XXXIII DOMENICA PER ANNUM (B)
Giubileo Agricoltori
19 novembre 2000
Carissimi fratelli e sorelle,
lavoratori della terra,
il vostro giubileo ha fra tutte le celebrazioni giubilari un particolare significato, per almeno due ragioni.
Presso il popolo ebraico, dal quale anche noi cristiani abbiamo ereditato la tradizione giubilare, il Giubileo aveva un rapporto del tutto singolare colla terra. Esso infatti intendeva affermare tre libertà fondamentali: la libertà della terra che doveva essere lasciata riposare; la libertà dalle cose, in quanto le case e i campi dovevano ritornare agli antichi proprietari, al fine di assicurare un’equa distribuzione del territorio; la libertà delle persone in quanto i servi dovevano essere liberati. E’ per questo che l’anno del Giubileo era un anno santo.
Ma c’è una seconda ragione che rende la vostra celebrazione giubilare particolarmente significativa. Essa consiste nel legame del tutto speciale che lega il vostro lavoro all’azione più importante che la Chiesa possa compiere: la celebrazione dell’Eucarestia. La "materia" infatti del santo sacrificio è costituita dai due prodotti più tipici e più preziosi della nostra terra: il pane e il vino. Tutta la comunità cristiana deve esservi particolarmente grata, poiché senza di voi non potrebbe avere il cibo che la nutre: il pane eucaristico.
Le due ragioni suddette convergono pienamente nel grande tema che avete voluto al centro del vostro Giubileo: "terra di Dio-terra dell’uomo". Esso infatti esprime la verità intera del vostro lavoro ed esprime i criteri fondamentali che devono sempre orientare il vostro impegno.
1. La terra, in primo luogo, vive di una duplice appartenenza: quella divina, la terra è di Dio, e quella umana, la terra è dell’uomo. La prima appartenenza indica che la terra è un dono che viene fatto all’uomo: affidato all’uomo. Un dono da non sprecare, ma da valorizzare con ordine, verità e giustizia. Si evidenzia così la verità intima del vostro lavoro e la sua dignità. Voi siete i cooperatori di Dio, avendo Egli affidato in primo luogo a voi, lavoratori della terra, la missione di custodire la sua creazione e di farla fruttificare. Questa cooperazione con Dio si esprime nella "coltivazione" della terra: coltivare si oppone sia ad abbandonare sia a sfruttare. La terra, dono di Dio, non deve essere né abbandonata né devastata: deve essere coltivata.
La seconda appartenenza, quella all’uomo ["terra dell’uomo"] sottolinea un aspetto della verità e della dignità del vostro lavoro oggi particolarmente importante. L’appartenenza della terra all’uomo esprime in primo luogo una verità centrale della vostra fede: è l’uomo il centro del creato ed ogni cosa è al suo servizio. Contro un ritornante paganesimo, nel quale si oscura sempre più l’affermazione della singolarità della creatura umana nell’universo di tutte le creature; contro una stolta esaltazione della natura, secondo la quale la singola persone umana non deve essere considerata nulla più che un frammento di un tutto impersonale, voi oggi, affermando che la terra è dell’uomo, affermate per ciò stesso la dignità superiore dell’uomo.
Ma l’appartenenza della terra all’uomo dice che essa ho di ogni uomo e per i bisogni di ogni uomo. Certamente il diritto di proprietà privata è un valore tutelato non solo dalle leggi umane, ma anche dalla legge divina. Tuttavia non dobbiamo mai dimenticare che "Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno" [Giovanni Paolo , Lett. Enc. Centesimus Annus 31].
Ed infine l’appartenenza della terra all’uomo fonda un diritto fondamentale della vostra persona: quello di trarre dal vostro lavoro quotidiano il necessario per vivere con dignità voi e le vostre famiglie. Se leggi umane o provvedimenti amministrativi sia nazionali sia dell’Unione Europea penalizzano il vostro lavoro nel senso che non ne deriva più un onesto guadagno e quel benessere cui chi lavora ha diritto, ci troviamo di fronte a vere e proprie ingiustizie. Alle quali voi avete il diritto di opporvi.
2. Ma la duplice appartenenza della terra a Dio e all’uomo vi offre anche i criteri morali fondamentali che devono orientare il vostro quotidiano lavoro.
Poiché l’uomo non è il proprietario esclusivo della terra, egli deve rispettarne la natura. Il degrado delle risorse naturali, il rischio di inferire una ferita inguaribile alla natura sono ormai dati indiscutibili. Sono il risultato di una visione errata del rapporto uomo-natura, la visione secondo la quale il dominio dell’uomo deve ritenersi illimitato. La duplice appartenenza indica che esistono invece limiti invalicabili. "Il primo limite è l’uomo stesso. Egli non deve fare uso della natura contro il proprio bene, il bene dei suoi vicini esseri umani e il bene delle future generazioni. Il secondo limite sono gli esseri creati o, piuttosto, la volontà di Dio come espressa nella loro natura. L’uomo non è libero di fare colle creature che lo circondano ciò che egli desidera e come desidera" [Giovanni Paolo II, Alla Pontifica Accademia delle Scienze 19-05-90].
Il secondo criterio fondamentale è che ogni politica agraria deve mettere al primo posto la vostra persona ed il bene umano delle vostre famiglie. Non si possono giustificare per nessuna ragione scelte politiche che tolgono al vostro lavoro quella dignità propria del lavoro umano, considerandolo solo come un elemento di programmazione economica.
Carissimi fratelli e sorelle,
abbiate sempre un grande senso della vostra dignità e della dignità del vostro lavoro. "La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio" (Sal 67,7).
|