ASCENSIONE DEL SIGNORE
Cattedrale 31 maggio 2003
1. "Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio". Con queste semplici e scarne parole il vangelo ci ha narrato l’avvenimento di cui oggi noi facciamo memoria.
È narrato il momento in cui ha termine un fatto unico nella storia: la presenza fisica di Dio fattosi uomo su questa terra; la sua inserzione dentro alla nostra esistenza terrena. Questo fatto unico ha termine e noi oggi celebriamo questa fine.
Ma la narrazione evangelica, e con maggior dovizia di particolari quella ascoltata nella prima lettura, ci rivela anche come ebbe termine la presenza fisica di Cristo in mezzo a noi. "fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio", dice il testo evangelico. Ecco, carissimi fedeli, questo è il "nucleo" del mistero che oggi celebriamo. Se teniamo presente colla nostra fede l’intera vicenda della redenzione umana compiuta da Cristo, noi la possiamo riesprimere attraverso un duplice movimento: di discesa e di ascesa. Di discesa: il Verbo, il Figlio unigenito di Dio, Dio da Dio "non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma … umiliò se stesso". Ecco la "discesa" di Dio; "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo", diciamo nel Credo. Ma proprio a causa di questa umiliazione di Dio, spinta fino alla morte, la natura umana da Lui assunta ascende a dignità divina; viene elevata e diventa partecipe della stessa vita di Dio. Le parole umane sono incapaci di esprimere il fatto di questa elevazione della nostra natura umana in Cristo, e ricorrono a narrazioni fatte di immagini: "fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio".
In questa santa Liturgia che noi stiamo celebrando, dunque festeggiamo il passaggio della nostra natura, da Cristo assunta, dalla terra al cielo; dalla sua naturale condizione di corruzione e di morte alla sua soprannaturale condizione di incorruzione e di immortalità. E la ragione per cui noi oggi celebriamo l’ascensione del Signore, è perché ciascuno di noi è chiamato a prendervi parte. Questa festa infatti non è solo la celebrazione di Cristo, ma è anche la celebrazione della nostra elevazione suprema: è la festa della ricostituzione dell’uomo nella dignità originaria della sua persona.
Carissimi fedeli, mentre festeggiamo l’ascensione al cielo del Signore, l’insediamento nella gloria della sua natura umana come primizia della glorificazione di ciascuno di noi, la Chiesa dona la sua risposta chiara e definitiva alla più drammatica delle domande umane: dove siamo destinati a finire? quale è la meta ultima della vita, il traguardo finale del nostro faticoso pellegrinare? All’uomo che vuole navigare sempre a vista perché non sa più dove è diretto, oggi la Chiesa mostra quale è il porto definitivo: "viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro Capo, nella gloria".
2. Celebriamo questa Liturgia per rendere grazie al Signore del dono fatto alla Chiesa del B. Giacomo Alberione, il fondatore della Famiglia Paolina. Nella luce dell’Ascensione del Signore possiamo meglio comprendere la portata di questo dono.
L’apostolo Paolo nella seconda lettura ci ha narrato l’ascensione al cielo del Signore come sua intronizzazione "al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose". Questa dimensione del mistero odierno illumina la figura del b. Alberione. Egli ha posto veramente Cristo al di sopra di tutto, perché, Via-Verità-Vita, "riempisse ogni cosa". "Impegnate tutto il pensiero e la conoscenza umana col Vangelo", egli scrisse, "non parlate solo di religione, ma parlate di tutto cristianamente". La sua decisione profetica di usare dei mass-media si inscrive in questa visione inequivocabilmente cristocentrica: è Cristo che il beato voleva fosse comunicato. Come il Padre ci ha donato il Figlio rivestendolo di carne umana, egli diceva, così il Verbo incarnato deve come prendere corpo oggi nella comunicazione dei mass-media [cfr. Prediche IV, pag. 80-81]. Per lui la santificazione dell’uomo non poteva essere niente altro che non una profonda "cristificazione".
Carissimi fedeli, partiamo da questa Cattedrale questa sera consapevoli della meta finale cui siamo incamminati, nella compagnia di santi: in attesa che si compia la beata speranza ed anche noi siamo là dove il nostro Capo e la nostra Primizia oggi ci ha preceduto.
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