OMELIA PER L'OTTAVA DI PASQUA
19 aprile 1998
La celebrazione della Pasqua dura, ad iniziare da domenica scorsa, per
sette settimane e si concluderà nel cinquantesimo giorno, il giorno
della Pentecoste. Durante questi cinquanta giorni, soprattutto attraverso
la celebrazione festiva dell’Eucarestia, il Padre nostro che è nei
cieli, vuole attirarci al suo Figlio unigenito. Perché possiamo
incontrarlo e credendo in Lui risorto dai morti, avere la vita eterna.
1. La pagina del Vangelo descrive questo incontro dell’uomo col Risorto
e le condizioni perché esso possa accadere nella nostra vita.
L’incontro dell’uomo col Risorto viene descritto così: “venne
Gesù, si fermò in mezzo a loro… mostrò loro le mani
ed il costato … alitò su di loro”, e queste sono le azioni compiute
da Gesù. Le sue parole: “pace a voi … ricevete lo Spirito Santo”.
Le parole spiegano i gesti.
E’ un avvenimento di presenza (si fermò in mezzo a loro): è
la sua Persona a venire, a fermarsi in mezzo ai discepoli. Non è
solo un ricordo di una presenza sperimentata nel passato; non è
solo la memorizzazione del suo insegnamento: un raccontarsi ciò
che Egli aveva detto e fatto. Egli era morto, ma ora vive per sempre ed
è presente in mezzo a noi. Come si mostra e di-mostra? come si dà
a vedere nella sua identità? “mostrò loro le mani ed il costato”:
i segni della sua crocifissione. Egli si mostra come Colui che è
morto e che custodisce intatti, anche nella sua vita eterna, i segni della
sua passione. Sia perché nessuno dubiti che il Risorto è
lo stesso Crocefisso, sia perché si riconosca che la sua morte lo
ha per così dire come eternamente “fissato” nel suo amore, nel suo
dono per l’uomo: per sempre. “Egli resta per sempre, poiché Egli
ha offerto se stesso una volta per sempre”. Egli non ha più mutato
il suo “essere-totalmente-per noi”. Ecco, fratelli e sorelle: questa presenza
noi dobbiamo sentire viva in questi cinquanta giorni.
Una presenza che trasforma la vita di chi incontra il Risorto. Perché?
Perché Egli compie sui discepoli un gesto che a noi oggi può
sembrare strano, “alitò su di loro”, ma che si comprende benissimo
se teniamo presente la tradizione biblica e le parole che accompagnano
questo gesto.
La tradizione biblica. La S. Scrittura descrive la creazione dell’uomo
in questo modo: “il Signore Iddio plasmò l’uomo con polvere del
suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne
un essere vivente” (Gen 2,7). Attraverso questa descrizione così
semplice, viene descritto l’intero paradosso dell’esistere umano: costituzionalmente
fragile (plasmato, fatto di polvere), ma dotato di un alito di vita che
viene da Dio. L’uomo si scopre, esistenzialmente, misero se visto nella
sua origine e grande se visto nel suo rapporto diretto con Dio. Rompendo
col peccato questo rapporto, egli si trova nelle mani solo la sua miseria:
“Allora il Signore disse: il mio spirito non resterà sempre nell'uomo”(Gen
6,3a).
Se tenendo conto di questa tradizione biblica, ritorniamo ora alla
pagina evangelica, essa risulta chiara. All’uomo destinato a morire, il
Risorto, “colui che ha potere sopra la morte e sopra gli inferi”, viene
ridonato lo Spirito fonte di vita: che dà la vita. L’uomo è
ri-generato nella sua originaria grandezza nell’incontro col Signore Risorto.
Sono i cinquanta giorni della nostra rigenerazione, della nostra nobilitazione.
La conferma di questa Presenza e dell’incontro accaduto è
descritto semplicemente così: “e i discepoli goderono al vedere
il Signore”. L’incontro genera gioia. Perché? Perché la presenza
del Risorto non si impone, ma “si comunica attraverso la dinamica più
consona e rispettosa della conoscenza umana: Egli, infatti, si rivela come
una presenza che corrisponde in modo eccezionale ai desideri più
naturali del cuore e della ragione umana” (L. Giussani). Quando l’uomo
vive questa corrispondenza, è nella gioia.
In conclusione, fratelli e sorelle: ricevendo in questi cinquanta giorni
lo Spirito, saremo resi capaci di vivere la Presenza di Cristo in mezzo
a noi, e questa è la nostra gioia.
2. Ma la seconda parte del Vangelo ci descrive le condizioni e le difficoltà
che l’uomo, Tommaso, incontra per “percepire-vedere” questa Presenza. Fratelli
e sorelle, avremo modo di ritornare altre volte su questo. Per ora mi accontento
solo di due accenni.
Tommaso è stato rimproverato perché all’inizio si è
come chiuso e non ha dato credito alla testimonianza di coloro che dicevano
di aver visto il Signore vivo. Sarebbe stato meglio per lui dare credito
ai suoi amici, nell’attesa di fare lui stesso l’esperienza che loro avevano
fatto.
Il nostro cammino che ci conduce a vivere l’incontro col Signore risorto
inizia sempre dall’ascolto di chi ci testimonia l’avvenimento della Risurrezione,
non solo colle parole ma anche nei fatti: mostrandoci i fatti che sono
la vita della Chiesa, i miracoli della santità cristiana.
Ecco, fratelli e sorelle: viviamo questi cinquanta giorni nel desiderio
di comprendere “l’inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati,
dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha redenti”. “Venne
Gesù, si fermò in mezzo a loro … mostro loro le mani ed il
costato”.
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