INCONTRO ECUMENICO
S. Francesca Romana, Ferrara, 22 gennaio 1999
1. “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama”.
L’accoglienza dei comandamenti del Signore, l’osservanza della sua parola
esprime l’attitudine fondamentale del discepolo, quell’attitudine che ne
plasma e configura interamente la persona: la consegna radicale di se stesso
al Signore, perché Egli possa dispone completamente. E quindi il
testo evangelico connette inscindibilmente «accoglienza dei comandamenti»,
«osservanza della sua parola» ed amore: “questi mi ama”. Essenza
dell’amore è infatti rinuncia a disporre di sé perché
amare è dono di sé. E’ “il sì illimitato della creatura
spirituale che si dichiara pronta ad andare fin dove Dio vuole, ad essere
usata e consumata quanto Dio ritiene necessario, a lasciar libero col suo
inchinarsi tanto spazio quanto Dio vuole esigere” (H.U. von Balthasar,
Chi è il cristiano?, ed. Queriniana, Brescia 1966, pag. 65). E la
preghiera insegnataci dal Signore, nella sua prima parte, null’altro ci
fa chiedere se non che la realtà di Dio prenda potere in noi vincendo
ogni nostra resistenza; che la sua signoria venga e non il nostro potere;
che, in una parola, la sua parola si compia nella nostra terra.
E’ questa la forma vera dell’ecclesialità, l’ecclesialità
nella sua forma pura quale ha preso corpo perfettamente solo nella figlia
di Sion, Maria. La forma entro la quale ogni cristiano, ogni comunità
cristiana è chiamata ad entrare: senza porre condizioni.
2. “Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel
mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto
ciò che vi ho detto”. La “forma cristiana”, sopra brevemente schizzata,
è generata nell’uomo «naturale» non dallo sforzo morale
di questi. E’ generata in lui dallo Spirito Santo: solo chi è da
Lui generato entra nel Regno (cfr. Gv 3,5). Come Gesù è stato
mandato dal Padre e quindi non ha «parlato da se stesso» (cfr.
Gv 14,10.24), così lo Spirito Santo è mandato dal Padre e
quindi non porta nulla di suo proprio: Egli trasmette una dottrina che
ascolta da Gesù. In che modo? La modalità dell’azione dello
Spirito è descritta come «didascalia-insegnamento» e
come «richiamo alla memoria». Non si tratta di due attività
separate: l’insegnamento dello Spirito Santo consisterà nel ravvivare
nei discepoli il ricordo delle parole di Gesù. Non nel senso semplicemente
di fissare il tenore insidiato perennemente da una memoria vacillante,
ma nel senso di farne cogliere sempre più l’intimo significato.
“Il ruolo interpretativo dello Spirito, interamente relativo al messaggio
del Figlio, fa della comunità il luogo in cui la sua Rivelazione
è sempre di nuovo ricevuta ed attualizzata in modo creativo nell’esistenza
dei credenti. E’ come dire che la parola di Gesù resterà
viva nel corso dei secoli” (X.L. Dufour, Lettura dell’Evangelo secondo
Giovanni, III, ed. S. Paolo, Milano 1995, pag. 170).
Ma il fatto che l’attività dello Spirito sia messa in
rapporto alla memoria, è denso di significati. E’ la memoria che
custodisce l’identità della persona nel trascorrere del tempo: la
perdita della memoria comporta la perdita della (coscienza della) propria
identità. Lo Spirito Santo è la memoria della Chiesa. Già
all’antico Patto, il richiamo a non perdere la memoria fatto al popolo
è continuo: tutto il Deuteronomio è una teologia della memoria
(cfr. ibid. pag. 168). Perdendo la memoria, il popolo dell’antica Alleanza
ha perduto se stesso.
La Chiesa è conservata nella sua identità
vivente nel corso dei secoli dalla «memoria» causata in essa
dallo Spirito Santo: l’olio dell’unzione che rimane in noi, così
che non abbiamo bisogno di avere altri maestri all’infuori di Gesù
Cristo (cfr. 1Gv 2,27). L’amore è effuso nei nostri cuori dallo
Spirito Santo; colui che ama non dispone più di sé, ma si
pone a disposizione del Signore: dei suoi comandamenti, delle sue parole.
“E noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Lo «spazio
vuoto» creato dall’obbedienza del discepolo viene riempito
e trasfigurato dalla divina Presenza. E’ il credente che grazie alla sua
unità col Figlio, diventa la dimora del Padre: viene immerso nella
comunione della Vita divina. E’ la Chiesa la dimora di Dio fra gli uomini,
per il dono dello Spirito Santo.
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