, nel Verbo
incarnato la creatura tutta attraverso la natura umana assunta dal Verbo,
ritorna al suo Creatore e “con Cristo, per Cristo ed in Cristo “ sale al
Padre ogni onore e gloria. Cristo è veramente la pienezza del tempo;
è il centro della storia e del cosmo.
2. “In quel tempo, i pastori andarono senz’indugio e trovarono Maria
e Giuseppe e il bambino, che giaceva in una mangiatoia”.«In quel
tempo»: ora è dato all’uomo un tempo nel quale può
trovare il Verbo incarnato, può incontrare Cristo. L’istante del
concepimento del Verbo nella nostra natura umana è passato definitivamente,
nella sua singolarità irripetibile. Ma l’atto interiore con cui
Egli ha vissuto quel momento e lo stato o condizione che ne è derivato
nella sua umanità, rimane per sempre: infatti, “entrando nel mondo,
Cristo dice: … ecco, io vengo… per fare, o Dio, la tua volontà…
Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati,
per mezzo dell’offerta del corpo di Cristo, fatta una volta per sempre”
(Eb. 10, 5.7.10). Fatto una volta per sempre: l’atto interiore con cui
il Verbo concepito da Maria riporta l’umanità alla santità
della sua prima origine, resta per sempre, diviene una realtà nella
quale l’uomo può entrare ed uscire.
“Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!… è
bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia” (ib. 13, 8-9). La fermezza
del cuore, dentro e sopra il passare del tempo, è possibile se la
nostra esistenza entra dentro all’obbedienza di Cristo al Padre; ingresso
che si realizza nella liturgia cristiana: nell’Eucaristia in primo luogo.
E’ per questo che per il credente, il vero tempo è il tempo liturgico;
per il credente, il passare del tempo è segnato dalla celebrazione
eucaristica.
In questa visione, propria del cristianesimo, il tempo è
ultimamente determinato dalla nostra libertà, è un movimento
della libertà. La «qualità del tempo» è
decisa dalle qualità delle nostre scelte: i tempi sono buoni se
scegliamo di vivere in Cristo; i tempi sono cattivi se decidiamo di vivere
in noi stessi e per noi stessi. Dal come siamo liberi dipende se valorizziamo
o sciupiamo il tempo.
Mai come questa sera celebriamo con consapevolezza la divina
Eucaristia: per inserire la nostra libertà dentro alla libertà
di Cristo che dona se stesso sulla Croce. Per redimere il tempo che ancora
ci è donato, alla fine di questo millenio.
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