OMELIA BEATO GIOVANNI TAVELLI
Ferrara, 24 luglio 1998
1. “Così dice il Signore: ecco, io stesso cercherò le
mie pecore e ne avrò cura”. La promessa profetica rivela che una
delle caratteristiche fondamentali della Nuova Alleanza è un coinvolgimento
diretto e personale del Signore nel destino del suo popolo. E’ un coinvolgimento
che comporta un’attenzione costante a, ed una cura completa di ciascuno:
“io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò
riposare…”.
La profezia trova il suo inaspettato compimento, quando lo stesso
Figlio di Dio “della stirpe di Abramo si prende cura” (Eb 2,18), rendendosi
“in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso
e fedele” (ib.). “Il più grande fra voi deve essere vostro
servo”, egli dice nel S. Vangelo. Egli era veramente il più grande
fra noi, ma nessuno si è fatto maggiormente nostro servo di lui,
avendo donato la sua stessa vita sulla Croce. Cristo ha compiuto il suo
servizio morendo per l’uomo.
Questo fatto ha superato infinitamente la profezia, ed ha introdotto
nella comunità cristiana un modo di convivere e di esercitare la
stessa autorità, pur necessaria, in totale contrasto colle modalità
mondane. La parola evangelica non è semplicemente la condanna di
ogni puerile vanità che spinge l’uomo a mettersi in mostra esibendo
vari titoli. Essa rifiuta, come inammissibile nella Chiesa, qualsiasi pretesa
di superiorità che metta in discussione sia la fondamentale uguaglianza
di tutti i credenti sia ciò che la fonda, il riconoscimento cioè
di fede dell’unica paternità di Dio e dell’unico magistero di Cristo.
Nella Chiesa le ginocchia si piegano solo davanti a Dio e la parola decisiva
è unicamente quella di Cristo. Come, in e per mezzo di Cristo, l’autorità
nella Chiesa è un servizio: “il più grande fra voi sarà
vostro servo”.
2. La nostra Chiesa celebra oggi il suo più grande pastore, il
b. Giovanni Tavelli. In lui profezia e Vangelo hanno trovato un’attuazione
esemplare.
Egli ha veramente passato in rassegna il suo gregge: lo dimostrano
le visite pastorali condotta con cura meticolosa, durante le quali ascoltava
le persone, predicava la parola di Dio e provvedeva ad ogni necessità
delle persone e dei luoghi.
Egli ha veramente, letteralmente, curata la pecora ammalata:
la sua maggiore opera di carità è stata la fondazione dell’arcispedale
«S. Anna». Nei documenti di fondazione suscita profonda commozione
l’insistenza che nel nuovo arcispedale i poveri potessero trovare tutto
ciò di cui avevano bisogno: “in suis pro tempore infirmitatibus
opportuna caritatis suffragia, recreationes, provisiones, et auxilia suscipoere
debeant” (i poveri devono, nella loro temporanea accoglienza come malati,
ricevere cure caritatevoli, momenti di sollievo, ed ogni sostegno).
Egli si è veramente fatto servo di tutti: la sua umile
povertà impressionò e sconcertò già i suoi
contemporanei. Dopo molti anni di esemplare esercizio episcopale, egli
scriveva alle manche di Santa Bonda:
“Et guai a me cane muto posto alla guardia del gregge, che non posso
abbaiare. Io non sono quello servo fedele, lo quale pose el Signore sopra
la famiglia sua, a dare loro in tempo conveniente misura di formento di
doctrina salutevole”.
La memoria del nostro santo vescovo e pastore, accompagni sempre
il mio umile ministero pastorale, perché in esso ognuno di voi senta
sempre la presenza della sola misericordia del Padre. Sia di aiuto a voi
fedeli, perché sappiate essere testimoni del Vangelo “con santità
e sincerità che vengono da Dio, non con la sapienza della carne,
ma con la grazia di Dio”.
“Ecco, è vivo; ecco, come il buon pastore fa sorveglianza in
mezzo al suo gregge, e non è mai separato nello spirito colui che
nel corpo per un certo tempo ci ha preceduti” (S.Pietro Crisologo, Sermone
128,3).
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