IV DOMENICA PER ANNUM
Giubileo educatori
30 gennaio 2000
1. "Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi". L’evangelista Marco inizia il suo racconto evangelico descrivendo una "giornata tipo" di Gesù. Le giornate di Gesù erano dunque occupate in primo luogo dall’insegnamento. Ma il suo era un insegnamento che suscitava nell’ascoltare "stupore": "erano stupiti del suo insegnamento". Che cos’era che suscitava questa reazione. Due caratteristiche: la "novità" del contenuto e l’"autorità" con cui viene dato l’insegnamento. Dicono gli ascoltatori: "che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità".
Vorrei attirare la vostra attenzione, in primo luogo, sul significato di "autorità". Gli scribi esperti ed interpreti delle prescrizioni religiose, guide riconosciute dal popolo, erano legittimati nel loro ruolo di maestri dalla dimostrata fedeltà del loro insegnamento alla legge scritta o ai grandi maestri del passato. Il loro insegnamento non derivava alcuna autorità dalla loro persona, ma esclusivamente dalla legge scritta o dalla tradizione. Non così Gesù. Egli desume la legittimità del suo insegnamento esclusivamente dalla sua persona. Più precisamente: dalla consapevolezza che Egli ha di essere l’Inviato definitivo del Padre. E questo fatto non poteva suscitare profondo stupore: l’uomo che lo ascoltava non era confrontato con una legge, ma con una persona. Non era chiamato a consentire o dissentire da una legge e tradizione, ma ad entrare o non in un rapporto di fiducia con una persona: a dar credito ad una persona.
Ed a questo punto siamo in grado di capire l’altro fatto che suscitava stupore: la "novità" di ciò che Gesù insegna. Marco nel suo Vangelo è molto parco nel riferire le parole di Gesù. Ma dal confronto cogli altri evangelisti siamo condotti a pensare che la novità consistesse precisamente nel fatto che la Verità (cioè la divina rivelazione che salva l’uomo) coincideva colla sua persona stessa: "Io sono la Verità".
E quale è l’effetto di questa "dottrina nuova insegnata con autorità"? e’ la liberazione dell’uomo; è la reintegrazione dell’uomo nella sua piena dignità e libertà. L’insegnamento infatti viene accompagnano dalla liberazione di un uomo dalla possessione diabolica.
2. Stiamo celebrando il Giubileo degli educatori. La pagina evangelica è profondamente attinente. Uno dei nomi con cui la fede cristiana ha chiamato Gesù Cristo, è stato "pedagogo". La parola non designa più lo schiavo che nell’antichità pagana era solito accompagnare il giovane padrone a scuola. Designa Colui che accompagna l’uomo fino alla pienezza della sua umanità. Dunque, la pagina del Vangelo di oggi, che mostra Cristo proprio nella sua attività di "pedagogo", dona ad ogni educatore molta materia di riflessione. Soprattutto da due punti di vista.
L’autorevolezza con cui Cristo insegna dimostra che non è possibile alcuna relazione educativa nella quale la persona dell’educatore non sia pienamente coinvolta. Sta proprio in questo la differenza essenziale fra "educare" ed "istruire". L’istruzione è mera trasmissione di notizie; l’educazione è comunione di vita. Nella prima chiunque può istruire, compresa anche una macchina; nella seconda non chiunque può educare, ma solo chi sa rischiare una totale condivisione col destino della persona che deve essere educata. Cristo non istruisce: educa. Ecco perché di Lui si dice che "insegnava loro con autorità". Parlare di neutralità, di educazione neutrale quindi ha lo stesso senso che parlare di un circolo quadrato.
E qui troviamo il secondo fondamentale orientamento che viene agli educatori dal Vangelo di oggi. Che cosa significa "coinvolgimento della persona nell’atto educativo"? significa che l’educatore intende introdurre l’educando nella realtà attraverso quell’interpretazione della medesima, che sta anche alla base della sua vita. In sostanza, l’educatore mostra se stesso e la sua stessa vita come "argomento" che legittima la sua proposta educativa. E’ per questo che educare è la cosa che costringe maggiormente l’educatore a non mentire con se stesso.
Ma sulla base di che cosa l’educatore ha il diritto di legittimare la sua proposta sulla base della propria vita? Sia richiamandosi al "Maestro interiore": alla corrispondenza cioè fra le esigenze vere del cuore umano e la proposta educativa fatta. Sia, per il credente, richiamandosi alla persona e alla vita di Cristo stesso. "Non chiamate nessuno "maestro": uno solo lo è, Cristo, e voi siete tutti fratelli", ha detto Gesù.
"Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!" Il Maestro che è Cristo libera l’uomo: ogni educazione vera è educazione alla libertà, cioè alla capacità di sottometterci solo alla verità conosciuta.
Sia ai nostri bambini, ragazzi e giovani possibile sentire stupore di fronte alla nostra proposta educativa, sentendosi liberati cioè resi capaci di amare.
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