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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XXXI DOMENICA PER ANNUM
Conclusione Visita Pastorale a S. Benedetto
31 ottobre 1999

La pagina evangelica appena proclamata riguarda tutta la comunità cristiana nel suo insieme, fedeli e pastori. Riguarda ogni comunità cristiana, e dunque anche la comunità parrocchiale.

1. In primo luogo, Gesù si rivolge ai fedeli, fra i quali ovviamente siamo anche noi pastori. E’ una parola rivolta a tutti , che richiama due dimensioni essenziali della vita cristiana: possiamo dire, due virtù. E lo fa, il Signore, attraverso il metodo del contrasto: presentando cioè una categoria religiosa di persone, gli scribi e i farisei, che agiscono in modo contrario a come invece deve agire il discepolo del Signore. Come non deve agire il discepolo del Signore? Quali sono le due virtù alle quali oggi il Signore ci esorta? Ascoltiamo attentamente.

"Legano… pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito".Così è indicato il primo vizio da cui guardarsi e, quindi, per contrasto la prima virtù da esercitare. Che cosa vogliono dire quelle parole di Gesù? Attribuire a precetti umani o a consuetudini sociali un valore divino: il senso di essere espressione della volontà di Dio. La sostituzione del proprio arbitrio alla volontà di Dio. Questa sostituzione può accadere in due modi fondamentali, che in fondo però esprimono lo stesso errore di fondo: o rigoristicamente allungando la lista dei comandamenti di Dio con precetti umani o permissivisticamente negando semplicemente che esista una legge morale divina. In realtà alla radice e dell’attitudine rigorista e dell’attitudine permissivista sta lo stesso errore: non ritenere che Dio e solo Dio sia il Signore che ha l’autorità di guidare l’esercizio della libertà umana. Se in altri tempi questo errore prendeva la forma del rigorismo, oggi esso prende la forma del permissivismo. La forma cioè di una concezione e di un’esperienza corrotta della libertà umana, consistente nel ritenere che il bene non è poi così bene da non poter avere compromessi col male, e che il male non è poi così male, da non poter essere anche giustificato. E così scompare la differenza fondamentale che dà senso, spessore, consistenza alla nostra libertà: la differenza fra "ciò che è bene" e "ciò che è male". La prima fondamentale virtù del discepolo è l’obbedienza alla volontà di Dio, regola suprema ed imprescindibile della nostra vita.

"Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini". E’ il secondo vizio da cui deve guardarsi il discepolo del Signore: l’agire fondamentalmente davanti agli uomini, per gli uomini. E’ questo un punto fondamentale che decide ultimamente della qualità della propria esistenza. Per chi, in vista di che cosa noi facciamo tutto ciò che facciamo? Quale è lo scopo ultimo che abbiamo prefissato alla nostra vista? Quale è il termine di confronto in base al quale noi misuriamo il valore di ciò che facciamo? "Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini", dice il Signore. Essi misurano il valore della loro vita dal successo mondano. Hanno tagliato la loro persona sulla misura del transitorio, della storia di questo mondo. La seconda fondamentale virtù del discepolo è la speranza, l’orientamento fondamentale della propria vita terrena verso il giudizio finale di Dio.

2. Nella seconda parte del Vangelo Gesù si rivolge a noi pastori. Qualcuno di voi, a questo punto, potrebbe dire: "non mi riguarda più!". Non è così! Ciò che si dice dei pastori, riguarda anche ciascuno di voi, perché – almeno – sappiate che cosa chiedere al Signore per noi.

"Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli". Il Signore con queste parole non ci mette solo in guardia da una puerile vanità in cui può cadere il pastore della Chiesa, vedendosi onorato e amato dai suoi fedeli. La cosa è ben più profonda! Ciò che è inammissibile nella Chiesa è la pretesa di superiorità che può dimorare nel cuore del pastore, distruggendo così la natura più profonda della Chiesa: comunità di fratelli aventi un solo Padre, di discepoli aventi un solo Maestro.

Forse che il Signore con queste parole vuole togliere dalla Chiesa ogni autorità umana? Non precisamente, ma vuole insegnare a chi sarà chiamato ad esercitarla come deve comprendere se stesso. Come? "il più grande fra voi sia il vostro servo". Ecco come deve comprendere se stesso il pastore nella Chiesa: un servo! E tanto più servo, quanto più grande è l’autorità chiamato ad esercitare. Provate a rileggere la seconda lettura: ecco che cosa significa essere pastori!

Carissimi fratelli e sorelle: oggi concludiamo la S. Visita pastorale fra voi. Il Signore ci ha fatto un grande dono facendoci meditare questa pagina del Vangelo: essa diventa lo specchio in cui deve rispecchiarsi ogni comunità cristiana.

Questa ci appare oggi come una comunità di discepoli che riconoscono solo Cristo come loro maestro, come una comunità di fratelli che hanno un solo Padre, come una comunità guidata da pastori che come madri nutrono ed hanno cura delle proprie creature. E’ davvero così? Sia da oggi più forte il vostro impegno di realizzare nella carità la verità del vostro essere Chiesa: non lasciate i vostri sacerdoti senza una cooperazione quotidiana e costante; non rendete più gravosa la loro responsabilità davanti a Dio colla vostra indocilità.

Da parte mia, alla fine di questa S. Visita ringrazio Dio, perché, avendo ricevuto da me la parola divina della predicazione ed in ogni incontro, l’avete accolta non quale parola di un uomo, ma, come è veramente, quale parola di Dio.