ASCENSIONE
19 maggio 1996
1. “Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo ... possa ... illuminare
gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi
ha chiamati”. L’augurio dell’apostolo ci fa prendere coscienza della domanda
più drammatica che sorge dalla nostra esperienza quotidiana: che
cosa abbiamo il diritto di sperare? Quale è il nostro destino ultimo?
La risposta a questa domanda è data dal mistero di Cristo che
oggi celebriamo. Ecco come il mistero è descritto nella prima lettura:
“fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro
sguardo”. Il Corpo di Gesù fu glorificato fin dal momento della
Risurrezione. Ma dopo di essa, per quaranta giorni apparve ai discepoli
parlando del Regno di Dio, mangiando e bevendo umilmente con essi. La gloria
della risurrezione resta ancora non del tutto svelata. L’ultima sua apparizione,
quella precisamente di cui parla la prima lettura, termina con l’ingresso
ormai irreversibile della sua umanità nella gloria di Dio, simbolizzata
sempre nella Scrittura dalla nube e dal cielo. L’ascensione al cielo di
Gesù, anche se deve essere rappresentata come un movimento fisico
dalla terra al cielo, deve essere pensata, perché tale è
, come la definitiva e piena partecipazione dell’umanità di Cristo
alla Gloria divina. Nel mistero che oggi celebriamo si compie e raggiunge
la sua perfezione la vicenda umana del Figlio di Dio, così descritta
da un autore ispirato del N.T.: “Egli, dopo aver compiuto la purificazione
dei peccati, si è assiso alla destra della maestà nell’alto
dei cieli” (Eb 1, 3).
Parlando di questo stesso evento, la seconda lettura ci rivela
il significato che esso ha per noi. Nel fatto che Gesù entra definitivamente
nella Gloria di Dio, noi possiamo capire a quale speranza siamo chiamati,
e quale tesoro di gloria racchiude quella eredità a cui abbiano
diritto. Ciò che è accaduto in Cristo infatti, è accaduto
“a nostro favore”: in Lui è già avvenutoa cui ciascuno di
noi è stato destinato. La sua partecipazione alla vita divina rappresenta
il nostro destino finale. Ascoltate quanto scrive al riguardo un padre
della Chiesa: “Se si trova in questo stato colui che si fece per noi antesignano
di vita, è assolutamente necessario che anche noi, calcando le sue
orme, ci riteniamo vivi della sua stessa vita, superiore alla vita naturale
della persona umana” (S. Cirillo di Alessandria). A chi ti chiede: che
cosa ha il diritto di sperare l’uomo? Tu oggi, contemplando il mistero
dell’ascensione di Gesù, devi rispondere: ha il diritto di sperare
la partecipazione alla stessa vita divina. L’uomo è destinato ad
essere partecipe della stessa gloria divina.
2. Voi vedete, allora, che la celebrazione del mistero di oggi cambia
completamente la coscienza che la persona umana ha di se stessa. Infatti,
la coscienza che uno ha di se stesso dipende interamente dal fatto a seconda
che tu pensi che la morte pone fine a tutto te stesso oppure che tu sei
destinato alla vita eterna stessa di Dio. Se infatti i tuoi orizzonti,
la tua speranza si chiudono dentro all’orizzonte di questa vita, inevitabilmente,
o prima o poi, cadrai in una esistenza dominata dalla legge dell’utile
e del piacere: hai perduto te stesso. Infatti, chi è che sciupa
veramente la propria vita? Colui che la lascia passare, ingannato dalle
gioie o dalle preoccupazioni di questa vita, in modo che non diventa mai
consapevole di essere un io chiamato all’eternità. La luce che emana
dal mistero oggi celebrato colpisce nel centro la tua persona: ti rende
consapevole che il tuo destino ultimo non è la morte. Che sei un
io eterno.
Il vero scontro che oggi avviene nell’uomo è se crede o non
crede che ha il diritto di sperare una vita ben diversa da questa. Decurtare
la nostra speranza è una delle nostre malattie mortali. Vivendo
in una cultura dalla speranza così decurtata, l’uomo è sempre
tentato a rinunciare alla sua più grande dignità: di essere
solo ostaggio del tempo perché cittadino della eternità.
E’ nota a tutti l’accusa che viene mossa a questa visione dell’uomo
che si nutre del mistero che oggi celebriamo: avendo orientato la speranza
dell’uomo alla vita eterna, il vangelo ha distolto l’uomo dal suo impegno
terreno. In realtà, se leggiamo attentamente e meditiamo la Parola
di Dio oggi annunciata, ci rendiamo conto che vale il contrario. Infatti,
la missione del cristiano è fondata sul mistero oggi celebrato:
“mi sarete testimoni...”; “andate ed ammaestrate...”. Infatti nella seconda
lettura ci è rivelato che l’Ascensione al cielo di Cristo segna
la sua piena sovranità: “lo fece sedere alla sua destra...”. La
sovranità di Cristo è la potenza che libera l’uomo da ogni
schiavitù ed ogni cristiano è chiamato a realizzarla in ogni
ambito.
All’inizio di questa liturgia, abbiamo pregato il Padre perché
ci conceda di esultare oggi di santa gioia. Quale è il motivo di
questa esultanza? Nel Figlio asceso al cielo, è innalzata alla vita
divina la nostra persona. Non rinunciano alla nostra dignità; non
cessi mai nel nostro cuore lo stupore di fronte alla misericordia del Padre
che ha introdotto noi, con Cristo e in Cristo, nella sua stessa vita.
|