DOMENICA 13a PER ANNUM
29 e 30 GIUGNO 1996
(candidatura diaconi permanenti)
La prima parte della pagina evangelica ci sconcerta, ci disturba profondamente.
E’ grande la tentazione di non ascoltarla o di dimenticarla subito o comunque
di non ritenerla “possibile” per ciascuno di noi. Allora deve essere lo
Spirito Santo a spiegarla dentro il nostro cuore, così che essa
non risuoni solo dentro le nostre orecchie. Ascoltiamo; ascoltate soprattutto
voi che vi candidate al diaconato permanente.
1. “Chi avrà trovato la sua vita, la perderà; e chi avrà
perduto la sua vita per causa mia, la troverà”.
Queste parole già ci introducono in un mistero nel quale
siamo coinvolti continuamente: la nostra vita può essere perduta,
cioè vissuta vanamente. Vissuta, camminando verso una tale morte
che, dopo, sarà come non fossimo mai vissuti. Una vita appunto perduta,
cioè vissuta invano, buttata via. Fratello, sorella: si sta parlando
non di un altro, si sta parlando della tua vita. E’ nella tua libertà
che sta inscritta la possibilità di vivere invano.
Come possiamo evitare questo rischio e quindi non perdere la
nostra vita, ma anzi “trovarla”? Vivere cioè in pienezza? Ecco la
risposta di Gesù: “perdere la vita per causa sua”. Che cosa significano
queste parole? Possiamo aiutarci ricorrendo ad un’altra pagina della S.
Scrittura nella quale S. Paolo descrive precisamente che cosa ha significato
per lui “perdere la sua vita” a causa di Cristo. Ascoltate. “Ma quello
che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita a motivo
di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità
della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore” (Fil 3, 7-8). Qui
si descrive l’esperienza di un uomo la cui vita è stata radicalmente
cambiata a causa di un incontro. In conseguenza di un incontro, questa
persona ha cambiato completamente il “senso” dei valori: ciò che
prima considerava un guadagno ora lo considera una perdita. Cominciamo
a capire che cosa significa cambiare completamente il giudizio fra ciò
che è ritenuto “necessario”, “importante” e quindi cambiare completamente
il contenuto delle proprie affermazioni e scelte. A che cosa sei veramente
“affezionato”, che cosa ritieni “veramente necessario”? Sei affezionato
e lo ritieni importante a causa dell’incontro che hai avuto con Cristo?
Ed a questo punto, Gesù ci offre un criterio per verificare se veramente
è accaduto in noi questo profondo cambiamento, se abbiamo perduto
la nostra vita per causa sua. Ascoltiamo: “chi non prende la sua croce
e non mi segue, non è degno di me”. Perdere al vita per causa sua
significa “prendere la croce”. Significa sopportare pazientemente le prove
quotidiane della vita? Anche questo, ma non è di questo che prima
di tutto si parla.
Che cosa è stata la Croce, anzi il Crocefisso? È
stato colui che ha donato la sua vita, ha fatto di se stesso un dono offerto.
“Prendete e mangiate...: prendete e bevete...” Si è spezzato e si
è dato! Ha perduto se stesso. E che cosa è accaduto? Ciò
che accade al grano di frumento quando viene seminato: esso si lascia come
distruggere dalla terra e nasce la spiga. Ora, forse, tutto ci risulta
meno oscuro. C’è un solo modo di non “perdere la propria vita” cioè
di non vivere invano. E’ di “prendere la Croce e seguire Cristo”, cioè
quello di donarla. L’uomo realizza se stesso nel dono di se stesso: diventa
se stesso rinunciando ad essere se stesso.
[Carissimi fratelli che vi candidate oggi al diaconato permanente, a
che cosa vi candidate? A questo: a fare della vostra persona un dono, assumendo
nella Chiesa un servizio di carità].
Fratelli e sorelle, voi capite che questa pagina del vangelo si
oppone diametralmente all’idea-forza dell’individualismo contemporaneo:
il diritto alla felicità ovvero la felicità come qualcosa
che devo avere ad ogni costo. L’affermazione di questo diritto porta inevitabilmente
a pensare che per non perdere la propria vita, bisogna tenerla ben stretta
contro anche gli altri. La pagina del Vangelo ci conduce così al
fondo delle nostre scelte, costringendoci a porci la domanda dalla cui
risposta dipende tutto il nostro modo si essere liberi: c’è più
gioia nel donare o nel ricevere? che cosa significa amare?
2. “Fratelli, per mezzo del battesimo...siamo stati sepolti con Lui
nella morte”.
Sarebbe un grave errore intendere tutto quanto ho detto come
fosse in primo luogo un discorso morale, un “dovete-non dovete”. In realtà,
come ci ricordano le parole di S. Paolo, in forza del nostro battesimo
ci è già stato donato di prendere la croce, assimilati alla
sua morte. Che cosa ci è chiesto: di lasciare che questa assimilazione
ci configuri sempre più a Cristo, alla sua capacità di amare.
Che cosa accade allora nella vita? “Chi avrà dato...”
Accade che anche il gesto più semplice sia grandissimo: come la
morte di Cristo sulla Croce, come l’opera del profeta.
[Carissimi fratelli che vi candidate al diaconato permanente: custodite
la memoria di questa pagine del vangelo, conservatela nel vostro cuore.
E’ la vostra carta di identità].
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