OMELIA FINE ANNO 1996
Fratelli, sorelle: nella nostra vita quotidiana ci troviamo a volte
coinvolti in situazioni, esperienze così cariche di mistero e di
significato da non riuscire più a fuggire da noi stessi, ad ingannare
noi stessi. Pensiamo, per fare solo qualche esempio, che cosa succede in
noi quando la morte ci priva di una persona cara, o quando cominciamo a
vivere l’esperienza di un vero amore. Sono momenti in cui siamo posti inesorabilmente
di fronte alla verità del nostro essere. In questo pomeriggio, in
questa sera siamo costretti a prendere coscienza di “qualcosa” che succede
dentro la nostra vita, così serio da porci semplicemente nella verità
della nostra persona. Che cosa? Lo scorrere del tempo. Proviamo a riflettere
brevemente su questo fatto.
1. Lo scorrere del tempo, il passare inarrestabile degli anni nel loro
continuo susseguirsi, non è solo un fatto a noi esterno: qualcosa
che possiamo misurare coi calendari e cogli orologi, come col metro possiamo
misurare un pezzo di terra. Lo scorrere del tempo accade dentro di noi
e ci trascina con sé: non solo il tempo (gli anni, i mesi, i giorni)
scorre con noi, ma anche noi passiamo col tempo. L’anno che fra qualche
ora si concluderà, appartiene anche al nostro passato: al mio, al
tuo passato. Cioè: una parte della tua vita è passata; è
già vissuta e non potrà più essere ri-presa. Vedete,
fratelli e sorelle, quale è la nostra situazione, la nostra condizione
dentro il tempo? Il passato non esiste più e non ti appartiene più;
il futuro non esiste ancora e non sai neppure se avrai un futuro. Rimane
l’istante presente con la sua fugacità. Hai come l’impressione che
la tua vita ti sfugga istante per istante dalle mani; come se tu volessi
stringere nelle mani dell’acqua. Impossibile. Il nostro essere dentro lo
scorrere del tempo, il nostro scorrere col tempo ci rivela la nostra verità,
la verità della nostra vita: una vita fragile e sempre sospesa fra
un passato che non esiste più ed un futuro che non esiste ancora.
Noi non ci pensiamo quasi mai esplicitamente, tuttavia l’esperienza
di questa “fragilità” e di questa “sospensione” ce la portiamo dentro
ogni giorno e diventa insopportabile: il tempo è cattivo, il tempo
è invidioso. Come cerchiamo di uscirne? Molti lo fanno nel
modo che questa sera vedrete: dimenticare, evadere, assicurarsi il futuro.
Dimenticare: ciò che è passato, è definitivamente
annientato (o per lo meno dobbiamo far sì che lo sia); evadere:
buttarsi nella confusione, nel disordine per esserne storditi; assicurarsi
il futuro: un ricorso sempre più massiccio a pratiche magiche ed
a superstizioni per sapere già prima che cosa accadrà, come
per toglierci di dosso il rischio del futuro.
E’ questo il modo giusto, vero di stare dentro al tempo e di
scorrere col tempo? Prima di chiedere alla parola di Dio la risposta a
questa domanda, dobbiamo prima farci un’altra domanda: tutto di noi stessi
passa e scorre via col tempo? Oppure dentro lo scorrere del tempo, c’è
qualcosa di noi stessi che rimane? Il tempo, questo susseguirsi di anni,
è la nostra dimora e la nostra patria oppure il tempo è il
nostro esilio perché l’eternità è la nostra patria?
Voi capite che a seconda della risposta che diamo a queste domande, il
significato della nostra vita nel tempo cambia completamente. Allora poniamoci
nel docile ascolto della Parola di Dio.
2. “Quando venne...”. Dunque, tu sei chiamato in Cristo ad essere figlio
del Padre: sei cioè posto in una relazione unica col Padre. Sei
chiamato quindi ad essere anche suo erede: “se figlio, anche erede”. Erede
della stessa ricchezza del Padre, cioè della sua stessa vita eterna.
Questa chiamata e questa eredità cambia completamente la nostra
condizione dentro il tempo. “L’uomo, che è valutato un nulla tra
gli esseri, che è cenere, erba, vanità, è tuttavia
reso familiare, poiché è assunto a dignità di figlio
di Dio nell’universo. Quale ringraziamento l’uomo può trovar degno
di questa grazia? Con quale voce, con quale pensiero, con quale movimento
interiore proclamerà la sovrabbondanza della grazia? L’uomo eccede
la sua natura divenendo da mortale immortale, da caduco incorruttibile,
da effimero eterno, in una parola da uomo dio. Colui che è stato
fatto degno di divenir figlio di Dio avrà in sé la dignità
del Padre ed è erede di tutti i beni paterni” (S. Gregorio di Nissa,
Sulle beatitudini, Sermone VII, PG 44, 1280).
Noi siamo dati in ostaggio al tempo, poiché la nostra
vera casa è la vita eterna di figli nel Figlio Gesù Cristo
incarnatosi dentro il tempo. Ne deriva che ogni istante che tu vivi è
di una incalcolabile preziosità: in esso tu già prepari la
tua eternità. “La vita che Dio dona all’uomo è ben più
che un esistere nel tempo. E’ tensione verso una pienezza di vita; è
germe di una esistenza che va oltre il tempo. «Sì, Dio ha
creato l’uomo per l’incorruttibilità; lo fece ad immagine della
propria natura» (Sap. 2,23)” (Lett. Enc. Evangelium Vitae 34).
Conclusione
“I pastori - dice il S. Vangelo - poi se ne tornarono, glorificando
e lodando Dio per tutto ...” Sia anche in noi la stessa attitudine: non
la tristezza per la nostra fragilità, dimenticata nella confusione,
ma la lode di Dio perché “quando venne...”
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